Nel bene e nel male, la moda è diventata oggi uno fra i più importanti motori dello sviluppo urbano (se non proprio il più importante). Dal sistema commerciale-culturale di Prada fino alle realizzazioni del gruppo LVMH, dalla “periferia amabile” di Brunello Cucinelli e del borgo di Solomeo all’ArtLab di Gucci nella periferia di Firenze, negli ultimi decenni la moda ha dimostrato di essere in grado di sfruttare gli spazi delle città di ogni dimensione, di conoscere il linguaggio dell’architettura di tutte le epoche e di saper manipolare le dinamiche della vita urbana a ogni ora del giorno, notte compresa. La moda è (ed è sempre stata) un fenomeno urbano e la città il suo territorio naturale. Non c’è da stupirsi dunque che ancora oggi, quando il mondo fisico si confonde sempre di più con quello digitale, sia proprio il punto di vista urbano ad offrire spunti di riflessione apparentemente inesauribili.
Così, quanto nel 2019 l’Associazione italiana di Storia Urbana (AISU) ha organizzato a Bologna il suo IX Congresso intitolato La Città Globale, la condizione urbana come fenomeno pervasivo,1 il gruppo di ricerca internazionale Culture Fashion and Communication (CFC) ha proposto la sessione Moda e città fra dinamiche globali e ricadute locali.2 Coordinata da Simona Segre Reinach e Ines Tolic, la sessione mirava a esplorare da un punto di vista storico il rapporto fra moda e città, mettendo in luce le implicazioni locali di fenomeni globali, e viceversa. Catalizzando il lavoro di un discreto numero di studiosi, coprendo il periodo storico dall’Ottocento alla contemporaneità più strettamente intesa, la sessione era riuscita a mettere in luce il grande interesse verso la moda anche fra gli studiosi di storia urbana e a sottolineare, ancora una volta, la necessità di adottare un approccio multidisciplinare per far fronte alla complessità del fenomeno indagato.3 Con la sessione, inoltre, si confermava l’esistenza di un trend che, lungo almeno qualche decennio, aveva prodotto numerose pubblicazioni che problematizzavano, con punti di vista spesso inediti, il complesso rapporto fra città e questa industria culturale, creativa e, indubbiamente, sempre più pervasiva.4 Effettivamente, i luoghi della moda (i flagship stores, i fashion districts o le città cosiddette “capitali della moda”) e le attività legate ad essa (le “week” o le mostre) hanno dimostrato una crescente capacità di moltiplicare la complessità della vita contemporanea facendo del “sistema moda” un fenomeno mutante da analizzare, comprendere e, non da ultimo, governare.
Questi temi, indagati in sede di Congresso, portarono nei mesi successivi a cercare nuove occasioni per esplorare, in maniera collaborativa, le dinamiche generate dalla moda e le loro ripercussioni sull’ambiente costruito. Un’occasione per mettere a sistema alcune di queste riflessioni venne dalla call for projects della Research Interest Group Appearances, Bodies, and Societies (RIG ACORSO) — University of Lille.5 Con la call, uscita nel 2021, il RIG ACORSO metteva a disposizione un contributo economico per la realizzazione di progetti appartenenti a qualsiasi ambito disciplinare e specificatamente dedicati alla moda. Al progetto di ricerca presentato in quella occasione è stato dato il titolo “Fashion and Urban System between Endurance and Ephemerality (FUSEE).” FUSEE, termine che in orologeria indica il fuso che genera e definisce il passare del tempo, mirava a mettere in luce come alla contrazione del tempo, tipicamente associata alla moda, corrispondeva un’espansione dello spazio e che questo spazio, urbano e metaforico allo stesso tempo, era da intendersi come una straordinaria occasione di ricerca. Come se esso stesso fosse una città, dunque, FUSEE ambiva ad accogliere e mettere a sistema le traiettorie dei molti studiosi chi si occupano di moda, facendole convergere su Rimini.
La città romagnola, nota in tutto il mondo per la propria vocazione al turismo e all’ospitalità, è diventata nel corso degli ultimi due decenni anche un importante punto di riferimento per gli studi sulla moda. L’istituzione di due corsi di laurea dedicati a questo settore strategico per l’Italia e per il made in Italy ha portato, nel tempo, alla nascita del già menzionato centro di ricerca Culture Fashion and Communication come anche al moltiplicarsi di iniziative convegnistiche ed editoriali dalla risonanza sempre più internazionale.6 Con l’obiettivo di saldare ancora di più il rapporto di Rimini con la moda e con l’ambizione di attirare le ricerche più recenti, i curatori hanno organizzato nelle giornate del 24 e 25 novembre 2022 Fashion Now!. L’evento, supportato dal CFC e da ACORSO, si è arricchito del sostegno del Comune di Rimini, del Dipartimento delle Arti e del Campus di Rimini dell’Università di Bologna, cui si è aggiunto il prezioso contributo di UniRimini. La prima giornata, dedicata a un protagonista della moda contemporanea, ha visto lo stilista Antonio Marras conversare con Fabriano Fabbri nei gremiti spazi del Cinema Fulgor. Il secondo giorno, i ricercatori e le ricercatrici provenienti da diverse università italiane (Politecnico di Milano, Università di Roma — La Sapienza, Università di Camerino, Università Roma Tre, Università di Parma, Università di Bologna) e internazionali (University of Antwerp, Cyprus University of Technology, University of the Arts — London, Jagiellonian University, University of Paderborn) hanno presentato lavori che, oggi, confluiscono in questo numero speciale di ZoneModa Journal.
Da un punto di vista generale, i paper trattano quattro grandi questioni: il rapporto della moda con le pratiche del design e le culture del progetto; la moda come forma di espressione identitaria; il ruolo della moda in rapporto alla sostenibilità e alle trasformazioni sociali; e, infine, il ruolo delle nuove tecnologie nella definizione dei futuri possibili. Al primo di questi ambiti appartiene il saggio di Silvia Maria Sara Cammarata dal titolo “La moda come emblema italiano. Modelli e discorsi delle mostre di Germano Celant sull’Italia dal 1981 al 1994.” Il lavoro affronta l’espansione dell’industria italiana della moda e del design negli anni Ottanta indicando come questo processo fosse sostenuto da un sistema comunicativo incentrato sulla creatività italiana in senso ampio, di cui facevano parte l’arte contemporanea e le mostre nello “strabordante” decennio dell’effimero.7 Il contributo del design e delle tecnologie all’aggiornamento delle esperienze d’acquisto sono trattati nel saggio di Mariagiovanna Di Iorio, “Fashion retail experience transformations informing new design approaches and tools for managing technological integration and value creation through retail experience design,” mentre la parabola dei flagship store e il loro ruolo nel dibattito sugli spazi commerciali dedicati alla moda vengono approfonditi nel contributo di Francesca Fontana dal titolo “The Evolution of the Flagship Store. Re-defining the design of commercial spaces for fashion.”
La moda come forma di espressione identitaria viene affrontata nel saggio di Dorothea Burato, che con “Emilio Federico Schuberth: Inermediality Practices between Fashion, Cinema and Television” restituisce la complessa personalità di un protagonista della moda italiana. In “Negative Aesthetics, Grotesque Bodies and Disgusting Fashion in the 21st century” Danae Ionnou prova a svincolare la moda dai fin troppo stretti confini del “bello.” Nel paper “Countersurveillance aesthetic: the role of fashion in the reappropriation of identity,” Irene Calvi si pone ai confini dello speculative design chiedendosi se, nell’epoca dell’ipersorveglianza, il compito della moda non sia quello di nascondere la nostra identità, piuttosto che metterci nella condizione di esprimerla.
Il ruolo della moda in rapporto alla sostenibilità e alle trasformazioni sociali viene preso in considerazione da Joana Monteiro, nel saggio “Patternmaking as vehicle for social change — A Participatory Practice Research with Diverse Women’s communities in London.” Il lavoro, che prende spunto da alcune esperienze seguite in prima persona dall’autrice, analizza il patternmaking come pratica creativa in grado di contribuire efficacemente ai processi di innovazione e inclusione sociale. D’altra parte, nel contributo dal titolo “Fashioning Circular Fashion: A Transformative Challenge across the European Fashion System” Erminia D’Itria analizza il modello di economia circolare in rapporto al sistema moda, identificando azioni in grado di ridurre l’impatto ambientale.
Il quarto grande tema, ovvero il ruolo delle nuove tecnologie nella definizione dei possibili futuri della moda, viene trattato nel saggio “Leveraging Multistability and Ambiguity in Wearable Technology Design: A Postphenomenological and Design Perspective.” In questo lavoro, Chiara Di Lodovico si interroga sul modo in cui la rappresentazione dei dati acquisiti tramite le wearable technologies condizioni, esperienze e comportamenti degli utenti. Nel saggio “Uniformization in the Digital Age,” Anna Kamneva-Wortmann affronta l’uniformazione come processo positivo, in grado di unire le persone attraverso le somiglianze, scostandosi così dai trend postmoderni e dai processi di individualizzazione di massa. Infine, nel saggio di Angelica Vandi “Dealing with objects, dealing with data. The role of the archive in curating and disseminating fashion culture through digital technologies,” si affronta il dibattito sugli archivi di moda in rapporto alle innovazioni tecnologiche, sviluppando traiettorie innovative in grado di ridefinire espressioni culturali esistenti e anticipare così possibili futuri per la moda, e non solo.
In sintesi, si potrebbe osservare come i contributi, nel loro insieme, delineano una panoramica di quelli che sono i temi più attuali sul fronte della ricerca e la cui impellenza è sottolineata anche dal punto esclamativo alla fine del titolo: Fashion Now!. Nell’ottica dei curatori, infatti, quel punto esclamativo doveva sottolineare l’urgenza di certe questioni che, a causa delle accelerazioni impresse dalla recente pandemia, non sono più rimandabili. I saggi raccolti e i loro autori possono dunque essere per certi versi intesi come una mappa di un possibile domani che, per essere affrontato con gli strumenti adatti, necessita di nuove occasioni di confronto e altre opportunità di fare rete. Con questo obiettivo, il progetto FUSEE si è declinato anche in un network che, attraverso la pagina LinkedIn, mira a far crescere la comunità di quelli che si occupano di moda con una particolare attenzione nei confronti delle ricerche svolte dai ricercatori più giovani, come quelli che hanno preso parte alla giornata di studio riminese. Seguendo le convenzioni accademiche e le buone pratiche della ricerca, il progetto FUSEE, l’evento Fashion Now! e la pubblicazione che ne raccoglie gli esiti sono stati supportati da un Comitato Scientifico di caratura internazionale, formato da Marco Belfanti (Università degli Studi di Brescia), Gabriela Maria Micaela Germain (Universidad Argentina de la Empresa di Buenos Aires), Valeria Iannilli (Politecnico di Milano), Francesco Mazzarella (London College of Fashion) e Nadzeya Sabatini (Università della Svizzera italiana di Lugano). I nostri ringraziamenti vanno a loro, al CFC, a RIG ACORSO, al Comune di Rimini, al Dipartimento delle Arti e al Campus di Rimini dell’Università di Bologna e, naturalmente, agli autori che con la loro presenza hanno confermato la validità del nostro progetto.
Convinti che il futuro della moda sia, come per Fashion Now!, nella sua capacità di mettere in rete persone, risorse e città, vi auguriamo buona lettura.
Bibliografia
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Breward, Christopher e David Gilbert, a cura di. Fashion’s World Cities. Oxford: Berg, 2006.
Codeluppi, Vanni e Mauro Ferraresi, a cura di. La moda e la città. Roma: Carocci, 2007.
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Iannilli, Gioia Laura e Stefano Marino, a cura di. “Be Cool! Aesthetic Imperatives and Social Practices.” ZoneModa Journal, Vol. 10.1S (2020). https://zmj.unibo.it/issue/view/862.
Janssens, Alice, Mariangela Lavanga e Ben Wubs, a cura di. “Fashion Capitals.” Fashion Theory, Vol. 24.3 (2020). https://www.tandfonline.com/toc/rfft20/24/3?nav=tocList.
Lipovetsky, Gilles. L’impero dell’effimero: la moda nelle società moderne. Milano: Garzanti, 1989.
Mascio, Antonella, Roy Menarini, Simona Segre Reinach e Ines Tolic, a cura di. The Size Effect: A Journey into Design, Fashion and Media. Bologna: Mimesis International, 2019.
Pretelli, Marco, Rosa Tamborrino e Ines Tolic, a cura di. The Global City: The Urban Condition as a Pervasive Phenomenon. Torino: Aisu International, 2020.
RIG ACORSO, “Homepage.” 6 Luglio 2023. https://acorso.org/en/home/rig-acorso/.
Segre Reinach, Simona e Ines Tolic. “Fashion and the City in Their Global Dynamics and Local Repercussions”. In The Global City: The Urban Condition as a Pervasive Phenomenon, a cura di Marco Pretelli, Rosa Tamborrino e Ines Tolic, 838–911. Torino: Aisu International, 2020.
Vaccari, Alessandra. Moda, città e immaginari. Milano: Mimesis, 2016.
Marco Pretelli, Rosa Tamborrino e Ines Tolic (a c. di), The Global City: The Urban Condition as a Pervasive Phenomenon (Torino: Aisu International, 2020).↩︎
CFC, “Homepage,” 6 Luglio, 2023, https://centri.unibo.it/culturefashioncommunication/en.↩︎
Simona Segre Reinach e Ines Tolic (a c. di), Fashion and the City in Their Global Dynamics and Local Repercussions, in Pretelli, Tamborrino e Tolic, 838–911.↩︎
Vedi, fra gli altri, Christopher Breward e David Gilbert (a c. di), Fashion’s World Cities (Oxford: Berg, 2006); Vanni Codeluppi e Mauro Ferraresi (a c. di), La moda e la città (Roma: Carocci, 2007); Alessandra Vaccari, Moda, città e immaginari (Milano: Mimesis, 2016); Daniela Baroncini (a c. di), Moda, metropoli e modernità (Milano: Mimesis, 2018); Alice Janssens, Mariangela Lavanga e Ben Wubs (a c. di), Fashion Capitals, volume monografico di Fashion Theory, Vol. 24,3 (2020).↩︎
RIG ACORSO, “Homepage,” 6 Luglio, 2023, https://acorso.org/en/home/rig-acorso/.↩︎
Fra le iniziative convegnistiche, si segnalano S M L XL (2017), Be Cool! Aesthetic Imperatives and Social Practices (2019), Celebrity and Crisis, Celebrity in Crisis (2021) e Fashion 3D — Decolonizing, Deconstructuring, Decentering (2023). Fra le iniziative editoriali, si vedano la rivista ZoneModa Journal, nata nel 2012, la collana editoriale in italiano Culture, Moda e Società e la gemella, in inglese, Culture, Fashion and Society (Milano: Pearson Mondadori, 2015–2023).↩︎
Gilles Lipovetsky, L’impero dell’effimero: la moda nelle società moderne (Milano: Garzanti, 1989).↩︎