ZoneModa Journal. Vol.9 n.1 (2019)
ISSN 2611-0563

Cinzia Ruggeri. Vestire le emozioni

Elena FavaUniversità IUAV di Venezia (Italy)

She holds a PhD in History of Art at the University of Parma, where she also served as Adjunct Professor (A.A. 2006/07-A.A. 2017/18). She is now Research Fellow at IR.IDE, laboratory PRIDE.IT, at IUAV University of Venice. She has an ongoing collaboration with CSAC, University of Parma. Her research develops around the relationships between fashion and design cultures, with particular reference to the experience of the Radical group, about which she recently published the book Vestire contro. Il Dressing Design di Archizoom (Milano: Mondadori, 2018). She also explored the connections between visual arts and food culture, outlined in the text “Il cibo in mostra. Appunti per una riflessione sulle relazioni tra pratiche artistiche e cultura alimentare e gastronomica”, Ricerche di S/Confine, vol. VI, n. 1, 2015.

Pubblicato: 2019-07-30

Abstract

The paper offers an in-depth analysis on Cinzia Ruggeri’s design path, a theme not much studied nowadays, relying on unpublished archive documents, oral sources and critical review of the existing literature. The aim of the contribution is to depict the composite panorama of 1980s Italy as a lively laboratory, a sort of harbinger of the successful “Made in Italy” label. Art as an essential starting point for fashion design and experimentation on clothing, and as a stage of research extended to an environmental scale, declined in a sentimental way of living the space: these words describe the journey of Cinzia Ruggeri, the artist and designer that in the 1980s was crowned as the “archi-stilista” and “art-stilista” of the Milanese prêt-à-porter. Her creations manifested the will to experiment and the taste for technological research, such as the usage of liquid crystals on textiles, an innovation that makes the dress an outer mirror of the body, or of luminous LEDs between the frills of an evening dress that lit up with a gesture. Together with Alchimia and Occhiomagico, Ruggeri intertwined the different areas of design culture and transformed the covers of the magazine Domus into a manifesto of postmodern aesthetic. Besides dress, considered something that both clothes the body and adapts to the expression of emotions, Ruggeri’s researches extended to domestic and not-domestic environment.

Keywords: Cinzia Ruggeri; Alchimia; Occhiomagico; Made in Italy; Postmodern.

Premessa

Il percorso progettuale di Cinzia Ruggeri, ben noto tra gli addetti ai lavori, ha goduto di una fortuna critica limitata. L’artista-designer-stilista sovente citata nella letteratura di settore, soprattutto negli studi di moda, e molti dei suoi lavori, inclusi nelle rassegne allestite in tutto il mondo, di fatto non sono stati oggetto di studi approfonditi. Sorte questa che accomuna altre figure di primo ordine del fashion design, come Giorgio Correggiari definito insider critico della moda italiana.1

La mancanza di un vero e proprio archivio organizzato e la complessità del suo lavoro, difficilmente ascrivibile a una corrente o a un raggruppamento, uniti alla ritrosia della designer hanno probabilmente scoraggiato l’avvio di una ricerca articolata.

La call di questo numero di ZoneModa Journal offre l’occasione per un affondo sul decennio Ottanta, esaminato attraverso i documenti conservati in vari archivi (CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma; Archivio Bottoni, Politecnico di Milano; Archivio Ruggeri, Milano; Archivio Occhiomagico, Milano) e ricomposto grazie alla testimonianza di Cinzia Ruggeri, per sua stessa ammissione “più interessata al presente che al passato”. Preziose sono state la generosa chiacchierata con Alessandro Guerriero, fondatore dello Studio Alchimia, e le conversazioni telefoniche con Giancarlo Maiocchi alias Occhiomagico, dal nome del laboratorio di fotografia fondato nel 1971.

In questa occasione, data la ristrettezza dello spazio, si è scelto di privilegiare il contesto italiano rimandando un’analisi più estesa a futuri studi. Per ricostruire il panorama culturale in cui germinano e si diffondono le ricerche di Ruggeri è stato fondamentale lo spoglio delle riviste di moda (Amica, Donna, Linea Italiana, Vogue Italia), di architettura e design (Casa Vogue, Domus). Emblematica del diffuso interesse per il fashion system nel corso degli anni Ottanta, è la lettura originale che il mensile La Gola restituisce dell’oggetto moda insieme alle ricerche dell’“art-stilista”, appellativo con cui viene precisato l’eclettismo di Ruggeri già nel numero 3, apparso nel 1982-83.

I riferimenti teorici del presente contributo provengono dagli studi storico-artistici germinati e cresciuti insieme alle raccolte dello CSAC dell’Università di Parma, oggi oltre 12 milioni di pezzi, rappresentative dei diversi ambiti della comunicazione visiva, dalla moda all’arte, dall’architettura al design, dalla fotografia alla grafica. La ricerca nata nell’ambito dello CSAC supera l’idealismo crociano e si fonda su un metodo di lettura della fase progettuale dell’opera come quella che permette un’analisi delle ideologie e delle loro manifestazioni, privilegiando l’integrazione dei diversi settori disciplinari.2

Le riflessioni condotte con sistematicità dal gruppo di ricerca IUAV Moda dell’Università IUAV di Venezia sul Made in Italy, inteso come laboratorio progettuale dinamico, stimolano la ricomposizione del variegato panorama della moda italiana a diverse scale, dal corpo all’ambiente agli immaginari, e in relazione alla sua dimensione industriale.3

I due approcci offrono sguardi complementari per leggere il design di moda e il multiforme percorso creativo di Cinzia Ruggeri. La designer trasferisce nel progetto una visione del mondo, si confronta con i vincoli della produzione industriale, supera gli ambiti disciplinari e si nutre della carica sperimentale che accomuna il neodesign degli anni Ottanta, rifuggendo però a rassicuranti etichette.

Le uova di Buzzati e la moda di Bloom

Cinzia Ruggeri esordisce diciottenne con una personale di pittura allestita presso la Galleria del Prisma (16-31 dicembre 1960) in via Brera 11 a Milano.4 La presentazione è scritta da Dino Buzzati che le dedica un racconto stampato sul pieghevole della mostra, a corredo dell’immagine di un suo dipinto astratto:

Un giorno, rincasata verso l’imbrunire (l’ora ha probabilmente la sua importanza), trovò sparse sul pavimento, ai piedi del pianoforte, una quantità di note, in grande maggioranza biscrome: erano ben conformate, della grandezza circa di una noce.5

La vicenda si colora di immagini surreali. Queste note progressivamente assumono la forma di ovoidi. Invadono la casa e diventano ogni giorno più pesanti e compatti fino a diventare sassi che agglomerandosi creano forme composite e piacevoli. Ad un certo punto Cinzia si sente sopraffatta da quelle forme che pure popolano i suoi quadri. Così si avventa su di loro per liquefarle in filamenti che non hanno più niente di umano. In chiusura Buzzati torna a parlare della mostra e, lasciando ai critici di mestiere il compito di esprimersi sul linguaggio pittorico, conclude:

A me personalmente questi sfoghi pluviali di Cinzia mi sembrano niente male. E le consiglierei di darci dentro, senza dimenticare ben si intende, i suoi bravi e onesti sassi […] Quelli che la conoscono bene dicono che Cinzia è un poco pazza. Chissà che nuovi e imprevedibili amori sta già meditando. Insomma, chi vivrà, vedrà.6

La sensibilità immaginifica dello scrittore coglie la natura onirica dell’opera di Ruggeri che emergerà con forza negli anni successivi nella progettazione di abiti, oggetti e immagini pubblicitarie, negli allestimenti di mostre e di spettacoli teatrali.

Milanese di nascita, ma di origini mitteleuropee, Cinzia Ruggeri intraprende gli studi all’Accademia delle Arti Applicate a Milano, seguendo corsi di disegno, grafica e fotografia. Dopo un breve periodo di stage presso l’atelier Carven di Parigi, dove entra in contatto con l’alta moda, dalla metà degli anni Sessanta inizia a lavorare nell’azienda di famiglia. All’epoca la Unimac spa, con sede a Vimodrone (MI), produce abbigliamento femminile, dai cappotti ai tailleur distribuiti sotto il marchio Guido Ruggeri. È una delle maggiori case di confezione che paga con il fallimento la repentina virata dei consumi verso prodotti con un alto contenuto di novità che si registra nei finali anni Sessanta. A nulla vale l’accordo sottoscritto insieme ad altri colossi del settore, quali GFT, Hettemarks, Marzotto, Max Mara, che prevedeva un fronte comune attraverso la pianificazione delle cartelle dei colori, delle linee e delle tendenze. L’agilità produttiva, prerogativa delle piccole aziende, e la qualificazione stilistica del prodotto in serie, adottata da alcune imprese di grandi dimensioni, offriranno risposte più efficaci.7

Forte dell’esperienza sul campo maturata presso l’azienda, o forse soltanto desiderosa di camminare con le proprie gambe, nel 1972 Cinzia Ruggeri è amministratore unico della Bloom spa, una società di abbigliamento.8 Tra i soci compare Vittorio Solbiati, proveniente da una stirpe di tessitori. Alle spalle ha una rete commerciale di confezionisti e dal 1967 un accordo con lo stilista Stefano Ottina, nato in una famiglia milanese da generazioni operante nel ramo tessile e titolare di Punch, famosa per la confezione di camicie.9 L’esperienza della camiceria, unita alla situazione di crisi dei cotonieri, contribuisce a gettare le basi della fortuna del lino Solbiati che debutta proprio nei primi anni Settanta. Grazie ai generosi investimenti sui nuovi designer dell’abito, alfieri negli anni Ottanta del Made in Italy, l’azienda riuscirà a trasformarlo in materiale contemporaneo, utilizzato per quelle giacche destrutturate, svuotate e morbide, divenute in pochi anni simbolo di un’eleganza nuova e vissuta.

Negli stessi anni del debutto del lino Solbiati, è avviata una sinergia tra i marchi, e presumibilmente le società, Punch e Bloom. Le collezioni sfilano insieme sulle passerelle del prêt-à-porter milanese per qualche stagione almeno dal 197710 e fanno coppia anche nelle pagine pubblicitarie che attestano la fortuna delle creazioni oltreoceano.11 Inoltre, Stefano Ottina, autore dello stile del servizio pubblicato nel n. 309 di Vogue Italia del 1977, passerà la direzione artistica della Commissione Tutela Lino di Milano a Cinzia Ruggeri. A partire dal 1979 la vena creativa della designer è declinata nell’allestimento di feste spettacolari, come quella ambientata nel castello di Jerago, in provincia di Varese, per la regia di Davide Mosconi e la collaborazione di Valentino Parmiani. È ricordato come memorabile l’allestimento tutto in lino, impreziosito da oltre 30 opere di artisti, architetti e stilisti, ravvivato da un gigantesco uccello meccanico di paillettes pieno di mortaretti.12

Collabora come art director con Commissione Tutela Lino (1979) e con Centro Tutela Lino, organismo istituito nel 1980 per rafforzare l’immagine dei prodotti di qualità con un inteso programma di promozione e sviluppo lungo tutta la filiera. Per quest’ultimo Ruggeri interpreta non soltanto le sue creazioni ma anche quelle di altre case associate, tra cui Coveri, Ferré, Krizia, Moschino, Soprani, Sportmax, Valentino e Versace. Si avvale del segno fluido di Parmiani per ambientare le storie di abiti-fantasma tra le architetture della laguna di Venezia (1981), città molto cara a Ruggeri perché legata all’infanzia.13 Impiega fotografie firmate Ferenčzi, nome di freudiana memoria sotto cui si nasconde la designer stessa, abbinate a citazioni dalle firme del giornalismo italiano di moda che sentenziano sulle collezioni nate dalla manipolazione della fibra di lino (1982).14 Ricorre alle immagini raffinate concepite da Occhiomagico (1983, 1985) per restituire in sintesi il segno dei singoli stilisti.15

Il suo impegno per la promozione del lino come stilista di Bloom viene premiato in più occasioni con il Fil d’Or (1981, 1983, 1985), prestigioso riconoscimento internazionale assegnato ai creatori di moda europei che si sono distinti per ricerca e creatività nell’uso di questa fibra tessile naturale.16 Tra industrie tessili e fashion designer si instaura un rapporto virtuoso che pesa nel rilancio internazionale della moda italiana degli anni Ottanta.

Proprio il lino (Sasil di Solbiati) così come la seta sono i materiali prediletti per confezionare le camicie e le bluse firmate Bloom, oggetti che a partire dal 1973 ravvivano i servizi pubblicati in Vogue Italia, Linea Italiana e Amica, insieme agli altri capi delle collezioni: pantaloni di vigogna, gilet di cotone a righe materasso, micro gonne di ciré, giacconi di mohair peloso, tailleur in lino o in crêpe de chine trapuntato a motivi floreali, cappottoni in folto tessuto moquette picchiettato di colore, T-shirt di tulle, giacche a vento in tessuto metallizzato, intarsi complementari a trompe-l’oeil che raccontano la storia di un gatto azzurro sulla microgonna di seta panna che cerca di afferrare il pesciolino bianco sulla blusa di lino azzurro.

Per tutto il decennio Settanta, fino all’inizio del successivo, nelle doppie pagine pubblicitarie del periodico di Condé Nast va in scena la donna Bloom: raffinata e amante dei materiali preziosi, ma smitizzati nella loro espressione di ricchezza e reinterpretati in chiave fresca e ironica. Gli scatti di Guido Cegani catturano di volta in volta atmosfere eleganti ma austere. Talvolta per sdrammatizzare sono inseriti oggetti iconici, come Cactus (1972) prodotto da Gufram che richiama le ricerche del Radical design e sottolinea i decori della blusa in crêpe de chine abbinata agli short in lino ricamato.17 Si susseguono moderne personificazioni degli elementi o delle stagioni sedute in trono per officiare riti contemporanei, in una commistione tra naturale e artificiale.18 Un linguaggio che accoglie suggestioni metafisiche e accentua la dimensione ludica del vestire soprattutto quando alla regia è Ruggeri stessa, la quale dal 1978 è art director dei servizi pubblicitari delle sue creazioni. Emblematica è la campagna pubblicata nel n. 332 dell’ottobre 1978 in Vogue Italia. La fotografia è di Davide Mosconi e il set è il solito cubicolo vuoto connotato questa volta dalle sole sculture di Gianni Piacentino provenienti dalla collezione personale della designer, sempre pronta a disseminare nei suoi progetti tracce autobiografiche. Anche in questa occasione si consuma un rito, forse un crimine, poiché dalle braccia e dal capo delle modelle cola della vernice, come sangue. Un crimine imperfetto, perché l’abbottonatura storta del cappotto incrina la mise en scène e, come in un gioco dadaista, strizza l’occhio all’errore, ammesso tra i materiali artistici.

La visionarietà multidisciplinare di Davide Mosconi è in sintonia con la ricerca di Ruggeri.19 La tensione dei contrasti, tra messe a fuoco e sfocature, staticità e movimento, effetti ottici e surreali, è impiegata nelle pagine di Vogue Italia (1978–80) per raccontare il rapporto, sempre dialettico per Ruggeri, tra abito, corpo ed emozioni.

Cinzia Ruggeri

La produzione Bloom è venduta in tutto il mondo e nella boutique Cynthia Ruggeri aperta a Washington nel chiacchierato Watergate Hotel dal 1977, per pochi anni.20 È affiancata, ufficialmente nel 1981, dalla linea Cinzia Ruggeri che con la forza dell’ironia manifesta appieno la ricerca sperimentale della designer e denuncia chiaramente l’impollinazione tra cultura artistica, design e architettura. Si inserisce inoltre nel processo di rilettura delle avanguardie artistiche avviato già nella seconda metà degli anni Sessanta, che esplode nel decennio seguente e viene convogliato nel panorama composito del Postmoderno. Alchimia e Memphis, raggruppamenti simbolo del movimento, sviluppano l’immagine acida del Radical design attenuandone la carica ideologica in una sorta di esplosione visiva allegra, giocosa, positiva che lavora sul concetto di banale, inteso come estetica del quotidiano. Gli oggetti-giocattolo sono una risposta al paternalismo funzionalista e propongono un approccio fantasioso, sensitivo e antropologico al progetto, rimescolando linguaggi e processi delle avanguardie artistiche – per esempio la pratica surrealista del cadavre exquis è impiegata per la progettazione del Mobile infinito – e riabilitando il valore comunicativo della decorazione.21

Nei lavori di Ruggeri il recupero delle avanguardie è personale e le citazioni non sconfinano mai nel kitsch. Tutto ciò si rintraccia nei disegni conservati presso lo CSAC dell’Università di Parma che, per quanto esigui nel numero, offrono una campionatura precisa dei modelli culturali che ispirano la progettazione di abiti di natura comportamentale, concepiti cioè come dispositivo comunicativo.22 Si tratta di una selezione di figurini autografi datati tra il 1980 e il 1981, in parte riferiti alle collezioni di prêt-à-porter, in parte ai costumi teatrali ideati per la ballerina Valeria Magli. L’accentuato verticalismo e la ieraticità delle figure, ritratte sempre in posa frontale e con gesti bloccati, richiama certi autori delle Wiener Werkstätte.23 Anche la silhouette con spalle larghe strizzata in vita si allinea alle tendenze del momento, ma nella definizione dei dettagli rivendica la discendenza da Elsa Schiaparelli, l’artista couturier che negli anni Venti e Trenta trasferisce nella moda il Surrealismo.24 Di matrice accademica è la stesura dei colori a matita morbida con toni tenui che delineano con precisione ogni dettaglio dell’abito, del trucco, degli accessori e anche dell’ambiente, denunciando l’idea di un progetto globale di cui l’abito è una delle componenti. Con ogni probabilità si tratta di disegni non progettuali in senso stretto, ma eseguiti dopo la realizzazione dei capi e destinati alla stampa periodica. Colpisce l’omogeneità del linguaggio utilizzato, sebbene la destinazione differente dei modelli. Inoltre, elementi teatrali come i faretti di luce polarizzata diventano il set necessario per attivare le decorazioni cinetiche di ascendenza futurista applicate a un serioso tailleur della collezione P/E 1982. Allo stesso modo un fascio di luce può alterare il tessuto a cristalli liquidi, graduati a determinate temperature, così da produrre differenti colorazioni nella tuta (P/E 1982).

Figura 1: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per tailleur con decorazioni cinetiche, collezione P/E 1982), s.d., Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 1: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per tailleur con decorazioni cinetiche, collezione P/E 1982), s.d., Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 2: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per tuta con tessuto a cristalli liquidi, collezione P/E 1982), s.d., Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 2: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per tuta con tessuto a cristalli liquidi, collezione P/E 1982), s.d., Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma

Marina Nella Truant, in uno dei primi studi dedicati al disegno di moda, offre una lettura del lavoro di Cinzia Ruggeri scorgendovi in particolare una vicinanza con le sperimentazioni sul tessile condotte nel laboratorio del Bauhaus.25 Un discorso più approfondito meriterebbero i figurini con gli abiti di scena per Valeria Magli, così come la frequentazione della designer con gli ambienti del teatro di Porta Romana a Milano. Come attestano le iscrizioni sui disegni, i costumi sono realizzati tra il 1980 e il 1981 e si riferiscono a tre spettacoli: Indications de jeu e Banana morbide, con testi di Nanni Balestrini e musiche rispettivamente di Erik Satie e di John Cage, e Banana lumière con musiche di Walter Marchetti, luci di Piero Fogliati, coreografie di Valeria Magli per la regia di Lorenzo Vitalone. Ruggeri, per accompagnare i gesti dell’attrice-ballerina, progetta in un caso una calzamaglia tinta carne con un prato fiorito e sul busto una grande crepa di terriccio, nell’altro una tunica fatta di sei veli multicolore sovrapposti, concepita per essere assemblata davanti al pubblico.26

Figura 3: Cinzia Ruggeri, 24h Satie. Costume per Valeria Magli, novembre 1980, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 3: Cinzia Ruggeri, 24h Satie. Costume per Valeria Magli, novembre 1980, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 4: Cinzia Ruggeri, Banana morbide. Costume per Valeria Magli, marzo 1981, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 4: Cinzia Ruggeri, Banana morbide. Costume per Valeria Magli, marzo 1981, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma

Per Banana lumière realizza una guaina nera aderente dotata di decorazioni mobili o modificabili per effetto delle “luci fantastiche di Piero Fogliati”.27

Figura 5: Cinzia Ruggeri, Banana lumière. Costume per Valeria Magli, settembre 1981, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 5: Cinzia Ruggeri, Banana lumière. Costume per Valeria Magli, settembre 1981, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma

Il motivo scalare della tunica, le applicazioni vegetali, gli effetti cinetici e non ultimo il corno tra i capelli ritornano come simboli nelle collezioni destinate alle passerelle del prêt-à-porter, confermando una contiguità della ricerca nei diversi settori e la concezione dell’abito come “spettacolo (sempre intenzionale) di noi stessi”.28 Lontana da revival, esotismi e citazioni folk che invadono la moda di quegli anni, Ruggeri progetta abiti cinetici per luci polarizzate, abiti con led che si accendono con un gesto (collezione A/I 1982–83), abiti muretto con piante vere che possono essere sostituite a piacimento (collezione P/E 1983), abiti con orli asimmetrici e oggetti accuratamente nascosti o cuciti nelle fodere, con catenelle e parti mobili per scaricare nevrosi e manifestare emozioni.29

Figura 6: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per abito con led), settembre 1981, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 6: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per abito con led), settembre 1981, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma

Negli stessi anni lo studio fotografico Occhiomagico firma i servizi pubblicitari di Ruggeri sulle pagine di Linea Italiana, Vogue Italia e Donna.30 Le atmosfere stranianti e il tempo sospeso, ricercati attraverso fotomontaggio e distorsione, rimangono un tratto distintivo del racconto. Si accentua però la fissità dell’inquadratura, prediligendo la visione frontale delle modelle bloccate come manichini con le braccia leggermente aperte, gli occhi chiusi e il capo sollevato verso l’alto. La messa in scena sottolinea la struttura architettonica dei capi, ottenuta attraverso l’uso di tessuti rigidi e di cuciture come nel caso dell’abito Omaggio a Lévi-Strauss caratterizzato dal motivo a gradoni, e denuncia il carattere rituale delle proposte vestimentarie.31 I racconti si velano di ironia quando si decide di calare i capi di Cinzia Ruggeri nella realtà facendoli indossare alle clienti di tutto il mondo che, sedute in trono, diventano testimonial autorevoli di una maniera di vivere l’abito e la moda. Tra le altre, Annie NG di Hong Kong posa con completo e accessori coordinati sul motivo del cuore in un romantico total look, Anna Maria Venzi Timpano titolare di boutique a St. Tropez e a Roma interpreta un tailleur a gradoni, Nuccia Fattori del negozio Cose di Milano esibisce con orgoglio l’abito con decorazioni cinetiche, quasi a mettere l’accento sulla portabilità delle proposte di Ruggeri.32

L’ironia è un tratto distintivo della progettazione di Ruggeri. Frequenti per esempio sono i rimandi agli animali che sapientemente combinati trasformano anche i capi più classici. Il completo della collezione A/I 1981–82, composto da blusa di crêpe de chine grigio-azzurro, pantaloni di tessuto di lana marrone e giaccone di pelliccia sintetica bianca, traduce in nuovo motto l’applicazione di porcellini e catenella di perle.33 La borsa a forma di maiale si aggiunge a quella sagomata a cagnolino che rimanda a Scherzi, il fedele Scottish Terrier di Ruggeri; altre sono modellate come un guanto-ceffone, mentre le pochette a forma di Sardegna e Sicilia si possono portare con gli stivali Italia per una “parure patriottica”, esposta nel maggio del 1988 ai grandi magazzini Kaufhof di Colonia nell’ambito di una mostra dedicata al prodotto italiano.34 Nella stessa occasione viene presentato il progetto di un abito-letto che Isa Vercelloni, amica di Cinzia Ruggeri e attenta osservatrice del suo lavoro, pubblica in Casa Vogue nel maggio del 1988. La fotografia è di Paola Mattioli e ritrae la designer avvolta tra le lenzuola del suo abito. L’intento, spiega l’autrice, è quello di:

[…] portare fuori, di ‘istituzionalizzare’, dare dignità a quella sensazione che si ha prima di alzarsi, quella di trascinare con sé le coperte e le lenzuola, prolungare da svegli l’atmosfera e le sensazioni del sonno e del sogno. Il mio abito-letto è questo: non sapere se si sta sognando oppure no. Se si sta sognando di sognare o di essere svegli.35

L’abito-letto, a metà tra un’installazione per il corpo e una scultura da abitare, sembra suggellare il ritiro di Cinzia Ruggeri dalle passerelle con la promessa di prolungare il sogno nato con la sua moda nel campo del design. L’abito-letto riappare con qualche variante nella collezione A/I 2005–06 firmata da Victor & Rolf, senza che venga citata, per quanto è dato sapere, l’autrice del progetto primigenio.36

La Gola e la tavola

In chiusura sembra significativo accennare all’interesse pressoché costante di Cinzia Ruggeri per il cibo e i suoi rituali, interesse che, per ragioni diverse, la mette in relazione con una rivista come La Gola. Nasce nell’ottobre del 1982 a Milano, in quel crogiolo di esperienze e linguaggi che era la Cooperativa Intrapresa, e per oltre vent’anni rappresenta un punto di riferimento per rileggere il sapere gastronomico e alimentare come espressione di una cultura materiale popolare. Il sottotitolo chiarisce infatti che si tratta di un Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale.

Il periodico è progettato dal geniale grafico Gianni Sassi che rappresenta in questi anni una figura di riferimento della corrente italiana del movimento Fluxus. Sassi ha alle spalle un’esperienza importante sia nel campo editoriale (nel 1979 partecipa alla fondazione di Alfabeta) sia in quello musicale; inoltre, come organizzatore teatrale svolge attività di consulenza per numerose sale italiane.37

Il comitato di direzione del primo numero annovera intellettuali del calibro di Nanni Balestrini, Antonio Porta, Gianni Emilio Simonetti, tra gli altri. Il carattere interdisciplinare della rivista, che comprende teorie e ricette, progetti artistici e servizi sulla danza, favorisce il coinvolgimento di numerosi autori con competenze differenti che rendono La Gola un luogo di sperimentazione e di contaminazione dei linguaggi con un’apertura alle ricerche d’avanguardia.

In questo contesto anche la moda trova un suo spazio e viene analizzata con sistematicità in quanto espressione della cultura materiale della società e per lo stretto legame che intrattiene con il corpo. Le pagine della rivista ospitano contributi di taglio storico, ma anche cronache dedicate alle sfilate del prêt-à-porter, inclusi i banchetti commissionati dai diversi stilisti.38 Inoltre, sono affrontate questioni stringenti all’epoca e ancora di grande attualità: la necessità di dotare l’Italia di un museo della moda.39 Firma ricorrente degli articoli è Marinella Guatterini, critico di danza e balletto. Il contatto tra Cinzia Ruggeri e la redazione de La Gola sembra derivare proprio dal teatro, dalla sua collaborazione come costumista agli spettacoli di Valeria Magli, senza contare l’attività promozionale del cartellone milanese svolta dalla Cooperativa Intrapresa.

La designer si era già confrontata con il tema del cibo in altre occasioni e in modi differenti. Per Casa Vogue aveva allestito tavole-opera “dolcemente crudeli, surreali e spaesanti”40 con fiori e schieramenti di oggetti vari; le uova, già ricamate sulle camicie di Bloom, si accompagnavano a salsicce e scatole di aringhe sui grembiuli per soli uomini di lino ecrù, progetto con cui Castellini aveva deciso di lanciare la sua linea di confezioni.41

Guatterini dedica un’intera pagina del formato tabloid de La Gola a Cinzia Ruggeri, già nel n. 3 (1982–83), dimostrando di conoscere bene i lavori della designer, poiché descrive dettagliatamente anche il progetto, all’epoca solo abbozzato, di un abito da pranzo dotato di un grande pannello-tovaglia, poi incluso nella collezione P/E 1984.42 Riconosce nella ricerca dell’“art-stilista” un approccio progettuale più orientato alla realizzazione di oggetti in grado di sollecitare reazioni e comportamenti nell’utente, piuttosto che ricercare soluzioni funzionali.43

Guatterini in più occasioni spende parole di ammirazione per il progetto vestimentario di Ruggeri, la quale pensa all’abito come specchio del corpo per un continuo scambio tra l’individuo e il mondo che lo circonda. Una moda sensoriale ed emotiva che rivendica come necessaria la dimensione fisica dell’esperienza.

La rivista raccoglie anche le dichiarazioni polemiche rilasciate da Ruggeri in occasione del convegno Milano, Sistema Moda, organizzato nel 1985 dalla Camera del Lavoro Territoriale e dalla CGIL di Milano insieme al Sindacato Tessile (FILCAMS, FILTEA) per dare voce ai diversi attori della filiera:

La moda oggi è come un serpente diabolico che a velocità vertiginosa divora se stesso: più si divora, più cresce, più cresce più si rarefà, ingrossandosi di nuovo. È un mondo in cui impera la noia della ripetitività e del conformismo, la paura di sbagliare, l’impoverimento delle capacità creative, l’oblio del soggetto della rappresentazione. Un mondo che basa la sua esistenza su una velocità di cambiamento talmente rapida da dare origine al suo contrario: all’immobilismo che spoglia di senso, che impoverisce gli scenari invece di arricchirli.44

Lo sfogo non lascia dubbi sul giudizio negativo che Ruggeri ha maturato nei confronti di un sistema ormai improntato alla celebrazione della figura dello stilista e contrassegnato dall’inflazione dell’oggetto firmato. È significativo però che a registrarlo sia una rivista come La Gola.

Nel gennaio del 1987 esce l’ultimo articolo in cui viene citata la designer. È sempre firmato da Guatterini e descrive le ultime sfilate del prêt-à-porter per la stagione P/E.45 Ruggeri decide infatti di ritirarsi dalle passerelle negli stessi anni, intensificando le collaborazioni con aziende e marchi attivi nell’ambito del design e coltivando un’intensa attività espositiva che continua oggi.

Un primo bilancio

Gli anni Ottanta sono il decennio in cui inizia una revisione del percorso di Ruggeri, una lettura critica che abbandona i toni frivoli delle interviste o del sensazionalismo di certo giornalismo e coincide con una riflessione più generale sul progetto di moda e sullo statuto della moda stessa. Gli anni Ottanta sono l’epifania del sistema moda italiano nel mondo, gli anni del trionfo dello stilismo, gli anni in cui parlare di moda diventa di moda. La lettura del fenomeno proviene da diversi ambiti disciplinari per rintracciare di volta in volta relazioni con l’architettura, l’arte, il design industriale. Una forma di pudore che origina da questioni di ordine culturale e impedisce di cogliere la natura peculiare della moda, lo stretto legame con il corpo, il sesso e gli immaginari, non ultima la sua dichiarata componente commerciale.46 La cosiddetta “archi-moda” di Cinzia Ruggeri, nel rifuggire alla simmetria e alla coordinazione tradizionale e nel concepire l’abito come interfaccia del corpo sull’ambiente, secondo un’interpretazione restituita nelle pagine di Casa Vogue presenta affinità stringenti con le architetture postmoderne di Robert Venturi, Hans Hollein, Stefan Wewerka47 e soprattutto con le modalità progettuali del gruppo americano SITE, che la stessa Ruggeri riconosce di apprezzare.48

Figura 7: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per completo, collezione P/E 1981), aprile 1980, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 7: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per completo, collezione P/E 1981), aprile 1980, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 8: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per completo, collezione P/E 1981), aprile 1980, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma
Figura 8: Cinzia Ruggeri, S.t. (disegno per completo, collezione P/E 1981), aprile 1980, Matita e matite colorate su carta, 280 x 210 mm, CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma

Il poliedrico Alessandro Mendini nel 1982 affida la progettazione delle copertine di Domus, rivista di cui è direttore dal 1979, a Studio Alchimia e a Occhiomagico che per comporre scenari immaginifici, popolati di oggetti, architetture e figure, si avvalgono della collaborazione di artisti e progettisti. Ruggeri veste i personaggi in copertina con abiti dai nomi evocativi, come Evoluzione del profilo in gradoni per favorire escursioni attraverso geometrie invernali con segnalazioni luminose per UFC (Unidentified Flying Clothes).49 Nell’ottobre dello stesso anno Mendini dedica alla “stilista-artista” un articolo in cui assimila la sua “nuova moda” al neodesign, rintracciando analogie con l’operazione che attiene al Mobile infinito di Alchimia, per la carica ludica delle sue proposte e per l’intento di coinvolgere il fruitore in un atto lucido di impegno figurativo e comportamentale.50 Probabilmente proprio questa interpretazione ha contribuito a identificarla, erroneamente, come componente dello studio milanese.

In linea con la lettura postmoderna fornita da Mendini, Donatella Sartorio dalle pagine di Donna interpreta la moda di Ruggeri nelle sue connessioni con l’arte e il design, senza dimenticare la funzione dell’abito e la relazione con il corpo. Nato nel 1980, il mensile di Rizzoli si distingue nel panorama editoriale nazionale per il grande spazio dedicato alla riflessione sulla moda italiana e le culture progettuali, a testimonianza di un sistema produttivo consapevole della sua forza e del crescente peso internazionale. Ruggeri nell’articolo è definita un’iconoclasta, perché capace di smitizzare la moda con la stessa ironia con cui gli artisti d’avanguardia come Duchamp hanno dissacrato l’arte, e di proporre alla donna qualcosa di più di un semplice vestito: un oggetto carico di significati con cui potersi raccontare.51 L’obiettivo di Giovanni Gastel congela la modella in una posa frontale contro la scala-scultura Lassù di Mendini (1976), per mettere in luce la ripida e appuntita struttura a gradoni dell’abito in satin verde Omaggio a Lévi-Strauss (collezione A/I 1983–84), rafforzando così l’approccio progettuale e le contaminazioni con il design d’avanguardia. Una moda intellettuale dunque quella di Ruggeri che rivendica, secondo l’approccio proposto da Donna, il diritto a manifestare le emozioni.

Il già citato contributo di Truant analizza a partire dal disegno il processo progettuale di Ruggeri e dei fashion designer in generale, precisando le relazioni con le avanguardie storiche.52 Andrea Branzi annovera i suoi abiti tra le esperienze di Dressing Design, etichetta in cui racchiude le sperimentazioni alternative alla moda mainstream condotte dal gruppo Radical Archizoom e da Nanni Strada.53 Il pionieristico studio La Moda italiana che data 1987 concentra l’analisi, anche per ragioni di spazio, in due schede di abiti,54 mentre lo storico dell’arte Richard Martin ha avuto il merito di mettere in luce le stringenti connessioni con il Surrealismo.55

A partire dagli anni Ottanta sono numerose le mostre di moda e di design, discipline spesso proposte in una lettura intrecciata, che includono o menzionano i progetti di Cinzia Ruggeri.56 Ancora oggi però una lettura approfondita del suo lavoro non è stata avviata.

Questo contributo non pretende di essere esaustivo. Ha cercato semmai di ricostruire, almeno in parte, la complessità della figura di Cinzia Ruggeri che utilizza l’arte come punto di partenza per la progettazione di moda e le sperimentazioni sull’abito come tappa della ricerca estesa a scala ambientale, declinata in modi sentimentali di vivere lo spazio.

La familiarità con l’ambiente artistico (il padre collezionista e uno zio pittore) sembra plasmare il percorso professionale di Cinzia Ruggeri. La sensibilità per i materiali e la pratica dei linguaggi della comunicazione visiva sviluppate negli anni di formazione all’Accademia delle Arti Applicate, la conoscenza dei rituali dell’alta moda maturata nel periodo di stage parigino e il confronto con la produzione industriale nell’azienda paterna, contribuiscono a delineare una personale idea di progetto, in cui gli oggetti sono utilizzati come strumento per conoscere e comunicare con il mondo.

Fonti archivistiche

ACCIAM: Archivio Registro delle Ditte, CCIAA Milano Monza Brianza Lodi

ACR: Archivio Cinzia Ruggeri, Milano

AGM: Archivio Giancarlo Maiocchi-Occhiomagico, Milano

APB: Archivio Piero Bottoni, Politecnico di Milano

CSAC: Centro Studi e Archivio della Comunicazione, Università di Parma

Bibliografia

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Bianchino, Gloria e Arturo Carlo Quintavalle. A cura di. Il rosso e il nero. Figure e ideologie in Italia 1945–1980 nelle raccolte CSAC. Milano: Electa, 1999.

Borgherini, Malvina, Sara Marini, Angela Mengoni, Annalisa Sacchi e Alessandra Vaccari. A cura di. Laboratorio Italia. Canoni e contraddizioni del Made in Italy. Milano; Udine: Mimesis-Dpc/IUAV, 2018.

Branzi, Andrea. La casa calda. Esperienze del nuovo design italiano. Milano: Idea Books, 1984.

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Casa Vogue. “L’archi-moda di Cinzia Ruggeri”, no. 116 (marzo 1981): 174–85.

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Frisa, Maria Luisa e Stefano Tonchi. A cura di. Excess. Moda e Underground negli anni ’80. Catalogo della mostra, Firenze, Stazione Leopolda, 8 gennaio–8 febbraio 2004. Milano: Charta, 2004.

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Frisa, Maria Luisa. Lo sguardo italiano. Fotografie italiane di moda dal 1951 a oggi. Catalogo della mostra. Milano, Rotonda della Besana, 25 febbraio–20 marzo 2005. Milano: Charta, 2005.

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Guatterini, Marinella. “Cinzia Ruggeri per la tavola”. La Gola, no. 3 (dicembre 1982-gennaio 1983): 27.

I. V. “L’abito-letto di Cinzia Ruggeri”. Casa Vogue, no. 196 (maggio 1988): 227.

Martin, Richard. Fashion and Surrealism. London: Thames and Hudson, 1988.

Mendini, Alessandro. “La ‘nuova moda’ di Cinzia Ruggeri”. Vogue Italia, no. 392 (ottobre 1982): 280–1.

Soli, Pia. Il genio antipatico. Creatività e tecnologia della moda italiana 1951-1983. Catalogo della mostra, Roma, Salone dei Congressi del Parcheggio del Galoppatoio di Villa Borghese, aprile–maggio 1984. Milano: Mondadori, 1984.


  1. Alessandra Vaccari, “Gli stilisti nel tempo della moda in Italia: 1966, 1977”, in Laboratorio Italia. Canoni e contraddizioni del Made in Italy, a cura di Malvina Borgherini, Sara Marini, Angela Mengoni, Annalisa Sacchi e Alessandra Vaccari (Milano–Udine: Mimesis-Dpc/IUAV, 2018), 222–39.

  2. La storia dello CSAC e dei modelli culturali che alimentano gli studi sui media sono illustrati compiutamente in Gloria Bianchino e Arturo Carlo Quintavalle, a cura di, Il Rosso e il Nero. Figure e ideologie in Italia 1945-1980 nelle raccolte del CSAC, catalogo della mostra, Parma, 1999–2000 (Milano: Electa, 1999). Una ricostruzione degli studi di moda è fornita da Elena Fava e Manuela Soldi, “Moda media storia. La ricerca di moda allo CSAC dell’Università di Parma negli anni Ottanta”, Laboratorio Italia, 172–87.

  3. Per brevità si ricordano: Maria Luisa Frisa, Anna Mattirolo e Stefano Tonchi, a cura di, Bellissima. L’Italia dell’alta moda 1945-1968 (Roma: MAXXI; Milano: Electa, 2014); Maria Luisa Frisa, Gabriele Monti e Stefano Tonchi, a cura di, Italiana. L’Italia vista dalla moda 1971-2001 (Venezia: Marsilio, 2018). I libri accompagnano le esposizioni allestite rispettivamente a: Roma, MAXXI, 2 dicembre 2014–3 maggio 2015, Monza, Villa Reale, 24 settembre 2015–10 gennaio 2016, Los Angeles, NSU Art Museum Fort Lauderdale, 7 febbraio–5 giugno 2016; Milano, Palazzo Reale, 22 febbraio–6 maggio 2018.

  4. La mostra risulta prorogata fino al 31 gennaio 1961. Corriere d’Informazione (14–15 gennaio 1961): 4.

  5. APB: n. 1 pieghevole, Cinzia Ruggeri, Milano, Galleria del Prisma, 16–31 dicembre 1960.

  6. APB: n. 1 pieghevole, Cinzia Ruggeri.

  7. Elisabetta Pagani e Rosanna Pavoni, “La confezione negli anni Sessanta tra crisi e innovazione”, in La moda italiana. Dall’antimoda allo stilismo, a cura di Grazietta Butazzi e Alessandra Mottola Molfino, vol. 2 (Milano: Electa, 1987), 32–43; Ivan Paris, Oggetti cuciti. L’abbigliamento pronto in Italia dal primo dopoguerra agli anni Settanta (Milano: Franco Angeli, 2006), 355–8.

  8. ACCIAM: la società è costituita a Milano il 26 luglio 1972 con sede in via S. Galdino 6 (Registro delle Imprese, fascicolo 844272).

  9. Adriana Mulassano, I mass-moda. Fatti e personaggi dell’Italian Look (Firenze: Spinelli, 1979), 325–31.

  10. “Milano: calendario delle sfilate del prêt-à-porter”, Vogue Italia, no. 314 (settembre 1977): 641.

  11. Ad esempio in Vogue Italia: no. 257 (aprile 1973); no. 300 (ottobre 1976); no. 305 (marzo 1977); no. 348 (1 ottobre 1979).

  12. “Grande festa in onore del lino”, Vogue Italia, no. 344–5 (luglio–agosto 1979): 412; Natalia Gattermayer, “Emozioni da indossare”, Linea Italiana, no. 120 (1981): 94–5.

  13. In particolare si ricorda il servizio in Vogue Italia, no. 374 (aprile 1981).

  14. Un servizio è pubblicato in Vogue Italia, no. 387/I (aprile 1982). L’uso di questo nome è confermato da Cinzia Ruggeri a chi scrive nel corso di un’intervista effettuata per la redazione del presente contributo.

  15. In particolare si ricorda il servizio pubblicato in Amica, no. 15 (aprile 1985).

  16. Le informazioni sono ricavate dallo spoglio, condotto per il decennio Ottanta, dei seguenti periodici: Amica, Linea Italiana, Domus Moda, Vogue Italia.

  17. Vogue Italia, supplemento no. 293 (marzo 1976).

  18. Vogue Italia, no. 322 (marzo 1978).

  19. Davide Mosconi (Milano, 1941–2002), musicista, fotografo e videomaker, conosce le ricerche di design dell’abito collegate all’ambiente Radical. Sua è la regia del filmato Il Manto e la pelle ideato dalla fashion designer Nanni Strada per la XV Triennale di Milano del 1973 e premiato con il Compasso d’Oro nel 1979. Si veda anche Elena Fava, Vestire contro. Il Dressing Design di Archizoom (Milano: Mondadori, 2018), 124–38.

  20. Presso la boutique Cynthia Ruggeri a Washington si potevano trovare, oltre alle creazioni della designer, un campionario significativo di moda italiana, tra cui modelli di Punch, scarpe di Rossetti, abiti di Ken Scott, di Krizia e gioielli di Helietta Caracciolo. Lo racconta Cinzia Ruggeri a chi scrive, sottolineando con rammarico che il fatturato della sua azienda provenisse per l’80% circa dall’estero.

  21. Si rimanda al libro nato per accompagnare la mostra L’oggetto banale, Biennale di Venezia, Architettura, 1980: Barbara Radice, a cura di, Elogio del banale (Torino: Studio Forma; Milano: Alchymia, 1980). Inoltre, Il mobile infinito (Milano: Studio Alchimia, 1981). Una rilettura della stagione Postmoderna è fornita da Glenn Adamson and Jane Pavitt, a cura di, Postmodernism: Style and Subversion, 1970–1990, Catalogue, London, Victoria and Albert Museum, 24 September 2011–15 January 2012 (London: V&A Publishing, 2011).

  22. CSAC: Fondo Cinzia Ruggeri, no. 8 disegni. Si veda la scheda fondo, Catalogo del sistema museale, Università di Parma, ultimo accesso 23 maggio 2019, http://samha207.unipr.it/samirafe/loadcard.do?id_card=16909&force=1.

  23. Irene Danelli, “Cinzia Ruggeri”, in Il Rosso e il Nero, 224–5.

  24. Richard Martin include la designer milanese nella rassegna Fashion and Surrealism allestita a New York (Fashion Institute of Technology, 1987) e a Londra (Victoria and Albert Museum, 1988), confluita nel libro omonimo: Richard Martin, Fashion and Surrealism (London: Thames and Hudson, 1988).

  25. Marina Nella Truant, “Il disegno di moda”, in Vestire italiano. Quarant’anni di moda nelle immagini dei grandi fotografi, a cura di Eva Paola Amendola (Roma: Oberon, 1983), 186–91.

  26. Gattermayer, “Emozioni da indossare”.

  27. Anna Bandettini, “Ballare le parole”, Corriere d’Informazione (9 dicembre 1981): 15; Anna Bandettini, a cura di, Valeria Magli, catalogo della mostra, Bologna, Sala Borsa, 11–21 maggio 2003 (Milano: Charta, 2003), 83.

  28. La citazione di Ruggeri è tratta dal documento redatto in occasione del corso di fotografia Nuove tendenze italiane nella creazioni di immagini, tenutosi a Venezia, Palazzo Fortuny, 12–17 dicembre 1983 (AGM: no. 1 documento dattiloscritto). Tema degli incontri sono l’arte, la percezione, la realtà e la visione declinate nei diversi linguaggi artistici. Tra i partecipanti si ricordano il gruppo musicale Matia Bazar, lo Studio Alchimia, Occhiomagico e Cinzia Ruggeri che presenta il video Per un vestire organico per la regia di Metamorphosi (Marco Poma, Girolamo Modenato, Andrea Gianotti), girato a Milano nel nuovo show-room di Bloom in via Crocefisso il 2 dicembre 1983 (ACR: no. 1 filmato VHS). In un ambiente quasi asettico, una donna (Valeria Magli) fasciata in una calzamaglia azzurra dotata di ventose si muove tra gli oggetti; come un polipo vi si avvinghia per conoscerli, ma alla fine ne rimane quasi completamente sedotta. Il video è disponibile sul canale YouTube, ultimo accesso 23 maggio 2019, https://www.youtube.com/watch?v=MVn8gDMpw6U.

  29. L’abito muretto e altre creazioni di Cinzia Ruggeri vestono gli interpreti del film elettronico Mefisto Funk (1986), per la regia di Marco Poma, organizzazione e direzione tecnica di Girolamo Modenato, direzione di produzione di Andrea Gianotti, fotografia di Roberto Mezzabotta e Silvio Saffaro, musiche originali di Maurizio Marsico, elaborazione videografica digitale di Cristina Vannini Parenti.

  30. Maria Luisa Frisa, a cura di, Lo sguardo italiano. Fotografie italiane di moda dal 1951 a oggi, catalogo della mostra, Milano, Rotonda di via Besana, 25 febbraio–20 marzo 2005 (Milano: Charta; Firenze: Fondazione Pitti Immagine Discovery, 2005), 380–81.

  31. Antonella Ruggero dei Matia Bazar è ritratta con l’abito sulla copertina dell’album Aristocratica uscito nel 1984 (ACR: no. 1 LP). Al progetto collaborano: Cinzia Ruggeri (grafica e abito), Occhiomagico (fotografia), Studio Alchimia (ambiente architettonico), Video Lab (Graphic Computer), Fragola & Panna (impaginazione). Nel 2011 Omaggio a Lévi-Strauss è entrato a far parte della collezione del Victoria and Albert Museum di Londra. A testimonianza della vivacità delle collaborazioni, si segnala il videoclip originale di Aristocratica, realizzato su progetto di Occhiomagico, a cui si deve la direzione artistica, e Metamorphosi, responsabile della realizzazione, movimenti coreografici di Antonio Syxty, edizione Video Lab. Il video è disponibile sul canale YouTube, ultimo accesso 23 maggio 2019 https://www.youtube.com/watch?v=iUFyt0jjPnk.

  32. I servizi sono pubblicati in Linea Italiana, rispettivamente: no. 131 (1982), no. 138 (1982), no. 142 (1983). La portabilità dei modelli anche più eccentrici è sottolineata in più occasioni da Silvana Bernasconi, attenta osservatrice delle proposte di Ruggeri: “L’ispirazione è di moda”, Vogue Italia, no. 413 (luglio–agosto 1984): 440–3 e 51.

  33. Enrica Morini, “Cinzia Ruggeri”, in La moda italiana, 158.

  34. G.V.L., “La parure patriottica: un’idea di Cinzia Ruggeri”, Donna, no. 85 (giugno 1988): 45.

  35. I. V., “L’abito-letto di Cinzia Ruggeri”, Casa Vogue, no. 196 (maggio 1988): 227. La presentazione dell’abito-letto introduce il servizio “Chi è entrato nel mio letto?” (228–35) curato da Cinzia Ruggeri insieme ad Alessandra Zighetti con le fotografie di Occhiomagico. La designer allestisce otto favole per la notte assemblando elementi d’arredo e sue creazioni. Ruggeri svolge consulenze per la rivista già all’inizio degli anni Ottanta allestendo di volta in volta i diversi ambienti della casa, a partire dall’ingresso: “Prego, si accomodi”, Casa Vogue, no. 114 (Gennaio 1980): 112–7.

  36. “Postmodernist Plagiarist”, Irenebrination: Notes on Architecture, Art, Fashion Law & Technology, (13 dicembre 2011), ultimo accesso 19 marzo 2019, https://irenebrination.typepad.com/irenebrination_notes_on_a/2011/12/cinzia-ruggeri-viktor-rolf.html.

  37. Maurizio Marino, Gianni Sassi. Fuori di testa. L’uomo che inventò il marketing culturale (Roma: Castelvecchi, 2013).

  38. Lumi Rusnac, “Insetti di plastica e orecchini di cioccolato”, La Gola, nn. 45-6 (luglio–agosto 1986): 35.

  39. Maria Vittoria Carloni, “Sfilate tra polemiche. Mostre, musei, archivi”, La Gola, no. 40 (febbraio 1986): 39.

  40. “Ma di fiori saziami. A tavola con Cinzia Ruggeri”, Casa Vogue, no. 111 (ottobre 1980): 256–61. Si ricorda inoltre la partecipazione di Ruggeri, insieme a prestigiose firme della moda internazionale, alla mostra Pranzo alle Otto. L’esposizione, organizzata dall’Associazione di via Giulia a Roma, è allestita tra il maggio e il giugno 1987 nei negozi degli antiquari della celebre via romana dove 38 stilisti, invitati dalla giornalista di moda Pia Soli, progettano ciascuno una tavola con oggetti di proprietà personale o commissionati appositamente. Cfr. Pia Soli, Pranzo alle Otto. A tavola con i grandi della moda internazionale (Roma: EDI-GLOS, 1988), 50–3.

  41. “Trompe-l’oeil per l’uomo in cucina”, Casa Vogue, no. 115 (febbraio 1981): 137.

  42. Cinzia Ruggeri, coll. Spring/Summer 1984, Milano, prêt-à-porter woman, Youtube, ultimo accesso 19 marzo 2019, https://www.youtube.com/watch?time_continue=12&v=FDubKUKz1jU

  43. Marinella Guatterini, “Cinzia Ruggeri per la tavola”, La Gola, no. 3 (dicembre 1982–gennaio 1983): 27.

  44. Maria Vittoria Carloni e Marinella Guatterini, “Sistema moda. Per una messa a fuoco interdisciplinare dei più recenti sussulti del sistema”, La Gola, no. 28 (febbraio 1985): 33.

  45. Marinella Guatterini, “È tutta scena. Prêt-à-porter: la regia delle sfilate”, La Gola, N.S., no. 1 (gennaio 1987): 78–9.

  46. Il problema è affrontato, da prospettive diverse, da: Gloria Bianchino e Arturo Carlo Quintavalle, Moda, dalla fiaba al design (Novara: De Agostini, 1989); Frisa, Monti e Tonchi, a cura di, Italiana. Una ricognizione puntuale della e sulla moda negli anni Ottanta è offerta da Maria Luisa Frisa e Stefano Tonchi, a cura di, Excess. Moda e Underground negli anni ’80, catalogo della mostra, Firenze, Stazione Leopolda, 8 gennaio–8 febbraio 2004 (Milano: Charta, 2004).

  47. L’esordio dell’architetto tedesco come stilista è registrato prontamente nell’articolo: Franco Raggi, “Il designer ci prova”, Domus Moda, no. 1 (maggio 1981): 17-9.

  48. “L’archi-moda di Cinzia Ruggeri”, Casa Vogue, no. 116 (marzo 1981): 174–85.

  49. Domus, no. 628 (maggio 1982). La collaborazione di Ruggeri termina nel dicembre del 1982, mentre Occhiomagico e Alchimia firmeranno l’ultima copertina di Domus nel febbraio del 1984.

  50. Alessandro Mendini, “La ‘nuova moda’ di Cinzia Ruggeri”, Vogue Italia, no. 392 (ottobre 1982): 280–1.

  51. D. S., “Cinzia Ruggeri: tra moda e arte…o un vestito ‘patafisico’?”, Donna, no. 37 (ottobre 1983): 530–1.

  52. Truant, “Il disegno di moda”.

  53. Andrea Branzi, La casa calda. Esperienze del nuovo design italiano (Milano: Idea Books, 1984), 86–93. Inoltre, Fava, 71.

  54. Morini, “Cinzia Ruggeri”, 158–9.

  55. Martin, Fashion and Surrealism.

  56. Per brevità, si ricordano solo alcune delle esposizioni allestite nel decennio esaminato: Italian Re Evolution. Design in Italian Society in the Eighties, a cura di Piero Sartogo e Nathalie Grenon, La Jolla, California, La Jolla Museum of Contemporary Art, 1982; Le case della Triennale. Otto progetti di ambienti domestici contemporanei, a cura di Franco Raggi e Francesco Trabucco, XVII Triennale di Milano, Milano, Palazzo dell’Arte, ottobre–novembre 1983, Parigi, Grand Palais, novembre–dicembre 1983; La neomerce. Il design dell’invenzione e dell’estasi artificiale, Milano, Triennale di Milano, Palazzo dell’Arte, febbraio-marzo 1985; Il genio antipatico. Creatività e tecnologia della moda italiana 1951-1983, a cura di Pia Soli, Roma, Salone dei Congressi del Parcheggio del Galoppatoio di Villa Borghese, aprile–maggio 1984; New York, Galleries del Fashion Institute of Technology, novembre 1985–gennaio 1986; Le città del mondo e il futuro delle metropoli. Oltre la città, la metropoli, Milano, Esposizione internazionale della XVII Triennale di Milano, Palazzo dell’Arte, 21 settembre–18 dicembre 1988.