Elena Fava, ricercatrice dell’Università Iuav di Venezia, particolarmente attenta alle relazioni tra moda e culture del progetto, ha recentemente pubblicato, per i tipi della Bruno Mondadori, l’interessante volume dal titolo Vestire Contro. Il libro indaga il dibattito sull’abito nell’ambito dell’architettura radical soffermandosi in particolare sulle sperimentazioni degli Archizoom. Questo gruppo fiorentino, composto da Andrea Branzi, Gilberto Coretti, Paolo Deganello, Massimo Morozzi, Lucia Morozzi e Dario Bartolini. Nel panorama storiografico contemporaneo, gli Archizoom sono noti soprattutto per i loro progetti a scala architettonica e urbana mentre poco si sapeva delle loro ricerche sul cosiddetto “dressing design”. Si tratta, in buona sostanza, di un modo di vestire libero, asessuato e che, in netta controtendenza rispetto alle rigide convenzioni della moda tradizionale, trasforma l’abito in uno strumento di comunicazione nelle mani dell’utente. In quanto tale, il dressing design viene pubblicato anche su “L’uomo Vogue”, rivista che ne mette in evidenza il significato e l’ufficializzazione del nuovo termine.
In concomitanza al progetto per una nuova tipologia di abito, gli Archizoom si occupano anche di innovare l’abitare, sviluppando nuove ed innovative proposte per l’arredamento degli spazi domestici come ad esempio l’esperienza del Centro Design Montefibre. Ricerche e studi che vengono pubblicate a partire dal 1974 sulle pagine di “Casabella” per tutto il periodo ella direzione di Alessandro Mendini.
Nel caso della cultura radical italiana, sviluppatasi fra gli anni Sessanta e Settanta, l’atto del progettare va intesto come strumento di analisi critica della società contemporanea.
L’architettura e l’abito, intesi come habitat per il corpo, sono influenzati in questo periodo da una nuova progettualità, che si sviluppa in opposizione ai concetti di gusto e stile dettati stagionalmente dalla moda. Partendo da questa nuova prospettiva, gli Archizoom arrivano a prefigurare un nuovo approccio al design, che in parte prefigura l’estetica postmoderna come strategia per risolvere i problemi del legame simbolico fra l’uomo e gli oggetti. In quest’ottica, la moda funge da luogo di osservazione privilegiato dal quale analizzare la contrapposizione tra una cultura progettuale sviluppata su scala industriale ed un mercato dei consumi flessibile ed incontrollabile.
Il materiale documentario relativo al periodo radical, straordinaria stagione della cultura progettuale italiana, si trova in diversi centri in Italia e all’estero. Ad esempio, l’intero archivio fotografico degli Arechizoom è stato acquisito dal Centre Pompidou di Parigi, mentre una parte dei progetti è confluita nelle collezioni del Fonds régional d’art contemporain de la ragion Centre-Val de Loire a Orléans; altri materiali rappresentativi di quell’epoca e dei suoi protagonisti sono infine stati concessi in comodato al Museo del Novecento di Firenze. La ricerca pubblicata dell’autrice è stata condotta principalmente sui materiali conservati presso lo Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, ai quali si aggiungono diverse interviste ai protagonisti della vicenda.
Lo studio condotto da Elena Fava ha permesso di ricostruire l’intera attività del gruppo fiorentino; la consultazione dei documenti ha fatto si che emergessero le peculiarità di ciascuna sperimentazione sull’abito, i riferimenti culturali, il legame con la produzione del gruppo e con le trasformazioni che negli stessi anni investono il sistema della moda, è stato possibile inoltre individuare le modalità di collaborazione con le aziende di abbigliamento e di verificare gli esiti produttivi. L’esame ha evidenziato la sistematicità della ricerca sull’abito, intrecciata all’attività progettuale elaborata dal gruppo fiorentino a partire dagli anni Sessanta sino alla metà degli anni Settanta, ascrivibile certamente alla stagione Radical; inoltre viene messa in luce la ricettività dei componenti del gruppo rispetto alle trasformazioni che contemporaneamente interessavano la filiera del tessile-abbigliamento e preparavano il terreno per l’affermarsi del Made in Italy.
La moda costituisce un riferimento costante nell’arco di tutta la breve stagione degli architetti; gli studi sembrano offrire uno zoom e gli strumenti per tracciare gli sviluppi critici del Dressing Design.
Questa ricerca ha evidenziato il percorso progettuale e le caratteristiche delle differenti sperimentazioni sull’abito, emerge la complessa e contraddittoria natura del Dressing Design, nato come riflessione teorica contro la moda e le sue ossessioni e divenuto successivamente proposta progettuale che abbandona le provocazioni per andare alla ricerca di occasioni produttive e concrete.
La lettura di questo libro offre dunque la possibilità di contestualizzare la ricerca sull’abito di Archizoom sia in relazione alle trasformazioni della moda italiana, sia nell’ambito della stagione Radical, inoltre i focus sul dressing Design, oltre a rappresentare il primo censimento dei documenti di archivio conservati presso lo CSAC, costituiscono un punto di partenza con cui l’autrice si propone di approfondire in futuri studi, temi e suggestioni scaturiti proprio durante questa ricerca.