ZoneModa Journal. Vol.8 n.1 (2018)
ISSN 2611-0563

Le fondazioni culturali delle corporate del lusso. Collezioni d’arte aziendali, mecenatismo e sponsorizzazione

Sara MazzottaSapienza Università di Roma (Italy)

She is currently pursuing her PhD at Sapienza University of Rome. Her educational background is in arts and fashion studies, and her research interests regards the links between art and fashion in the twentieth and twenty-first centuries, contemporary art, art collections and management of arts and culture.

Pubblicato: 2018-07-24

Abstract

At the heart of the growing entrepreneurial partnership between luxury brands and the art business, we can see a structural closeness of two realities that today are more than ever in a winning conjunction for the spread of culture. The narrative is fairly silent regarding luxury companies involved in patronage, art collecting and sponsorship practices, especially towards contemporary art. Arts and cultural foundations have been founded by luxury companies during the last decades, motivated by the intention to place the brand in the competitive scenario of the art business. This work contributes to the literature on cultural heritage through the analysis of three case studies. It is argued how the contribution in arts and cultural heritage by luxury brands cannot be considered only as a reflection of strategic marketing actions but also as a benefit aimed to improve the cultural and local environment.

Keywords: Contemporary Art; Cultural Foundations; Patronage; Cultural Heritage; Luxury Brands.

Introduzione

Il crescente impegno per la promozione della propria cultura aziendale ha portato grandi gruppi del lusso ad estendere questo interesse verso la cultura in generale. Le imprese e i colossi multinazionali, rapidi ricettori di tendenze e soluzioni di investimento, rappresentano un richiamo alternativo per il mercato artistico e culturale, grazie alla capacità di realizzare piani di investimento idonei in grado di rispondere velocemente alle specifiche esigenze del settore.

L’incontro tra il settore del lusso e il patrimonio culturale si concretizza nell’intervento di aziende che, cavalcando l’onda di un fenomeno in espansione, affiancano lo Stato nella tutela e valorizzazione del patrimonio artistico nazionale, favorendo sinergie con la comunità e il territorio e promuovendo iniziative ad alto valore mediatico.

Questo studio vuole analizzare il legame che unisce la moda e la cultura mettendo a confronto le pratiche di mecenatismo e sponsorizzazione di tre grandi marchi, evidenziando altresì l’importanza assunta dalle rispettive fondazioni, nate come costola culturale dei relativi gruppi aziendali, nelle scelte che guidano la responsabilità sociale di impresa.

La riflessione che anticipa i singoli casi, si apre con delle brevi descrizioni relative alle pratiche di collezionismo artistico in ambiente aziendale, mecenatismo e sponsorizzazione. Nel paragrafo successivo si affronta il tema della responsabilità sociale di impresa e, in questo senso, il contribuito dei mecenati del lusso nei riguardi del patrimonio artistico e culturale non può essere considerato un semplice riflesso delle azioni di marketing, poiché entrano in gioco fattori legati alla consapevolezza e alla causa sociale volti a migliorare il territorio locale e l’ambiente in cui le aziende si trovano ad operare. Un rapido excursus sulle normative applicate in Francia e in Italia dal 1986 ad oggi, individua nelle politiche statali che favoriscono agevolazioni fiscali alle imprese un incentivo all’esercizio di tali attività.

L’analisi sui casi trattati è stata redatta utilizzando dati di fonti secondarie ottenuti da report annuali resi pubblici delle aziende, fonti stampa, articoli pubblicati su riviste specializzate e accademiche, libri, siti web dei gruppi e delle fondazioni e altre fonti in lingua inglese, francese e italiano.

Corporate art collections

Il fenomeno del collezionismo aziendale è una particolare forma di collezionismo artistico che nasce in ambiente economico e praticato da imprese attive in diversi settori. Favorite da agevolazioni fiscali e dal desiderio di aumentare la propria brand awareness, le aziende europee – sulla scia di quelle americane – intorno la metà degli anni ’80 del 1900 iniziano ad acquistare opere d’arte contemporanea e ad aprire fondazioni culturali.1

Rispetto alla collezione museale il profilo della collezione aziendale è, per definizione, meno universale, infatti “data la sua destinazione, essa sposa necessariamente quella realtà che è la vita dell’impresa, permettendo di introdurre un certo numero di valori assenti o poco presenti in genere su un terreno essenzialmente economico”.2 Queste collezioni sono spesso il frutto dell’impulso di un collezionista-imprenditore3 in grado di cogliere le istanze dettate dall’arte per pura passione o investimento.4 Un esempio importante nella storia del mecenatismo artistico e delle corporate art collections nel settore del lusso è quello della Maison Cartier, presieduta fino al 1988 da Alain-Dominique Perrain,5 che su suggerimento dell’artista César apre nel 1984 la “Fondation Cartier pour l’art contemporain”,6 concretizzando la forte volontà di dare una casa alla collezione7 di opere d’arte contemporanea dell’azienda promuovendole all’interno di quello che poi sarebbe diventato a tutti gli effetti un vero e proprio museo.8

La scelta di investire in arte contemporanea, condivisa anche dalle aziende e dalle fondazioni generatesi successivamente, spesso non è casuale, poiché l’arte contemporanea rappresenta per l’impresa un canale di comunicazione che rafforza l’espressione della brand identity sul mercato,9 permettendole di apparire innovativa e lungimirante e al passo con il presente. La fondazione diviene un prolungamento della collezione ed insieme affinano e rafforzano l’identità di impresa. In seguito, si approfondiranno le attività del gruppo Prada e LVMH, e vedremo come sotto la spinta dalle nuove frontiere che l’arte contemporanea invita a sperimentare siano riuscite a far emergere il loro ruolo nel business dell’arte a livello mondiale, costituendo fondazioni d’arte contemporanea rivelatesi un modello di grande successo. Tuttavia, proprio per la crescente popolarità che assumono questo tipo di istituzioni, è lecito chiedersi perché il collezionismo di opere d’arte interessi le imprese del lusso.

Nate con l’obiettivo di soddisfare principalmente necessità pubblicitarie, legate alla sfera della comunicazione e delle pubbliche relazioni,

[…] le corporate art collection hanno contribuito ad allargare l’interesse per l’arte contemporanea legittimando l’intreccio funzionale dei valori simbolici dell’arte con le più concrete e produttive strutture economiche e finanziarie. In questo senso l’arte svolge una funzione di prestigio non solo per i singoli imprenditori e finanzieri, ma anche per le aziende secondo precise strategie di immagine gestite con logiche manageriali.10

I settori del lusso e della moda si avvicinano al mercato dell’arte in generale, o l’arte contemporanea in particolare, in quanto generano valori dinamici quali la flessibilità, l’innovazione, l’esplorazione, l’evasione, di cui le aziende cercano di appropriarsi per comunicare la propria cultura di impresa. Gli intrecci tra il lusso e la moda con l’arte conservano origini antiche, e nel controverso rapporto tra economia e cultura si ridefiniscono nella scelta di acquistare e “sposare” i valori espressi nelle opere di determinati artisti e determinate correnti sulla base della pertinenza della loro rappresentazione simbolica con la storia e l’heritage dell’azienda.11

Mecenatismo e sponsorizzazione

L’apertura mostrata dallo Stato nel discutere e trovare soluzioni adeguate circa il supporto ai privati nel loro intervento in ambito culturale – approfondite nel paragrafo riferito alla legislazione – ha portato i grandi gruppi del lusso a concorrere pubblicamente e mediaticamente alla definizione del loro ruolo all’interno del mercato culturale. Al collezionismo di opere d’arte si sono affiancate altre forme di intervento che, ancora una volta, sono subentrate nella sfera aziendale rendendo evidente il vecchio legame che intercorre tra il mondo dell’economia e quello dell’arte, un legame screditato in passato ma oggi quanto mai necessario.12

Le spese effettuate per il restauro e la manutenzione di beni storico-artistici rientrano nelle attività di sponsorizzazione per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, a cui si aggiungono la stipula di partnership con i musei o la creazione di spazi culturali propri fortemente radicati nel territorio di appartenenza.13 Le sponsorizzazioni “utilizzano eventi organizzati da altri per generare immagine alle marche sponsor”,14 e quindi costituiscono uno strumento strategico molto utile all’azienda per accrescere la propria corporate image e dare al marchio l’opportunità di potersi connettere con un pubblico più vasto. Gli l’obblighi dello sponsor in questo tipo di intervento possono consistere “nel semplice pagamento di un corrispettivo all’ente culturale o, come spesso accade, nell’assunzione in proprio dell’opera da compiere”.15 A ciò si aggiungono gli obblighi della controparte, ovvero l’ente sponsorizzato, che consente allo sponsor di rendere noto il suo contributo in modi diversi, tra i più comuni vi è l’affissione del logo sulle pubblicità e la cartellonistica.

Interessante citare il caso del restauro della Fontana di Trevi a Roma da parte della maison Fendi, attraverso un programma di patrocinio nominato “Fendi for Fountains”,16 il cui accordo siglato tra Roma Capitale e il brand non prevedeva alcuna contropartita pubblicitaria: sui cartelloni o i teloni che coprivano i lavori, infatti, non dovevano essere presenti loghi o messaggi promozionali, ma solo le foto del monumento.17 La strategia pubblicitaria adottata dall’azienda per accrescere la propria brand image si è rivelata vincente su un altro fronte: quello della sfilata in occasione dei novant’anni della maison coincisi con l’inaugurazione della Fontana appena restaurata. In quanto simbolo della “Dolce Vita” romana, la Fontana di Trevi è l’icona della città eterna in cui si riflettono le radici storiche e culturali del brand.18 In questo senso, l’arte e la cultura attraggono i brand del lusso per la naturale contiguità ontologica che condivide con essi, che affonda le sue radici negli ideali umanisti di identità culturale e creatività del genio, ponendosi nei confronti dell’azienda come medium in grado di rinforzare ed elevare l’autorità simbolica del marchio.19

Insieme agli interventi frutto di strategie di marketing e pubblicità, si trovano altre attività collegate a una sfera più intima e privata, che in precedenza ho collegato alla sensibilità del collezionista-imprenditore capace, grazie al relativo capitale culturale acquisito con gli incontri e l’esperienza nel mondo dell’arte, di mostrare la padronanza di un codice che gli permette di decifrare un'opera d'arte affermando così il suo status artistico.20 Da ciò emerge una pratica molto diffusa oggi in ambiente aziendale, ovvero quella del mecenatismo detto “d’impresa”,21 per cui l’imprenditore (o per esteso la corporate) decide di finanziare un progetto culturale per propria passione personale, come un fruitore qualsiasi, con caratteristiche innovative e di rischio e senza aspettarsi un ritorno diretto. Questa nuova accezione di mecenatismo, dagli industriali nel XX secolo passando per le banche, è arrivata oggi agli imprenditori del lusso, producendo risultati vantaggiosi in termini di beni culturali, soprattutto quando questo integra o addirittura sostituisce l’apporto economico statale.

La storia del restauro della Fontana di Trevi da parte di Fendi, però, mette in luce le contraddizioni sull’interesse delle case di moda e del lusso verso la tutela dei beni artistici e culturali, che invita a chiedersi se questi atti di mecenatismo siano mossi da genuine motivazioni filantropiche oppure nascondano interessi in termini di ritorno di immagine.22

In conclusione, per riassumere i tre concetti accennati in questi due paragrafi, si può affermare che i grandi gruppi aziendali del lusso, grazie alle risorse economiche adeguate di cui dispongono, si fanno spazio nel mercato artistico e culturale agendo su tre diversi fronti: quello del collezionismo, (l’investimento di capitale a lungo termine), della sponsorizzazione, (l’investimento finalizzato al ritorno di immagine), e del mecenatismo (l’investimento in veste di benefattore devolvendo finanziamenti per progetti artistici e culturali).23

Corporate Social Responsability nel settore del lusso

La crisi finanziaria dell’ultimo decennio ha portato il consumatore ad un cambio di atteggiamento nell’acquisto di quei beni definiti luxury goods, scegliendo di destinare una parte maggiore del proprio reddito all’acquisto di pochi beni ma di qualità e con una prospettiva temporale di lunga durata.24 Ciò ha fatto sì che le aziende iniziassero a vagliare opportunità di crescita e affermazione al di fuori dell’ambiente produttivo e a stringere partnership strategiche con enti ed istituzioni, con l’idea che le azioni di beneficio nei confronti della comunità e del territorio in cui si opera generano valore umanitario per l’azienda.25

L’impegno assunto dall’impresa in ambito culturale, oltre alla crescita del capitale economico, porta alla creazione di capitale umano e intellettuale: le opere d’arte che irrompono nei corridoi e negli uffici dell’azienda, gli eventi e le mostre organizzate presso le relative fondazioni, elevano l’arte a strumento di relazione e confronto tra i soci, i dipendenti, lo staff, i clienti, la comunità e il territorio.26 L’arte e la cultura diventano quindi assets indispensabili in grado di generare valore e influenzare positivamente il contesto in cui operano le imprese e, in particolare, le fondazioni, che nascono non solo per dare lustro alla storia e all’immagine del brand, ma anche per sviluppare iniziative di interesse sociale e culturale.27 In questo senso, i piani di investimento precedentemente citati, si congiungono alle nuove istanze richieste dalla responsabilità sociale a cui le aziende, soprattutto quelle del lusso e della moda, sono sempre più subordinate.

Il concetto di “responsabilità sociale di impresa” (in inglese Corporate Social Responsability, da ora in poi CSR) indica una forma di autodisciplina integrata nel modello aziendale che funge da autoregolatore delle attività svolte nel rispetto attivo delle leggi, degli standard etici e delle norme nazionali o internazionali.28 Essa si applica in situazioni in cui le imprese si impegnano in azioni volte a favorire un bene sociale, al di là degli interessi economici e di ciò che è richiesto dalla legge.29

Avviare atti di mecenatismo, sponsorizzare un evento o aprire una fondazione che sostenga la cultura e le opere di giovani artisti, sono scelte di cui l’impresa si deve assumere la propria responsabilità non solo nei confronti dei dipendenti ma anche degli azionisti.30 Indicativa per l’analisi condotta in questo studio è la teoria di Robert Edward Freeman pubblicata nel 1984, che analizza il mecenatismo applicato a situazioni esterne i normali campi di azione dell’impresa, quale espressione della responsabilità sociale verso un’ampia gamma di stakeholder, ovvero “tutti quei soggetti senza il cui supporto l’impresa non è in grado di sopravvivere”.31 L’azienda deve saper riconoscere gli enti con i quali è chiamata a interfacciarsi rivolgendo i propri doveri coerentemente verso la società e verso una molteplicità di soggetti investitori.32

Produttori e consumatori hanno colto la centralità di questi aspetti e in un contesto altamente competitivo risulta evidente come iniziative etiche e socialmente responsabili siano entrate a far parte della cosiddetta “catena del valore”: la scelta di metodi di produzione a basso impatto ambientale, investimenti di tipo sostenibile, aiuti umanitari e charity, elargizioni a scopi di ripristino, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale si possono considerare attività utili per lo sviluppo di una corretta visione sociale d’impresa.33

È bene considerare che nel soddisfare i bisogni critici della comunità di cui fa parte, l’azienda ne trae beneficio in molteplici modi: nella coesione sociale, nella sicurezza, nella forza-lavoro istruita e in infrastrutture funzionanti.34 In questa prospettiva di “quality of business enviroment” si trova la chiave del vantaggio competitivo della corporate: fare donazioni o aprire una propria fondazione sono i modi attraverso i quali le aziende cercano nuove vie per ottenere vantaggi competitivi.35 Il settore del lusso è tra quelli che ha accolto positivamente le istanze poste dalla responsabilità sociale utilizzando l'arte e la cultura come strumenti per mettere il lusso all'avanguardia della contemporaneità, un'impresa notevole per i marchi che promuovono anche il loro passato.

Aspetti normativi in materia di fondazioni e attività collaterali agli scopi d’impresa

Nel corso degli anni Ottanta, evidenziando un grave ritardo rispetto ai paesi anglo-americani, l’Europa ha aperto le porte ai sussidi privati e le imprese hanno avuto il via libera nella partecipazione diretta ad attività ed eventi collaterali a quelle che normalmente le definiscono.

Per comprendere il fenomeno delle fondazioni nate come costola culturale delle maison del lusso, bisogna rifarsi a quel filone della letteratura scientifica che studia le relazioni tra gli individui e le relative implicazioni nel tessuto sociale, che confluisce nel cosiddetto evolutionary realism. Questo concetto deve alla teoria costruttivista36 la concezione che le opportunità di sviluppo economico nella società si creano attraverso le azioni di coloro che agiscono con l’intenzione di generare profitto, quindi gli imprenditori.

Seguendo questo principio, la creazione di una fondazione rappresenta per l’impresa un modo per estendere i suoi flussi di investimento in diversi settori, definiti sulla base di affinità etiche e identitarie. In questo modo,

[…] la fondazione svolge un ruolo catalizzatore, facendosi al tempo stesso portatrice di identità e di individualizzazione, permettendo all’impresa mecenate di assumersi pienamente questa responsabilità tramite un approccio coerente e globale, tanto con gli azionisti quanto con i clienti".37

Dal punto di vista giuridico, le fondazioni sono organizzazioni private38 senza scopo di lucro, volute dal fondatore mediante la devoluzione di beni vincolati al perseguimento di uno scopo di pubblica utilità.39 La dotazione economico patrimoniale di queste istituzioni viene alimentata in modo continuativo dalle aziende che le hanno generate, attraverso il prelievo di parte degli utili prima che vengano tassati.40

Gli interessi di una fondazione possono spaziare in diversi settori (la filantropia, l’ambiente, la sanità, l’istruzione, etc.). In questa sede, analizzando le fondazioni delle corporate del lusso che sposano cause riguardanti i beni artistici e culturali, si rileva come l’arte e la cultura, in quanto produttrici spontanee di valore, si pongono come acceleratori del processo che tende ad istituzionalizzare le attività dell’impresa nei campi del mecenatismo, del collezionismo e della sponsorizzazione. Queste attività, infatti, si collegano non solo all’immagine aziendale ma anche ai bilanci di quest’ultima, senza comunque gravare su di essa e non incidere sul regolare sviluppo produttivo.41

Questo studio analizza i casi sulla base del materiale disponibile reso pubblico dalle aziende prese in esame, in quanto non è stato consentito accedervi su diretta richiesta. Quel che finora sappiamo sul bilancio di una fondazione, è che il codice civile non contiene disposizioni precise in merito, ma si limita a stabilire che le associazioni devono convocare l’assemblea almeno una volta all’anno per l’approvazione del bilancio (art. 20). Le uniche norme esistenti che impongono obblighi contabili agli enti non lucrativi sono quelle fiscali.42

Il focus sulle fondazioni italiane e francesi, ha permesso di ricostruire il fenomeno sulla base delle normative dei rispettivi stati in materia di mecenatismo e altre attività collaterali, individuando nelle disposizioni attuate dallo stato francese43 un incentivo allo sviluppo del fenomeno anche in Italia dove, inizialmente, le imprese alla pratica delle erogazioni liberali44 hanno preferito l’attività di sponsorizzazione, a causa dei maggiori benefici fiscali consentiti (come la totale deducibilità del reddito)45 e la possibilità di promuovere, attraverso nuove forme di pubblicità detta “sociale”, la propria impresa, il proprio marchio e la propria immagine.

La legge n.2003-709 del 1° agosto 2003 “relative au mécénat, aux associations et aux fondations” e successive modificazioni46 – nota anche come Loi Aillagon47 – con la relativa introduzione di diverse figure di donatori (privati, imprese ed enti non commerciali), ha rappresentato un valido esempio in Italia per la riforma del sistema delle erogazioni liberali, in particolare, il regime previsto dall’articolo 1 del D.L. n.83/2014 che ha avviato l’Art Bonus.48 Esso introduce la distinzione della posizione dei privati cittadini da quella delle imprese che vogliono investire su una delle tre tipologie principali di intervento: manutenzione, protezione, restauro e tutela del patrimonio artistico italiano; sostegno ad istituti culturali, luoghi della cultura pubblici, fondazioni liriche, teatri; realizzazione, restauro e potenziamento di strutture di enti e istituzioni pubbliche dello spettacolo.

Dal 2014 ad oggi, sono numerose le imprese hanno aderito al programma ministeriale di incentivo culturale,49 e tra queste si trovano anche molti nomi legati al settore del lusso e della moda, nuovi protagonisti del mecenatismo culturale che caratterizza il rinascimento contemporaneo, soprattutto per quel che concerne i grandi progetti ad alta visibilità mediatica.

Fondazione Ferragamo

L’azienda Salvatore Ferragamo è un esempio di come la creazione e l’artigianato della moda e del design possano essere facilmente trasposte nell’ottica del culture heritage in una pacifica alternanza di obiettivi e ideali utili all’impresa quanto alle attività collaterali di cui essa si fa promotrice.

La Fondazione Ferragamo, nata nel 2013 sotto la presidenza di Wanda Milletti Ferragamo, ha tra i suoi fini quello

[…] di promuovere e valorizzare l’artigianato e il made in Italy, attraverso lo svolgimento in via esclusiva delle attività di istruzione e formazione di coloro che intendono operare nel mondo della moda e del design, e delle forme più alte e artistiche di artigianato Italiano, in linea con i valori, e i canoni stilistici espressi nell’opera di Salvatore Ferragamo.50

La Fondazione è contestualmente legata al Museo Salvatore Ferragamo, con sede nello storico Palazzo medievale Spini Feroni di Firenze. Frutto di un’idea sviluppata intorno la metà degli anni ’80 da Cristina Piacenti, museologa e storica dell’arte, e Fiamma Ferragamo, il Museo d’impresa51 sorge nel 1995 con lo scopo principale di formare un archivio permanente e organizzare una serie di mostre dedicate alla figura del fondatore della Salvatore Ferragamo S.p.A. Nelle attività della fondazione sono contemplate molteplici forme di collaborazione con il museo – impegnato nella raccolta, tutela e valorizzazione dell’Archivio storico della Salvatore Ferragamo S.p.A. costituito da brevetti, documenti originali e prodotti inediti – che offrono “significativi contributi alla realizzazione di mostre, seminari e attività didattiche conformi agli scopi della fondazione.”52 Tuttavia, nonostante siano passati circa sei anni dalla sua apertura, i confini che delimitano le relazioni con il Museo, ancora oggi, non sono del tutto definiti:53 quel che è chiaro, è che alla luce di quanto affermato nei paragrafi relativi al collezionismo e al mecenatismo, l’esistenza della fondazione è legittimata dalla storia personale di Salvatore Ferragamo e il suo legame con il mondo dell’arte, coltivato attraverso profonde relazioni da lui nutrite e mantenute con molti artisti a lui contemporanei, soprattutto quelli coinvolti nel movimento artistico italiano conosciuto come Secondo Futurismo.54

L’azienda è fortemente radicata nel territorio di appartenenza e allo spirito rinascimentale che lo caratterizza dal 1927, anno in cui Salvatore Ferragamo sceglie Firenze, città cosmopolita del gusto, dello stile e “museo all’aria aperta”,55 come luogo in cui stabilirsi e dal quale trasmettere i valori dell’artigianato e del Made in Italy. Il palazzo è stato acquistato dal designer nel 1938, ponendosi già in quel momento come un centro di raccolta in cui potessero confluire diversi ambiti della creatività come laboratori artistici e artigianali, atelier di moda e gallerie d’arte aperte alla promozione dell’arte antica, moderna e anche contemporanea.56 L’acquisto del palazzo duecentesco rappresenta una straordinaria intuizione di Salvatore Ferragamo per il suo essere esso stesso un’opera d’arte, un elemento del brand che illustra la storia e valori del marchio Ferragamo e che ben si inserisce nel tradizionale programma di mecenatismo industriale perseguito ancora oggi dall’azienda. Il forte legame che questa ha sviluppato con la regione di appartenenza, attraverso la promozione dell’artigianato fiorentino, l’utilizzo di pelli e materie prime territoriali, garantiscono l’efficacia del Made in Italy di cui è portatore il marchio. In questo senso, il punto di forza dell’azienda è stato quello di appropriarsi di questa identità ampliandola in modo vincente.

La perseveranza del Gruppo Ferragamo nel conservare e trasmettere l’unicità artigianale ereditata dal suo fondatore, e la consapevolezza che i valori dell’impresa si ripercuotono sugli aspetti sociali e culturali dell’intera comunità, sono visibili nelle scelte di corporate governance della Salvatore Ferragamo S.p.A., le cui funzioni sono espletate dal Consiglio di Amministrazione presieduto da Ferruccio Ferragamo.

Si intravede nel gruppo la volontà di utilizzare la moda e l’arte come assets principali per valorizzare l’immagine del brand in termini di individualità, originalità, diversità e innovazione. Nel 2012, la Salvatore Ferragamo è scelta, tra tanti candidati, come sponsor unico della mostra “Sant’Anna – L’ultimo capolavoro di Leonardo Da Vinci” al museo del Louvre di Parigi, un’occasione che ha permesso all’azienda di realizzare un evento di moda esclusivo: la sfilata della collezione Resort 2012 sotto le arcate del peristilio Denon all’interno del Louvre.57

In linea con la consolidata tradizione familiare di mecenatismo, per le iniziative di CSR l’azienda ha promosso nel 2014 la creazione di un gruppo di lavoro denominato “Green Team”, nel quale diverse professionalità aziendali si sono confrontate attraverso un dialogo continuo per mettere in pratica azioni collegate ai concetti di sostenibilità.58 Al fianco di tematiche sociali, ambientali e didattico-formative, l’impegno in ambito culturale è però una priority del gruppo che nel 1999 ha ricevuto il premio “Guggenheim Impresa e Cultura” per i contributi continuativi effettuati per cause culturali coerenti con la mission dell’impresa. Questo impegno, volto a coniugare i risultati aziendali a ritorni in chiave di valorizzazione del territorio e crescita sociale, è portato avanti tramite donazioni o pratiche di micro mecenatismo di alto valore mediatico: la crescente consapevolezza del gruppo Ferragamo di avere un ruolo di primo piano, al fianco di altri players del lusso, nelle pratiche di mecenatismo e impegno culturale, ha fatto sì che nel 2015 il 90% delle elargizioni effettuate fossero destinate ad iniziative in ambito artistico e culturale.

Tra le pratiche di mecenatismo rientra un’ingente donazione di 600mila euro in favore della Galleria degli Uffizi, che ha permesso il riallestimento di 8 sale contenti le più preziose opere del secondo quattrocento fiorentino, ed ha interessato il rifacimento e il trattamento di messa in sicurezza degli impianti di areazione e illuminazione in linea con i moderni standard museali di conservazione delle opere. Nel 2016, invece, una generosa donazione ha permesso il restauro e la riapertura di Torre e Casa Campatelli di San Gimignano, edifici medievali del XII secolo e oggi di proprietà del FAI.59 In ultima istanza, con l’utilizzo del programma Art Bonus, nel triennio 2014-2016 la Salvatore Ferragamo ha donato 1,5 milioni di euro in favore del restauro della Fontana di Nettuno in Piazza della Signoria a Firenze. Proprio per questa occasione, il coinvolgimento del gruppo nella cultura e la sua capacità di attivare sinergie positive tra politiche pubbliche e private, per scopi sociali e di comunità, è stato ricompensato con il “Premio Art Bonus”, conferito durante la cerimonia della seconda edizione dei Corporate Art Awards nel novembre 2017.60

Fondazione Prada

A seguito di un incontro fortunato con l’artista Germano Celant, (l’ideatore del termine arte povera), la designer Miuccia Prada e l’imprenditore Patrizio Bertelli avviano, nel 1993, il progetto “PradaMilanoArte”, il nucleo inziale di quello che diventerà due anni dopo Fondazione Prada.

Inizia negli anni Ottanta l’interesse per il mondo dell’arte da parte dei due coniugi e amministratori delegati della Prada S.p.A., grazie alla nascita di un dialogo continuo ed intimo con lo studio della disciplina, la lettura di cataloghi, la visita di mostre e musei, e il contatto diretto con artisti di spicco nel panorama dell’arte contemporanea.61 Gli spazi container dell’azienda di Via Fogazzaro, utilizzati fino a quel momento per la presentazione delle sfilate, a detta di alcuni artisti sono il luogo adatto per ospitare anche delle mostre temporanee. È così che nel luogo lanciato come "avamposto per analizzare il presente"62 anche l’arte, come la moda, diventa uno strumento per soddisfare la curiosità e la comprensione del mondo da parte della stilista.63

La fondazione ha inaugurato nel 2015 la sua sede permanente, realizzata in collaborazione con lo studio OMA di Rem Koolhaas. L’obiettivo perseguito fin dall’inizio dai presidenti Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, non è quello di aprire un museo adibito esclusivamente alle opere d’arte contemporanea, in quanto l’interesse per l’arte e le sue espressioni è così ampio da considerare l’area di via Largo Isarco un museo d’arte e un centro culturale di ampio respiro:

La Fondazione […] persegue lo scopo di valorizzare e promuovere in Italia e all’estero la cultura, l’arte e il design, anche attraverso: - lo studio, la conservazione, la catalogazione, il censimento e l’esposizione al pubblico di opere detenute o acquisite con particolare, ma non esclusivo riferimento all’arte moderna, contemporanea (e d’avanguardia), in ogni sua forma ed espressione […].64

La Fondazione Prada è da considerarsi quindi la casa definitiva e istituzionale di una collezione privata,65 aperta al sostegno di artisti e all’organizzazione di mostre; un luogo di ricerca e sperimentazione i cui programmi spaziano nella condivisione di differenti discipline quali l’arte, la letteratura, la filosofia, la fotografia, la scienza e il cinema. Proprio il fascino per la settima arte ha portato alla nascita di un Cinema all’interno della fondazione, con una rassegna annuale frutto delle diverse collaborazioni con alcuni registi internazionali.66

La consapevolezza dell’importanza strategica di una sede vicina ai più celebri eventi annuali legati al cinema e all’arte è il risultato dell’acquisto, da parte di una controllata del gruppo, dell’edificio Ca’ Corner della Regina a Venezia, divenuta sede lagunare della Fondazione Prada e della sua collezione. L’edificio barocco del 1723 è costituito da una serie di spazi espositivi che ospitano un programma di mostre concentrate nei mesi estivi e una residenza privata visitabile solo secondo un calendario prestabilito.67

Le funzioni di corporate governance della Prada S.p.A., main sponsor della Fondazione e delle sue attività, trovano ispirazione negli stimoli culturali veicolati dai due collezionisti e amministratori delegati che, oltre la moda e il lusso, dotano il brand di un’immagine capace di interagire creativamente in tutti gli ambiti del benessere territoriale e comunitario, grazie ad investimenti e sponsorizzazioni di cui beneficia tutto il gruppo. Per farsi un’idea di quanto sia importante per l’azienda la crescita nel mercato della sostenibilità culturale, le elargizioni del gruppo a favore di iniziative locali e internazionali per progetti speciali alla comunità sono aumentate da 11,4 milioni nel 2013 a 22,0 milioni di euro nel 2016.68

La fondazione si può definire quindi un think-thank globale e un centro operativo per le attività del Gruppo Prada in favore della responsabilità sociale e della cultura, che agisce con donazioni o atti di micro mecenatismo frutto di un percorso di avvicinamento del gruppo, leader nel settore del lusso, al mercato dell’arte:69 diversi brand oggi sono impegnati ad enfatizzare il legame con l’arte in modo strategico, ma non tutti sono capaci di ottenere a loro volta feedback e risposte positive dal mondo dell’arte.70

La voglia di associare il marchio a progetti di appiglio contemporaneo è nell’anima della Fondazione che nel 2016 ha aperto Milano Osservatorio, uno spazio dedicato alle arti visive e alla fotografia, posto tra il quinto e il sesto piano dell’edificio che ospita il negozio Prada all’interno della Galleria Vittorio Emanuele II, e dal quale è possibile ammirare la cupola in vetro e ferro realizzata fra il 1865 e il 1867 che sormonta l'Ottagono, cioè il cuore della Galleria. Questa seconda sede della Fondazione Prada arriva dopo un progetto di restauro della Galleria avviato nel marzo del 2014 dal gruppo Prada in collaborazione con la Gianni Versace S.p.A. e Giangiacomo Feltrinelli Editore, per restituire alla città di Milano uno tra i suoi simboli più cari conosciuto in tutto il mondo.71

Come si evince dai bilanci di responsabilità sociale dell’azienda, la partecipazione culturale è uno degli obiettivi che il gruppo persegue in accordo con altre istituzioni pubbliche e private, tra cui il FAI, insieme al quale la Prada S.p.A. promuove dal 2010 diverse iniziative nell’ambito della tutela e della valorizzazione del patrimonio storico artistico. Ingenti donazioni hanno reso possibile il restauro di cinque scomparti del polittico di Antonio Vivarini presso la Pinacoteca di Bari e il restauro del pozzo dell’abbazia di Santa Maria di Cerrate nel leccese, entrambi nel 2014,72 nonché il supporto alle attività di recupero e conservazione del Laboratorio dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze che ha visto, nel triennio 2014-2016, il restauro del dipinto l’Ultima Cena di Giorgio Vasari (una delle opere più gravemente danneggiate dall’alluvione del 1966).73 Per quest’ultima opera monumentale del grande pittore, architetto e storico dell’arte del rinascimento, al finanziamento di 200,000 mila euro, eseguito durante una prima fase di sovvenzioni senza ricorrere ai benefici del programma Art bonus, ha fatto seguito uno stanziamento di 150,000 mila euro all’interno del suddetto programma.74

Il sostegno della Prada S.p.A. alle attività di interesse culturale è riconosciuto in tutto il mondo grazie anche agli interventi effettuati al di là del territorio italiano. Nel corso degli ultimi anni, la partecipazione delle imprese del lusso in qualità di sponsor nelle attività di ripristino di beni culturali, ha dato loro modo di poter beneficiare di nuovi palcoscenici per le sfilate del marchio, compatibilmente con le esigenze di tutela. Il Gruppo Prada non si sottrae a questo trend e, a seguito di una proficua collaborazione tra il gruppo e il CESE (Conseil Économique, Social et Environnemental), volta a promuovere progetti culturali, artistici e di moda, ha finanziato nel 2013 il restauro delle facciate del Palais d’Iéna di Parigi, sede del CESE e dal 2011 location ufficiale delle sfilate del marchio MiuMiu.75 Guardando all’Oriente, invece, la Cina occupa da sempre un posto di rilievo nell’immaginario Prada – quotata sulla borsa di Hong Kong dal 2011 – e questa passione per il paese del dragone si è concretizzata nel 2011 quando Villa Rong Zhai, residenza storica del 1918 ubicata nel quartiere centrale di Shangai, è divenuta Prada Rong Zhai, inaugurata con la sfilata della collezione Prada Resort 2018. Frutto di uno scrupoloso restauro durato sei anni, l’edificio è stato pensato come un luogo flessibile e aperto ad un calendario di eventi eterogeneo e coerente con le molteplici attività del Gruppo Prada.76

Il costante impegno in ambito culturale sotto forma di sponsorizzazioni, attività di mecenatismo e collezionismo, ha permesso alla designer Miuccia Prada di guadagnarsi una posizione di rilevanza a livello internazionale, e numerosi sono i premi che le sono stati conferiti per le iniziative svolte nel corso degli anni, non solo nella moda ma anche nell’arte.77

Fondation Louis Vuitton

La creazione è uno dei principali obiettivi perseguiti dal gruppo LVMH, di cui il presidente e amministratore delegato Bernard Arnault ammette di subirne il fascino sostenendo che essa dia “un senso alla vita dell’individuo e sia un naturale antidoto all’effimero della modernità”.78 Sulla spinta di queste considerazioni, il gruppo intrattiene un rapporto speciale con l’arte e la cultura che, a detta del CEO, guidano e stimolano lo spirito aziendale, chiave di successo di un marchio di lusso. A beneficiare del sentimento positivo prodotto dal gruppo è la comunità, verso cui il brand estende il suo impegno tramite azioni di mecenatismo e filantropia che coprono diversi ambiti della solidarietà: dal patrimonio culturale al patrimonio umanitario, dall’arte alla medicina, dall’educazione alla charity.

Bernard Arnault incarna lo spirito del mecenate rinascimentale del XX secolo, con una passione per il collezionismo di opere d’arte moderna e contemporanea79 coltivata a seguito di un incontro fortunato con Jean-Paul Claverie, il consigliere anziano di Jack Lang (ministro della cultura in Francia fino al 1993). Un’intesa eccepibile tra i due porta infatti Claverie a lasciare la sfera politica per affiancare il CEO nello sviluppo di una strategia istituzionale che comunichi l’impegno del gruppo nel mecenatismo culturale, appoggiando l’idea di una fondazione che potesse incarnare i valori aziendali e consentisse ai suoi dipendenti di avere un punto fermo tra questi valori e il sostegno alla comunità.80 Quando nel 2006 crea la Fondation Louis Vuitton, l’idea originaria di Bernard Arnault è stravolgere il tradizionale concetto di filantropia aziendale per dar vita a qualcosa che andasse oltre la semplice idea di beneficenza: la fondazione nasce per donare alla Francia un ruolo di primo piano nello sviluppo della creatività artistica e culturale nel mondo e renderla accessibile ad un vasto pubblico, non solo quello più esperto o appassionato.

Per la costruzione della nuvola o nave di vetro, come è stato rinominato l’edificio sede della fondazione, progettato e inaugurato nel 2014 dall’archistar Frank Ghery, il CEO di LVMH ha ottenuto dal comune di Parigi un lotto gratuito di un ettaro nel Jardin d’Acclimatation a Bois de Boulogne per un periodo di cinquantacinque anni. Come previsto dalla Loi Aillagon precedentemente citata, la Fondation Louis Vuitton, che detiene lo status di Fondation d’entreprise, usufruisce degli sgravi fiscali previsti per le imprese soggette all'imposta sul reddito o all'imposta sulle società.81

Nel caso del gruppo LVMH, le funzioni di governance si esplicano in 5 settori di interesse generale: la CSR, le cui attività riguardano nello specifico l’individuo, con l’impegno di fare dell’eccellenza una leva per l’integrazione sociale e professionale in solidarietà con i territori in cui l’azienda si trova ad operare; l’impronta economica, attraverso un modello di business strutturato che permette di coltivare l'eccellenza (dalle fonti di approvvigionamento alla distribuzione dei prodotti nella propria rete di negozi, inclusa la produzione); l’ambiente, con strutture d’avanguardia ricettive e pronte ad adattare i propri processi produttivi, le abitudini e i comportamenti alle numerose sfide ambientali che il settore del lusso è chiamato ad affrontare; l’arte e la cultura, attraverso una serie di atti di mecenatismo rivolti alla diffusione e condivisione del proprio impegno nei confronti della creatività; e in ultimo la filantropia, con azioni rivolte a chi ha più bisogno e necessita di sostegno educativo, formativo, di integrazione o reintroduzione sociale.

Per quel che concerne gli obiettivi perseguiti dalla fondazione, si può affermare con certezza che essi non sono avulsi dalle attività promosse da LVMH nel programma arte e cultura, anzi, per la loro realizzazione la fondazione può contare sul patrimonio dell’intero gruppo, di cui il 46,7% del capitale è detenuto della famiglia Arnault e la restante parte conteggia le quotazioni di altre aziende, francesi e non.82 Le attività di micro mecenatismo e le donazioni versate a scopo culturale sono il risultato di un processo di ricostruzione dell’immagine istituzionale del gruppo LVMH la cui identità, fino al momento dell’acquisizione da parte di Bernard Arnault, era relegata esclusivamente agli aspetti finanziari (bilanci, rendicontazioni, quotazioni), considerati non più sufficienti a garantire un’immagine valorizzante ed accattivante agli occhi dei consumatori e degli investitori. L’inaugurazione di un museo di arte contemporanea gestito direttamente dal brand Louis Vuitton, conferma il suo diretto coinvolgimento di mecenate dell’arte e della cultura accrescendo la sua brand awareness a livello internazionale.83

Come si evince dal documento “Un mécène pour la culture, la jeunesse et l’action humanitaire84, è chiaro che i contributi espressi da ciascuna delle maisons del gruppo si inscrivono perfettamente negli obiettivi perseguiti dall’azienda che dal 1990, anche insieme ad altre istituzioni, si impegna nella partecipazione attiva di iniziative solidali e di mecenatismo culturale in Francia e nel mondo. Si può constatare come numerose attività sostenute riguardano soprattutto il restauro, l’arricchimento e lo sviluppo del patrimonio storico e artistico come ad esempio, per citarne alcune, il restauro della Bibliothèque-Musée de l’Opéra de Paris nel 1990, la donazione al Musée du Louvre per l’acquisizione del ritratto “Juliette Villeneuve” di David nel 1998, il restauro della Sala del Trono al Museo Correr di Venezia nel 2003 e il supporto al programma di restauro della Fontana di Trevi a Roma da parte della maison Fendi nel 2014. Ad ottobre 2017, per la campagna di crowdfunding Tous Mécènes lanciata dal Museo del Louvre per il rientro in Francia del “Livre des heures” di Francesco I, il gruppo LVMH ha elargito alla causa una somma pari a 5 milioni di euro (la metà dei soldi necessari all’acquisizione).85

Nel 2011 le ambizioni culturali di Bernard Arnault si sono spinte al di là della Francia e, come per il gruppo Prada, sono giunte a Venezia: il gruppo insieme ad Arzanà Navi S.p.a. ha finanziato il restauro del padiglione cittadino nei giardini de La Biennale, riportando allo splendore iniziale tutta la struttura progettata nel 1932 da Brenno del Giudice. A dimostrazione del crescente impegno del gruppo con la città lagunare vi è la partnership speciale con la Fondazione Musei Civici di Venezia (MUVE),86 iniziata nel 2013 in occasione del restauro da parte del gruppo dell’antico Cinema Teatro San Marco, divenuto in seguito sede del nuovo negozio che ospita all’ultimo piano l’Espace Louis Vuitton, luogo in cui l’arte incontra mentre il consumatore mentre fa shopping, con l’obiettivo di avvicinare i meno esperti e le affermate élites culturali alle tante opportunità di fruizione che offrono l’arte e la cultura oggi.87 Il fine principale della collaborazione con il MUVE è quello di contribuire al rinnovo del patrimonio culturale della città meneghina, e molte delle opere oggetto di restauro da parte del gruppo hanno trovato ospitalità all’Espace per delle mostre temporanee aperte al pubblico. Questa partnership è stata rinnovata nel 2016, in occasione della mostra che la fondazione ha esposto nello spazio culturale dedicata alle fasi di costruzione della sede di Bois de Boulogne, con l’intervento di Daniel Buren, artista molto caro al gruppo anche per ciò che riguarda le iniziative del marchio per le attività nella moda.

Conclusioni

L’excursus fin qui delineato mette in luce come le grandi corporate del lusso e della moda, nonostante la crisi economica generale dell’ultimo decennio, guardino con interesse agli investimenti in ambito artistico e culturale. Esse hanno colto l’importanza di utilizzare i valori associati all’estetica e al gusto come assets strategici per distinguersi dalla concorrenza e accrescere la propria notorietà e affidabilità affermando il ruolo di leadership non solo nel mercato del lusso ma anche in quello dell’arte.

L’interesse coltivato per il collezionismo si può ritenere una conseguenza dell’epoca post-industriale, che spiega come numerose collezioni aziendali nascano quasi esclusivamente dalla passione personale dei presidenti delle rispettive società. Miuccia Prada e Bernard Arnault, proprietari di marchi premium come Prada e Louis Vuitton, sono desiderosi di essere ritratti come mecenati post-industriali che, con il relativo capitale culturale, dimostrano la padronanza di un codice che permette loro di decifrare un'opera d'arte affermando così il loro status artistico.

La pressione del mercato, degli investitori e del regolatore in materia di responsabilità sociale è certamente all’origine di una revisione dei meccanismi e delle strutture di produzione per integrare l’approccio CSR nelle proprie strategie aziendali, di posizionamento e gestione delle risorse. I settori creativi della moda e del lusso arrivano con un certo ritardo, rispetto ad altri settori, nella valutazione delle proprie responsabilità verso la comunità, nonostante essi abbiano un ruolo di primaria importanza nel contribuire a trovare soluzioni alle numerose sfide che la società chiede di affrontare. Si può tuttavia affermare che l’impegno in ambito solidale, i finanziamenti alla cultura e in tema ambientale, e le relative sinergie costituite con enti e istituti di tipo pubblico e privato, creano una grande opportunità per l’industria del lusso di dissipare del tutto l’accezione negativa che da sempre le caratterizza.

Mentre i sussidi dello stato per le azioni di interesse solidale e culturale diminuiscono, emerge un nuovo fenomeno per cui le fondazioni private si fronteggiano con i più grandi musei del mondo, e i gruppi aziendali finanziano siti di particolare interesse culturale ad alto budget favorendo un contributo al patrimonio artistico nazionale in una dimensione sociale, pubblica e partecipata: una risorsa importante nel branding, ma anche nella finanza.

In accordo con Hervé Chandès, precedentemente citato, “le fondazioni sono il riflesso della loro storia e dei loro incontri”, quindi, il contatto con gli artisti e gli architetti, il collezionismo e l’arte – in particolare l’arte contemporanea – costituiscono una finestra aperta sull’attualità e l’innovazione. Investire in questi valori è per l’azienda una strategia vincente per comprovare la propria mission aziendale e un modo per apparire dinamica e in evoluzione agli occhi degli stakeholder.

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  2. Karine Lisbonne e Bernard Zürcher, L'arte contemporanea: costo o investimento? Una prospettiva europea, trad. it. Cristina Cavalli, (Milano: Johan & Levi, 2009), 73 (edited orig. L’art avec pertes ou profit, Parigi: Mugnier, 2007).

  3. Sulla lista redatta ogni anno da ArtNews, che mette in luce i duecento più importanti collezionisti al mondo attivi nel mercato dell’arte, figurano nomi di imprenditori legati al settore della moda e del lusso. Nella lista del 2017, Bernard Arnault occupa il 7° posto; la Collezione Maramotti si trova al 100° posto; François Pinault al 126° posto; i coniugi Prada-Bertelli al 129° posto; Alain Wertheimer invece occupa il 190° (“2017 TOP 200 COLLECTORS”, ARTNEWS, consultato il 12 dicembre, 2017, http://www.artnews.com/top200year/2017/.

  4. Cfr. Lisbonne e Zürcher, Arte contemporanea: costo o investimento?, 71.

  5. Alain Dominique Perrain è stato tra gli chefs-de-file del movimento promotore del concetto di filantropia aziendale sorto in Francia alla fine degli anni ’70 del 1900 : «Dovevamo trovare delle idee che ci permettessero di inserirci nella società, con delle azioni collettive che ci aiutassero a proteggere noi stessi» (Cfr. Gautier, “Le mécénat d’entreprise en France. Histoire et perspectives”, 20).

  6. “Spazio creativo per artisti e luogo dove l’arte incontra il pubblico di massa, dedicata alla promozione e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’arte contemporanea” (“An original approach to corporate patronage”, Fondation Cartier, consultato il 20 dicembre 2017, https://www.fondationcartier.com/en/history-and-mission/philanthropy).

  7. “Costituita a poco a poco, come ogni collezione, quella della Fondation Cartier è diventata il riflesso della sua storia, dei suoi incontri. I primi acquisti furono essenziali: prima isolate, queste opere divennero il nucleo di un insieme futuro”. Tratto da: Hervé Chandès, Fondation Cartier pour l'art contemporain (Parigi: La collection de la Fondation Cartier pour l'art contemporain. Actes sud, 1998).

  8. Fabrizio Mosca, Product concept ed heritage per i beni ad elevato valore simbolico (Torino: G. Giappichelli Editore, 2015), 114-115.

  9. A questo proposito, per un ulteriore approfondimento sul tema si veda “Corporate Art Collection (Collezione d’arte aziendale) come Asset per l’impresa”, Ivona Ivkovic, II Art Advisory (12 marzo 2013), https://issuu.com/iiartadvisory/docs/iiaa_corporate_art_collection_come_asset_.

  10. Francesco Poli, Il sistema dell'arte contemporanea: produzione artistica, mercato, musei (Bari: Laterza, 2011), 109.

  11. Cfr. Lisbonne e Zurcher, Arte contemporanea: costo o investimento?, 63.

  12. Alessia Zorloni, L'economia dell'arte contemporanea: mercati, strategie e star system (Milano: FrancoAngeli, 2011).

  13. Carla Bodo, Celestino Spada, e Cristina Da Milano, Rapporto sull'economia della cultura in Italia: 1990-2000 (Bologna: Il Mulino, 2004), 122.

  14. Annamaria Tartaglia e Gianni Marinozzi, Il lusso...magia e marketing: Presente e futuro del superfluo indispensabile (Milano: FrancoAngeli, 2006), 164.

  15. Velia De Sanctis, Le sponsorizzazioni. Analisi di un fenomeno (Napoli: Liguori Editore, 2006), 58.

  16. Presentato inizialmente come atto di puro mecenatismo culturale senza ricevere nulla in cambio, il costo del restauro è ammontato a 2 milioni e 180 mila euro. (“Fendi dona 2,18 milioni per il restauro della Fontana di Trevi”, IlSole24Ore, consultato il 3 aprile 2018, http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-28/fendi-dona-milioni-restauro-193902.shtml?uuid=Ab2e51OH).

  17. “La Fontana di Trevi restaurata grazie a Fendi”, Architetto.info, consultato il 20 gennaio 2018, http://www.architetto.info/news/recupero-e-restauro/la-fontana-di-trevi-restaurata-grazie-a-fendi.

  18. “Una sfilata a Roma presso la Fontana di Trevi è il modo migliore per celebrare i 90 anni di FENDI, un’occasione unica per esprimere le nostre radici, l’audace creatività e la più elevata artigianalità che da sempre ci contraddistinguono. La Fontana di Trevi è un luogo magico, che rappresenta perfettamente i valori di FENDI, la sua tradizione e la sua storia, con uno sguardo rivolto sempre al futuro", ha dichiarato Pietro Beccari, Presidente e Amministratore Delegato di FENDI. (”Fendi, per i 90 anni una sfilata alla Fontana di Trevi", IlSole24Ore, consultato il 3 aprile 2018, http://www.ilsole24ore.com/art/moda/2016-07-01/fendi-il-90-anni-sfilata-fontana-trevi--150346.shtml.

  19. Jean-Noël Kapferer, “The artification of luxury: From artisans to artists”, Business Horizons, 57.3 (2014): 375, https://doi.org/10.1016/j.bushor.2013.12.007.

  20. Chin-Tao Wu, Privatising culture : corporate art intervention since the 1980s (London-New York: Verso, 2003), 125.

  21. Vincenzo D'Arrò, “Mecenatismo, musei d’impresa e comunicazione istituzionale. Würth: quando l’azienda diventa museo”, Humanities, 4.1 (2015): 70, https://doi.org/10.6092/2240-7715/2015.1.70-87.

  22. Sul tema delle strategie adottate in ambito di comunicazione e marketing dalle imprese di moda, si consiglia di approfondire il testo di Simona Ironico, Fashion management. Mercati, consumatori, tendenze e strategie di marca nel settore moda (Milano: FrancoAngeli, 2014)

  23. Rosanne Martorella, Art and business: an international perspective on sponsorship (USA: Greenwood Publishing Group, 1996).

  24. Erica Corbellini e Stefania Saviolo, Managing fashion and luxury companies (Milano: Rizzoli Etas, 2009).

  25. William O. Brown, Eric Helland e Janet Kiholm Smith. “Corporate philanthropic practices.” Journal of corporate finance, 12.5 (2006): 855-877, https://doi.org/10.1016/j.jcorpfin.2006.02.001.

  26. E. Basilisco, “L’industria è un’arte?”, Il mondo 31, XII (2008), 35-36.

  27. Isabelle Petit, et al., “La Fondation d'entreprise outil de la politique de mécénat ou de la politique RSE?”, Working Papers 2014 385, Department of Research, Ipag Business School (2014).

  28. Andreas Rasche, Mette Morsing, e Jeremy Moon, Corporate social responsibility: strategy, communication, governance (Cambridge University Press, 2017), 6.

  29. Abagail McWilliams e Donald Siegel, “Corporate social responsibility: A theory of the firm perspective”, Academy of management review 26, 1 (2001): 117-127.

  30. Cfr. Lisbonne e Zurcher, Arte contemporanea: costo o investimento?, 71.

  31. Edward R. Freeman, et al., Strategic Management: A stakeholder approach, (Boston: Pitman, 1984), 40.

  32. Di conseguenza, non è più possibile considerare il profitto quale unica misura di performance dell’impresa, poiché entrano in gioco altri obiettivi connessi ad altrettante funzioni: ad esempio, diventa fondamentale far apprezzare un prodotto al di là delle sue qualità estetiche e funzionali, in quanto acquisiscono valore altre caratteristiche non materiali come le condizioni della sua fornitura, i servizi di assistenza e personalizzazione ma anche l’immagine e la storia del prodotto stesso.

  33. Alexander Dahlsrud, “How corporate social responsibility is defined: an analysis of 37 definitions”, Corporate social responsibility and environmental management 15, 1 (2008): 1-13.

  34. Keith Davis, “The case for and against business assumption of social responsibilities”, Academy of Management journal 16, 2 (1973): 313.

  35. Michael E. Porter, Mark R. Kramer, “The competitive advantage of corporate philanthropy”, Harvard business review 80, 12 (2002): 56-68.

  36. Berger e Luckman in “The social construction of reality” (1967), danno una definizione di costruttivismo sociale partendo dall’idea che la realtà non è un semplice “dato di fatto” a cui gli individui hanno accesso diretto: la conoscenza, infatti, è il frutto della comprensione della realtà da parte degli individui, che la “costruiscono” a partire da semplici azioni quotidiane fino ad arrivare ai più sofisticati risultati di ricerca. Questo processo è soggettivo, ma è modellato dalla cultura sociale in cui gli individui agiscono: quindi, secondo gli autori, alla base del processo di costruzione della conoscenza vi sono le interazioni sociali. “Tali interazioni danno significato al mondo intorno a noi; senza tali significati e il linguaggio che emerge dalla comprensione condivisa di tali significati, non è nemmeno possibile analizzare la natura della realtà” (Sharon A. Alvarez e Jay B. Barney, “Discovery and creation: Alternative theories of entrepreneurial action”, Strategic entrepreneurship journal 1, 1‐2 (2007): 11-26).

  37. Cfr. Lisbonne e Zurcher, Arte contemporanea: costo o investimento?, 77.

  38. Disciplinate dagli articoli 13 - 35 del Codice Civile e dall’articolo 45 della Costituzione.

  39. Davide Guzzi, Le fondazioni. Nascita e gestione, (Milano: Edizioni Fag, 2014), 30.

  40. Umberto Breccia, et al., Diritto Privato – Tomo primo (Torino: Utet Giuridica, 2010).

  41. Cfr. Breccia et al., Diritto Privato.

  42. Con l’entrata in vigore il 3 agosto 2017 del Codice del Terzo Settore (Decreto Legislativo 117/2017), si delineano maggiori obblighi di trasparenza per il terzo settore. A cominciare dalla precisazione (destinata a tutti gli enti) relativa all’obbligo del bilancio d’esercizio, che scatta a prescindere dal fatto che manchi ancora la modulistica che, in base a quanto previsto dal Codice, dovrà essere definita dal ministero del Lavoro. (“Dai bilanci ai compensi, in arrivo nuovi obblighi di trasparenza degli enti no profit”, IlSole24Ore, consultato il 20 febbraio 2018, http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-12-29/dai-bilanci-compensi-ecco-cosa-cambia-gli-enti-no-profit-214746.shtml).

  43. La legge del 23 luglio 1987 definisce ufficialmente il mecenatismo, le fondazioni e le sponsorizzazioni, e introduce i primi significativi incentivi fiscali a loro favore. Questa prima vittoria viene completata dalla legge del 4 luglio 1990, con la modifica di alcune disposizioni precedenti e l’instaurazione dello statuto giuridico della Fondation d’entreprise, che consente finalmente ai dirigenti di praticare le attività di mecenatismo in piena legittimazione. Cfr. Gautier, “Le mécénat d’entreprise en France. Histoire et perspectives”, 21.

  44. Risale al 22 dicembre del 1986 il decreto n.917 del TU delle imposte sui redditi e successive modificazioni, di cui l’articolo 100 (ex art.65) comma 2 lett m prevede per le imprese la deducibilità delle erogazioni liberali in denaro (cui per erogazione liberale si intende un contributo in denaro elargito da un donatore senza che sorgano, in capo al beneficiato, obblighi di controprestazione), “[…] in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali territoriali, di enti ed istituzioni pubbliche, di fondazioni e di associazioni legalmente riconosciute per lo svolgimento dei loro compiti istituzionali e per la realizzazione di programmi culturali nei settori dei Beni culturali e dello spettacolo”. (Fonte: “Testo unico delle imposte sui redditi”, Gazzetta Ufficiale 302, (1986), https://cdn.fiscoetasse.com/upload/Testo-Unico-Imposte-sui-redditi-del-22121986-917-aggiornato.pdf).

  45. Art. 120, D. lgs. 22 gennaio 2004, n.42.

  46. Art. 238 bis, alinéa 1, del Code General des Impots, come modificato dagli articoli 19, 42 e 111 della Loi n. 2016-1918 del 29 dicembre 2016.

  47. Dal nome del Ministro della cultura e della comunicazione che l’ha promulgata, Jean-Jaques Aillagon (dal 2011 consigliere di François Pinault nelle sue attività in ambito artistico e culturale). In essa sono contenute soluzioni giuridiche e fiscali particolarmente vantaggiose per le imprese desiderose di sostenere la cultura: un credito di imposta pari al 60% dell’importo donato, nel limite del 5% della propria cifra d’affari e, nel caso di perdita di esercizio, il credito di imposta può essere spalmato in cinque anni. (Guillaume Cerutti, “Mécénat culturel. Pour un acte deux”, Commentaire 143, 3 (2013): 623-628, https://doi.org/10.3917/comm.143.0623.

  48. Reso effettivo con la legge di stabilità 2016, Art bonus è il credito d’imposta spettante a chi effettua erogazioni liberali in denaro a favore del patrimonio culturale di proprietà pubblica. Decreto Legge 31 maggio 2014, n. 83; Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, (14G00095) (GU n.125 del 31-5-2014), http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/07/30/14A06063/sg.

  49. “A fronte della riduzione dei finanziamenti provenienti dalle Fondazioni bancarie, si registra una maggiore partecipazione di privati cittadini ed imprese al sovvenzionamento di interventi di conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale grazie all’Art bonus. In appena tre anni tale misura ha portato 5.400 mecenati a donare più di 170 milioni di euro per la realizzazione di 1.183 interventi in favore di musei, monumenti, siti archeologici e fondazioni lirico sinfoniche sparse in tutta la Penisola”. Fonte: Impresa cultura. Gestione, innovazione, sostenibilità: 13° Rapporto Annuale Federculture, (Roma: Gangemi Editore, 2017).

  50. Fondazione Ferragamo, “Articolo 2”, Statuto, http://www.fondazioneferragamo.it/sezioni/100/statuto.

  51. Il museo, totalmente finanziato dall’azienda da cui prende il nome, è legato al suo core-business: le calzature. A tal proposito si veda “Il museo Salvatore Ferragamo e il suo archivio: luogo di memoria e laboratorio di ricerca”, YouTube video, 19:34, posted by ArchiviModaSAN, 13 Febbraio 2013, https://www.youtube.com/watch?v=-8bZesXwE0c.

  52. “Fondazione Ferragamo”, Salvatore Ferragamo Group, consultato il 10 gennaio 2018, https://group.ferragamo.com/it/news/2013/2013-03-15-nasce-la-fondazione-ferragamo.

  53. Si rimanda all’intervista a Stefania Ricci “A piccoli passi: il rapporto tra Museo Ferragamo e Fondazione Ferragamo”, Elisa Fulco, consultato il 7 aprile 2018, http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/piccoli-passi-il-rapporto-tra-museo-ferragamo-e-fondazione-ferragamo.

  54. Tra di loro vi è Giuseppe Landsmann (nome d’arte Lucio Venna), che ha prodotto per il marchio quattro bozze e un manifesto, e creato anche l’etichetta interna delle scarpe con la nota “Creazione Ferragamo Firenze Italia”, ancora oggi utilizzata dall’azienda. (Maria Carmela Ostillio e Sarah Gaddar, “Salvatore Ferragamo: Brand Heritage as Main Vector of Brand Extension and Internationalization” in Fashion Branding and Communication. Core Strategies of European Luxury Brands, edited by Byoungho Jin e Elena Cedrola, (New York: Pelgrave Pivot, 2017), 86).

  55. Antonella Carù, Maria Carmela Ostillio, e Giuseppe Leone, “Corporate Museums to Enhance Brand Authenticity in Luxury Goods Companies: The Case of Salvatore Ferragamo”, International Journal Of Arts Management 19, 2 (2017): 34.

  56. Stefania Ricci e Riccardo Spinelli, Dagli Spini a Ferragamo. Il palazzo e la città, (Milano: Skira, 2015).

  57. “Sfilata al museo Louvre”, Salvatore Ferragamo Group, consultato il 10 gennaio 2018, https://group.ferragamo.com/it/news/2012/2012-06-11-sfilata-al-museo-louvre.

  58. “Bilancio di sostenibilità 2015”, Salvatore Ferragamo Group, consultato il 10 gennaio 2018, https://csr.ferragamo.com/wps/wcm/connect/e9515714-5e7e-42a2-806c-64d3fb4d2579/impag+Bilancio+Sostenibilità+5Mb.pdf?MOD=AJPERES.

  59. “Bilancio di sostenibilità 2016”, Salvatore Ferragamo Group, consultato il 10 gennaio 2018, https://csr.ferragamo.com/smuseo/images/Custom/pdf-sfogliabile/Bilancio-Sostenibilita-2016-ita/index.html.

  60. “Mi piace definire il nostro sostegno alle attività culturali di Firenze e il restauro di alcuni beni architettonici un ringraziamento della nostra famiglia alla città e al sodalizio creato da mio padre che prosegue tuttora. Tutto quello che abbiamo realizzato negli anni è dunque un modo per esprimere la nostra gratitudine a Firenze per quello che ci ha dato”, Ferruccio Ferragamo a proposito del premio vinto. (“Salvatore Ferragamo dona 1,5 milioni per il restauro della fontana del Nettuno a Firenze”, IlSole24Ore, consultato il 4 febbraio 2018, http://www.ilsole24ore.com/art/moda/2016-06-17/salvatore-ferragamo-dona-15-milioni-il-restauro-fontana-nettuno-firenze--122949.shtml?uuid=AD1KN0d).

  61. Gian Luigi Paracchini, Vita Prada: personaggi, storie, retroscena d'un fenomeno di costume, (Milano: Baldini Castoldi Dalai, 2009).

  62. Philippe Dagen, “Miuccia Prada, d’une collection à l’autre”, Le Magazine du Monde, (2015).

  63. Masoud Golsorkhi, “Fondazione Prada. Welcome to the art of fun”, Tank Magazine 63, (2015): 134.

  64. Fondazione Prada, “Articolo 2 paragrafo 2.1”, Report Istituzionale, consultato il 20 Aprile 2018, http://www.fondazioneprada.org/wp-content/uploads/ReportIstituzionale_IT.pdf.

  65. Pia Capelli, “Un centro di contemporaneità”, IlSole24Ore, inserto domenica, (2015), 36.

  66. «L’impegno della Fondazione nel cinema risale al 2004 quando abbiamo proposto per la prima volta a Milano il Tribeca Film Festival di New York. Poi è seguita una collaborazione con la Biennale di Venezia per il restauro e la proiezione di film dimenticati della cinematografia italiana, russa e orientale. Con l’apertura della nuova sede milanese abbiamo presentato due rassegne curate da Polanski e Iñárritu. Nella sede di Venezia è in corso fino a settembre “Belligerent Eyes”, un progetto di ricerca sulla produzione contemporanea di immagini. In futuro continueremo ad approfondire questa vocazione sperimentale, insieme a registi internazionali», Miuccia Prada. (“L’Arte di essere Prada”, Enrico Arosio, consultato il 5 Aprile 2016, http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2016/09/21/news/l-arte-di-essere-prada-1.283709).

  67. Fondazione Prada, “Venezia”, http://www.fondazioneprada.org/visit/visit-venezia/.

  68. Fonte: bilanci di responsabilità sociale del Gruppo Prada.

  69. Dalla sintesi di bilancio 2016 della Fondazione Prada si evince che il capitale netto investito è stato di 1.539,62€, http://www.fondazioneprada.org/wp-content/uploads/ReportIstituzionale_IT.pdf.

  70. Stefania Masè e Ksenia Silchenko, “The Prada Trend: Brand Building at the Intersection of Design, Art, Technology, and Retail Experience”, in Fashion branding and communication: core strategies of European luxury brands, edited by Byoungho Jin e Elena Cedrola, (New York: Pelgrave Pivot, 2017), 142.

  71. “Bilancio di responsabilità sociale d’impresa 2014”, Prada Group, consultato il 20 marzo 2015, http://csr.pradagroup.com/content/uploads/2015/10/Relazione-sulla-responsabilita-sociale-2014_IT.pdf.

  72. “Bilancio di responsabilità sociale d’impresa 2013”, Prada Group, consultato il 20 marzo 2015, http://csr.pradagroup.com/content/uploads/2015/06/Relazione_sulla_responsabilita__sociale_2013.pdf.

  73. “Bilancio di responsabilità sociale d’impresa 2016”, Prada Group, consultato il 20 marzo 2015, http://csr.pradagroup.com/content/uploads/2017/07/Social-Responsibility-Report-2016_IT.pdf.

  74. “Art Bonus: il modo più veloce per concludere il restauro dell' ‘Ultima cena’ di Giorgio Vasari a Santa Croce”, Michela Tonnelli, consultato il 20 marzo 2018, http://www.ilsole24ore.com/art/arteconomy/2016-12-22/art-bonus-modo-piu-veloce-concludere-restauro-ultima-cena-giorgio-vasari-santa-croce-210212.shtml?uuid=ADeeM1IC.

  75. Cfr. Prada Group, Bilancio di responsabilità sociale d’impresa 2014, http://csr.pradagroup.com/content/uploads/2015/10/Relazione-sulla-responsabilita-sociale-2014_IT.pdf.

  76. “Prada Rong Zhai”, Prada Group, consultato il 20 marzo 2018, https://www.pradagroup.com/it/perspectives/stories/sezione-progetti-speciali/prada-rong-zhai.html.

  77. Nel 2006 Miuccia Prada è nominata “Officier dans l’Ordre des artes et des lettres” dal Ministero della cultura francese per il contributo apportato nella diffusione dell’arte e della letteratura in Francia e nel mondo; nel 2015 è insignita del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana per i suoi successi non solo nell’ambito creativo e della moda, ma anche per i valori culturali espressi dal Gruppo Prada e veicolati attraverso la sua fondazione.

  78. Bernard Arnault e Yves Messarovitch, La passion creative (Paris: Plon edition, 2000).

  79. Bernard Arnault predilige il periodo dell’impressionismo ai nostri giorni: le sue preferenze sono piuttosto legate ai capolavori del XX secolo di Matisse, Picasso, Cezanne o Bonnard, Jasper Johns e anche Balthus (fonte op.cit. La passion creative).

  80. Claire Bommelaire, “Jean-Paul Claverie, l’homme lige”, consultato il 7 marzo 2018, http://www.lefigaro.fr/culture/2014/10/21/03004-20141021ARTFIG00183-jean-paul-claverie-l-homme-lige.php.

  81. Nicole Vulser, “Louis Vuitton : une fondation estimée à 100 millions d’euros”, consultato il 7 marzo 2018, http://www.lemonde.fr/economie/article/2014/10/23/la-fondation-louis-vuitton-a-coute-100-millions-d-euros_4511293_3234.html.

  82. “Lettre aux Actionnaires”, LVMH, consultato il 27 febbraio 2018, https://r.lvmh-static.com/uploads/2017/03/lvmh-lettreauxactionnairesmars2017-fr_version-e-accessible.pdf.

  83. Stefania Masè e Elena Cedrola, “Louis Vuitton’s art-based strategy to communicate exclusivity and prestige, in Fashion branding and communication: core strategies of European luxury brands”, in Fashion branding and communication: core strategies of European luxury brands, edited by Byoungho Jin e Elena Cedrola, (New York: Pelgrave Pivot, 2017), 166-167.

  84. “Un mécène pour la culture, la jeunesse et l’action humanitaire”, LVMH, consultato il 27 febbraio 2018, https://r.lvmh-static.com/uploads/2015/01/mecenat-2014-9.pdf.

  85. Questa campagna ideata dal celebre museo parigino, e inaugurata nell’ottobre del 2012, ha ispirato il programma dell’Art Bonus in Italia, soprattutto per quel che riguarda i benefici fiscali (nel caso della campagna francese pari al 66% dell’importo donato) di cui possono usufruire i cittadini privati e le imprese ( “Devenir Mécène”, Louvre, consultato il 4 aprile 2018, http://www.tousmecenes.fr/fr/devenir-mecene/particuliers/).

  86. “Fondazione dei Musei Civici di Venezia e Louis Vuitton rinnovano anche per il 2018 una partnership esclusiva che traccia un ponte tra l’arte del passato e quella contemporanea”, consultato il 27 febbraio 2018, http://www.visitmuve.it/it/fondazione/sostienici/partnership/louis-vuitton/.

  87. Cfr. Stefania Masè e Elena Cedrola, Louis Vuitton’s art-based strategy to communicate exclusivity and prestige, 166.