ZoneModa Journal. Vol. 7 (2017)
ISSN 2611-0563

Jungle. L’immaginario animale nella moda

Nicola BrajatoUniversità di Bologna (Italia)

Pubblicato: 2017-12-29

Keyword: Exhibition; Animal Print; Fashion

Parigi. 12 febbraio 1947. Un rendez-vous di dames in total black fa da sfondo alla prima collezione del couturier Christian Dior, défilé che influenzò per sempre la storia della moda occidentale. Quella mattina, oltre ad ospitare la nascita del New Look, si stava mettendo in scena uno dei cambiamenti più importanti del guardaroba contemporaneo: l’istituzionalizzazione dell’animalier come soluzione e innovazione stilistica. Il cosiddetto imprimé panthère, uno dei principali codici di riconoscimento della Maison Dior, sfilava con audacia tra le stanze del numero 30 di Avenue Montaigne con gli abiti Africaine e Jungle, segnando un punto di rottura con la severità della moda imposta dal rigore del conflitto.

L’ispirazione faunistica entra così, a partire da questo momento e attraverso diverse elaborazioni, nei processi creativi delle grandi case di moda, cambiando per sempre la concezione del manto animale. Una storia che viene raccontata per la prima volta da Jungle. L’immaginario animale nella Moda, mostra tenutasi presso le Sale delle Arti della Reggia di Venaria (Torino). Curata da Costanza Carboni, Ludovica Gallo Orsi e Simona Segre Reinach, la curatela ripercorre l’evoluzione dell’animalier partendo proprio dal famoso trench Jungle di Dior e arrivando ai contemporanei come Alexander McQueen e Iris Van Herpen. Una giungla stilizzata creata dall’artista scenografo Pietro Ruffo accompagna la narrazione della mostra spogliandosi delle proprie caratteristiche cromatiche per enfatizzare i più di cento abiti e accessori esposti che raccontano l’animal print nelle sue diverse evoluzioni e fisionomie stilistiche.

Non che l’immaginario faunistico sia stato oggetto d’attenzione soltanto a partire dalla seconda metà del Novecento. Niente affatto. La prima grande ondata dell’animalier risale infatti al XVIII secolo, quando i tessuti maculati che riprendevano il manto dei felini diventarono di gran voga, simbolo di un fascino per l’esotico e di una sensualità predace che conquistò l’estetica delle epoche a venire. Una simbologia che inizia a perdere il suo significato originario di trasgressione proprio attraverso l’istituzionalizzazione dell’animal print, dando vita a delle nuove letture estetiche. Jungle. L’immaginario animale nella Moda si interroga proprio sulla traduzione contemporanea dell’animalier, ricostruendo una particolare evoluzione del fenomeno su tre concetti chiave che, come ricorda Simona Segre Reinach, sono spesso compresenti e sovrapposti: imitazione, invenzione e metamorfosi.

La fase imitativa, focalizzata sull’intersezione delle tecnologie sartoriali con i codici base del mondo faunistico, si ispira e si mantiene fedele alla realtà visiva della natura. A partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, con il passaggio della pelliccia da mero utilizzo del manto pregiato a “moderno” oggetto di stile, si costituisce una premessa all’affermazione dell’animal print, che consente al mondo animale di trasfigurarsi in texture metropolitane, inaugurando un connubio tra sperimentazione stilistica e rinnovata lavorazione sartoriale. La storica della moda Vittoria Caterina Caratozzolo, in un contributo all’interno del catalogo creato in occasione della mostra, sostiene che “le rappresentazioni dell’animale degli anni Sessanta sono ancora connotate da una persistente con-fusione di manto animale e animal print”.1 L’allure sauvage si innesta così nel panorama urbano, tanto che Vogue Italia nel 1969 descrive il fenomeno affermando che “Parigi è ormai uno zoo”.2

Con la fine del decennio, però, iniziamo ad assistere ad una complicazione dell’approccio all’animalier, momento che Jungle mette in scena seguendo il concetto di invenzione. In questa seconda fase di interpretazione estetica dell’animal print, veniamo catapultati in un sorta di giungla “psichedelica” che gioca sulla fusione di vero e falso inventando texture, forme, colori e addirittura nuove specie animali. Saint Laurent, Ken Scott e Gianfranco Ferré sono soltanto alcuni tra i designer che a partire dagli anni Settanta iniziano a ibridare geometrie faunistiche e estetica modernista. Un controverso esotismo che racconta nuovi orizzonti e nuove libertà, arrivando persino a definire un nuovo rapporto tra i sessi contaminando in modo provocatorio e anticonformista il guardaroba maschile finalmente risvegliatosi dal quel centenario sonno borghese.

L’approccio innovativo viene spinto ancora oltre, arrivando a mettere in discussione e sovvertire la gerarchia evoluzionista, attraverso il concetto di metamorfosi, ultima chiave di lettura proposta da Jungle. Le forme della moda vengono qui mutate e adattate ad una realtà futuristica che manipola il genoma umano sperimentando tra natura animale e artificialità. Una contaminazione che supera il concetto di animalier e che ci permette di addentrarci nel territorio dell’animalità, regno della sperimentazione di realtà alternative. Abiti scultorei diventano così nuove morfologie corporee, come le adamantine creazioni della olandese Iris Van Herpen o le decorative interpretazioni di Maurizio Galante.

Quello dell’animal print, come dimostra Jungle, è un percorso evoluzionistico caleidoscopico e plurale, che ancora oggi non smette di affascinare creativi e maison di moda. E lo confermano le ultime collezioni prêt-à-porter per la primavera/estate 2018. La sovrapposizione tra imitazione, invenzione e metamorfosi sfila in passerella con le creature marine tailor-made dell’americano Thom Browne o con le trame aracnee e i dettagli leopard di Prada, o ancora con le stampe all-over di Versace.

Jungle. L’immaginario animale nella Moda ci restituisce così, con grande maestria, non solo quella che è la storia della riproduzione del manto animale dalla seconda metà del Novecento, ma anche una prospettiva concettuale che tratta la moda con fare storico e culturale, in grado di collocare il fenomeno animalier e le sue molteplici rappresentazioni nel nostro presente globalizzato e contaminato.

Credits

Jungle. L’immaginario animale nella moda

A cura di: Costanza Carboni, Ludovica Gallo Orsi e Simona Segre Reinach

Direzione scientifica: Simona Segre Reinach

Progetto scenografico: Pietro Ruffo

Reggia di Venaria, Sale delle Arti

12 aprile 2017 – 3 settembre 2017

Galleria

Figura 1: Christian Dior Haute Couture, Completo Jungle, Imprimé jungle esclusiva Bianchini Férier, decorato bambù, primavera-estate 1947. Photo Pat English
Figura 1: Christian Dior Haute Couture, Completo Jungle, Imprimé jungle esclusiva Bianchini Férier, decorato bambù, primavera-estate 1947. Photo Pat English
Figura 2: Stanza della mostra con scenografia di Pietro Ruffo
Figura 2: Stanza della mostra con scenografia di Pietro Ruffo
Figura 3: Alaia, Leopard Collection Autumn Winter 1991-1992 – Courtesy Jean Baptiste Mondino 1991
Figura 3: Alaia, Leopard Collection Autumn Winter 1991-1992 – Courtesy Jean Baptiste Mondino 1991
Figura 4: Jean Paul Gaultier, Abito farfalla, organza di seta con stampa a farfalla, primavera-estate 2014. Haute Couture collection, “L’Effet Papillon”
Figura 4: Jean Paul Gaultier, Abito farfalla, organza di seta con stampa a farfalla, primavera-estate 2014. Haute Couture collection, “L’Effet Papillon”
Figura 5: Iris Van Herpen, Fall 2017 Couture, Photo by Antonio Martinelli
Figura 5: Iris Van Herpen, Fall 2017 Couture, Photo by Antonio Martinelli

  1. Caratozzolo, V.C. (2017), L’animalier nella moda del anni sessanta. Risvolti di uno stile, in Segre Reinach, S. (ed) Jungle. L’immaginario animale nella Moda, Drago, Torino, p. 51.

  2. Vogue Italia, ottobre 1969, p. 66.