ZoneModa Journal. Vol.15 n.2 (2025), v–vi
ISSN 2611-0563

Inclusive Fashion

Flavia PiancazzoUniversità di Bologna (IT)

Monica SassatelliUniversità di Bologna (IT)

Roberta PaltrinieriUniversità di Bologna (IT)

Ricevuto: 2025-10-22 – Pubblicato: 2025-12-22

L’inclusività nella moda è un concetto complesso e in continua evoluzione, modellato da contesti culturali e storici anch’essi in costante mutamento. Negli ultimi anni, una maggiore consapevolezza sociale riguardo al concetto di diversità ha messo in discussione norme estetiche consolidate che escludevano la rappresentazione di corpi non conformi ai canoni, incluse le diverse condizioni fisiche, età, identità razziali ed etniche, e forme di espressione di genere. Questo ampliamento, favorendo la ridefinizione degli standard di bellezza, include sempre più anche la disabilità e la sua intersezione con altre forme di esclusione sociale.

La democratizzazione della moda, insieme alla crescente mediatizzazione dei contenuti visivi, ha trasformato profondamente l’ecosistema del settore, dando voce a nuove prospettive, diversificando i canoni estetici e stimolando riflessioni su come la moda venga comunicata e su come i marchi interpretino l’inclusività. Tuttavia, questi stessi processi hanno talvolta perpetuato forme di esclusione e rafforzato disuguaglianze sistemiche. Se da un lato la continua circolazione di immagini apre spazi a rappresentazioni alternative, dall’altro tende spesso a riprodurre modelli normativi e a mercificare le pratiche volte a promuovere una maggiore sensibilità culturale e sociale. Di conseguenza, la promessa di inclusività oscilla tra trasformazione autentica e gesti puramente performativi. Questo scenario in mutamento alimenta movimenti attivisti che chiedono maggiore visibilità per i corpi marginalizzati, in particolare per quelli segnati dalla disabilità, e favorisce una riflessione più profonda su cura, corporeità e vulnerabilità. Tali movimenti mettono in discussione le narrazioni dominanti e promuovono rappresentazioni più consapevoli nelle campagne pubblicitarie, sulle passerelle e nelle pratiche di design. Queste trasformazioni hanno trovato risonanza anche nella ricerca accademica: gli studi di moda stanno adottando approcci sempre più interdisciplinari e critici per esplorare il ruolo culturale e sociale della moda. Anche la formazione viene ripensata, con pedagogie che pongono al centro inclusività e pensiero critico, preparando le nuove generazioni a comprendere e trasformare le narrazioni sociali che attraversano il sistema moda.

Il numero di Zonemoda Journal, Inclusive Fashion, raccoglie contributi che esplorano l’inclusività da prospettive diverse, mettendone in evidenza le molteplici implicazioni e il suo potenziale trasformativo. Nel gruppo di articoli dedicato all’educazione alla moda inclusiva, Julie Gork, Vidmina Stasiulytė e Sugandha Gupta propongono un approccio multisensoriale alla didattica della moda come strumento per favorire inclusione e innovazione, attraverso pratiche ispirate agli studi sulla moda, la sensorialità e la disabilità. L’articolo di Eda Sanchez-Persampieri presenta casi studio inclusivi come strategia pedagogica per promuovere equità, partecipazione critica e consapevolezza intersezionale nei corsi di moda. Sara Kaufman, invece, racconta un progetto di design collaborativo tra studenti e persone con disabilità, mostrando come la co-creazione possa favorire la visibilità, l’accessibilità e promuovere un approccio più umano alla formazione. Spostando lo sguardo dai contesti educativi ai media, Veronica Innocenti analizza il ruolo della moda come strumento di resistenza e costruzione identitaria all’interno della lifestyle TV, affrontando le tensioni tra finalità educative e dinamiche commerciali globali. In ambito digitale, Ben Barry e Daniel Drak esplorano come gli utenti con disabilità impieghino modifiche nei videogiochi per generare rappresentazioni inclusive della moda, interpretando l’abito virtuale come spazio di resistenza, creatività e comunità. Come osserva Chiara Tessariol, la rappresentazione della differenza mediata dal consumo di immagini resta un nodo cruciale. Nel suo articolo, la studiosa sottolinea come l’inclusione spesso si fondi su una forma di mera produzione di contenuti piuttosto che su una reale trasformazione dei canoni. Un’altra prospettiva è quella di Diana Mounayer, che analizza il modo in cui l’industria della moda affronta la diversità religiosa attraverso il caso di Halima Aden. L’articolo critica le pratiche di inclusività performativa e propone modelli di co-design che mettano al centro le voci marginalizzate come via verso un cambiamento autentico. A chiudere il numero, il contributo di Ilaria Caielli, che offre una critica radicale del sistema moda attraverso la lente dei Disability Studies, proponendo una metodologia per ripensare i canoni estetici e la storiografia digitale mediante pratiche di visibilità radicale e resistenza algoritmica.

A completare il numero, diversi studiosi contribuiscono con brevi interventi, recensioni e interviste che arricchiscono la discussione sull’inclusività nella moda. Nella sezione Backstage, Cirus Rinaldi recensisce il volume italiano Oltre il canone, versione aggiornata e ampliata dell’originale francese Tu es canon, che include la traduzione italiana del Manifesto della moda inclusiva, già disponibile in altre lingue. La pubblicazione, sostenuta dal Centro di ricerca Culture Fashion and Communication dell’Università di Bologna, rientra tra le attività del Centro dedicate alla moda inclusiva, di cui questo numero fa parte. Nella sezione recensioni, Elisa Fulco analizza The Intersection of Fashion and Disability: A Historical Analysis di Kate-Annett Hitchcock, mentre Christel Arnevik riflette sulla mostra del Victoria and Albert Museum, Design and Disability (Londra, giugno 2025–febbraio 2026), che reinterpreta la disabilità come fonte di creatività e innovazione culturale. Elysia Ng recensisce invece Cripping Masculinity: Designing Fashion Utopias, Tangled Art + Disability (10 marzo–12 maggio 2023). Denis Domenichetti e Filippo Maria Disperati offrono un’analisi approfondita su come due designer italiani stiano ridefinendo la moda contemporanea attraverso rappresentazioni inclusive ed emotivamente coinvolgenti dell’identità e del corpo. Infine, Mariella Lorusso presenta un’intervista esclusiva con Ben Barry, che sottolinea il suo impegno nel trasformare il sistema moda in una struttura realmente inclusiva e decolonizzata, capace di riconoscere valore e desiderabilità a quei corpi che oggi restano marginalizzati ed esclusi.

Questo numero, ricco di riflessioni e prospettive, intende ispirare nuove ricerche e contribuire in modo significativo alla crescente produzione di studi dedicati alla ridefinizione critica del campo della moda.