ZoneModa Journal. Vol.15 n.1 (2025), 71–85
ISSN 2611-0563

Cappelli green di ieri e di oggi: intrecci e rifrazioni in fogge e materiali. Il caso niniche

Daniela CaciaUniversità di Torino (Italy)

She is an Associate Professor of Italian Linguistics at the University of Turin. Her primary research interests focus on the development of vocabulary from a historical-linguistic perspective, on language contact phenomena involving Italian and other languages, and on issues related to language education. She also conducts research in the fields of anthroponymy and literary onomastics.

Pubblicato: 2025-07-15

Abstract

The various influences that inspired fashion between the late nineteenth and early twentieth centuries profoundly transformed hat design and also contributed to the renewal of the Italian lexicon by introducing new terms. This paper explores the topic through the descriptions and images featured in fashion magazines and mail-order catalogs from the early decades of the twentieth century. Particular attention is given to the case of the Niniche hat, whose name exemplifies the phenomenon of deonymic derivation, offering insight into the interplay between fashion and language.

Keywords: Hats; Niniche; Deonyms; Fashion Plate; Fashion Magazines.

Nella storia dell’abbigliamento e del costume, il copricapo — inteso come qualsiasi tipo di copertura per la testa, di foggia e materiali diversi — è stato usato a seconda delle epoche e dei luoghi con funzione protettiva o più spesso ornamentale. Il movimento green dominante oggi nella moda ne incentiva l’uso, promuovendo capi di abbigliamento e copricapi prodotti con fibre naturali e a basso impatto ambientale e rivisitando ciclicamente la moda in stile Art Nouveau a carattere naturalistico.

Il contributo propone un excursus sul cappello e in particolare sul cappello in fibre naturali a ispirazione liberty floreale, procedendo attraverso alcuni momenti significativi della storia e del costume, a partire dalle influenze che ispirarono la moda tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento e arricchirono i cappelli di novità decorative, contribuendo anche a rinnovare il lessico italiano di nuove parole adatte a descrivere i cambiamenti introdotti.

Per l’indagine è stato raccolto un campione di circa cinquecento descrizioni di cappelli, tuttora in fase di studio, ricavate da cataloghi commerciali di vendita per corrispondenza1, riviste rivolte esplicitamente al pubblico femminile2 e periodici che proponevano una gamma di contenuti eterogenea, comprese specifiche sezioni dedicate alla moda. L’arco temporale si estende dai primi anni del 1900 al 1926 e le fonti consultate sono state, in dettaglio, le seguenti:

Dopo alcuni cenni introduttivi sulla veste linguistica in cui si presentano i materiali raccolti e sul rapporto tra componente verbale e componente visiva, seguiremo il percorso del cappello niniche tra vaudeville, spiagge e film muti.

Lo spoglio dei materiali conferma la forte componente esogena9 e neologica presente nella comunicazione scritta legata alla moda del periodo. I cataloghi di vendita di inizio secolo ricorrono con molta frequenza ai forestierismi, che sono quasi sempre di origine o quanto meno di provenienza francese. Alcuni esempi:

dal catalogo Bocconi Autunno Inverno 1903–1904, 22

PLATEAUX in velluto e seta, sottoala mussoline e nodi;

TOQUE in velluto nero o colorato, guarnita con riporti in pizzo torchon e nodo seta;

TOQUE peluche alta novità, nelle tinte bianco e nero e rosso e nero, entredeux velluto, nodo, torsade seta, fermaglio.

dall’Album novità Autunno–Inverno 1904–05, 12

CAPPELLO in feltro nero o colorato, con ricca guarnizione di coulis e seta Liberty a 2 tinte;

TOQUE in velluto e mousseline nera o colorata guarnita con ricco nodo di seta Liberty e fermaglio;

CAPPELLO forma BERGÉRE in velluto gauffrè nelle tinte marron, nero, grigio, bleu, castor, con ricca guarnizione seta Liberty e fantasia;

BEBÈ da 1 a 4 anni, in seta e velluto, nelle tinte crème, rosa, celeste, e rosso, con guarnizione di ruches e pomponi e brides.

del periodico Il Cappello Elegante n. 2 (15 maggio 1916): figurini nn. 53 e 2

CLOCHE SEMPLICE E GRAZIOSA PER SIGNORINA, in lisirée cucita a mano. Potrà essere bleu, nero, champagne o rossa, ornata da una coccarda di nastro tono su tono;

LARGA E GRAZIOSA CANOTIÈRE LEGGERMENTE A CLOCHE, eseguita in taffetà bleu Nattier. Fantasie di struzzo fermate da piccoli fiori in velluto nero.

La voce straniera non è però sempre riprodotta in modo conforme (si notino coulis per coulisse o plateaux per il singolare plateau) e in alcuni casi compaiono parole entrate da pochi anni nel lessico della lingua italiana (si veda cloche, cappello dalla forma a campana, molto aderente e con la tesa che scende a coprire la testa, presente anche nella locuzione a cloche, in uso dal 1913 con l’accezione indicata, cfr. GRADIT e Zingarelli 2025; entre-deux “tramezzo di pizzo o di ricamo inserito come guarnizione in un tessuto”, dal 1841, Zingarelli 2025; torsade “guarnizione a elica o a treccia, spec. in oro o argento”, attestato dal 1844 sul Corriere delle Dame),10 altre destinate a essere sostituite con le forme adattate alla lingua ricevente (gauffrè per il fr. gaufré con goffrato, registrato quest’ultimo dal 1956, secondo GRADIT, ma preceduto da goffrare dal 1933, cfr. GRADIT e Zingarelli 2025, designa un tessuto dalla superficie a rilievo,11 mentre la forma canotière per un tipo di cappello femminile in paglia lascerà il posto a canottiera, attestata dal 1936 per Zingarelli 2015 ma nel nostro campione ampiamente presente nei cataloghi del 1903, accanto al più datato canotto).

Per quanto riguarda l’integrazione tra immagine e testo, sono state privilegiate le descrizioni accompagnate dai figurini di moda,12 che ritengo indispensabili come fonte visiva a sostegno. Nel seguente caso, per esempio, tratto da una rivista specializzata del 1900, sarebbe difficile immaginare i dettagli del copricapo senza l’aiuto dell’immagine (Fig. 1) e poco aggiungerebbero i dizionari, che alla voce toque, quando presente in questa forma, forniscono indicazioni corrette ma soltanto in parte coincidenti con le caratteristiche della toque di nostro interesse, come “cappello da donna senza tesa, a tocco” o “piccolo cappello da donna, tondo, rigido e senza tesa, in voga spec. negli anni Trenta”(GRADIT).

Cappello moderno in forma toque. Una speciale novità è costituita dalla forma toque coperta di garza di seta colorata e nera con leggiera punta sulla fronte. Sopra tale forma si svolgono dei bordini di paglia in intreccio di seta nera, giacenti l’uno sull’altro a incrocio. La guarnizione composta di una foglia di palma artisticamente preparata si pone nelle pieghe della stoffa raccolta a rotoli sul mezzo della coppa. Pagliette lucenti spiccano sul tono nero della foglia a festoni che si può anche scegliere di garza irrigidita da filo metallico. La guarnizione è fissata da una borchia.13

Figura 1: La moda illustrata. Giornale illustrato per le famiglie (5 luglio 1900)

Metamorfosi in diacronia: il cappello niniche

Il 14 luglio del 1900, sul numero 37-38 di Pagine gentili incontriamo la seguente descrizione, priva di figurino. La descrizione compare all’interno della rubrica “Moda e Varietà”, che si proponeva di informare le maestre sulle ultime novità in fatto di abbigliamento e costume, e reca la firma della scrittrice Ida Baccini,14 celata dallo pseudonimo Parisina.

Toilette in batista bleu-pastello. La gonnella è formata da una serie di piegoline verticali interrotte da falsature color crema. La medesima guarnizione è ripetuta sulla camicetta. Gran cappello niniche di paglia fiorentina, guarnito con bluettes e nodi di trina greggia.15

L’autrice mette in evidenza le dimensioni del copricapo, il materiale e le decorazioni a base di nodi e fiori (bluettes, pseudo-francesismo per bleuets ‘fiordalisi’), ma non aggiunge particolari sulla foggia, segno che all’epoca il cappello niniche era noto alle lettrici e immediatamente identificabile nelle sue caratteristiche peculiari. Di questo accessorio oggi non troviamo alcuna traccia nei repertori specializzati16 e nelle opere lessicografiche consultate in cerca di un riscontro.17

La denominazione è formata da una locuzione deonimica che rievoca un personaggio della scena teatrale francese molto popolare negli ultimi decenni del XIX secolo. Niniche è infatti il nomignolo della briosa protagonista dell’omonima commedia da vaudeville firmata da Alfred Hennequin e da Albert Millaud e musicata da Marius Boullard, messa in scena per la prima volta al Théâtre des Variétés il 15 febbraio del 1878. Lo spettacolo si basava su una sequela di travestimenti ed equivoci conseguenti a identità scambiate ed era strutturato attorno alla figura di Niniche, ex cocotte parigina divenuta contessa, e dei suoi tentativi di recuperare una serie di lettere compromettenti per evitare lo scandalo e mantenere il marito ignaro del turbolento passato. La pièce godette di larga popolarità, anche grazie all’interpretazione di Anna Judic18 nel doppio ruolo di Niniche e della “comtesse Corniska” (Corniski nelle successive trasposizioni in lingua italiana). Judic univa alla presenza scenica anche abilità canore non scontate per le colleghe dell’epoca19 ed è noto che proprio interpretando Niniche fu notata da Émile Zola.20 Il Musée Carnavalet Histoire de Paris conserva una fotografia,21 datata, sul verso, 21 febbraio 1878 in cui l’attrice posa in tenuta da bagno con un piccolo cappello di paglia, nei panni della contessa durante il primo atto di Niniche (Fig. 2).

Possediamo inoltre un ritratto su tela di Anna Judic nel secondo atto di Niniche, ad opera del pittore Emile Wauters22 e risalente al 1879 (Fig. 3).

Il materiale, la forma e alcuni elementi peculiari si combinano sulla locandina che reclamizzava la messa in scena della pièce da parte della compagnia Schürmann, di cui Judic faceva parte.23 Dalla documentazione iconografica emerge un cappello in paglia con tesa più o meno grande a seconda dell’ambiente di utilizzo, dunque di dimensioni ridotte in città ma più ampie nella località balneare di Trouville in cui la trama prende avvio nel primo atto. La tesa risulta incurvata ad incorniciare il volto, ma lascia scoperta la fronte e la nuca (Fig. 4).

Figura 2: Anna Judic nel primo atto di Niniche (1878). Musée Carnavalet Histoire de Paris
Figura 3: Emile Wauters, ritratto di Anna Judic in Niniche (1879). Royal Museums of Fine Arts of Belgium
Figura 4: Locandina pubblicitaria della compagnia Schürmann. Bibliothèque nationale de France

La Judic portò il personaggio di Niniche nelle piazze delle principali città europee, si spinse sino in America24 e approdò anche ai teatri italiani, come diremo tra breve. Il passaggio da nome proprio a nome comune nella designazione del cappello fu immediato. Limitando le osservazioni alla lingua italiana, le prime attestazioni rintracciate rimontano a pochi mesi dalla prima recita pubblica di Niniche in Francia. A diffondere la denominazione sono dapprima i giornalisti attenti alle mutevolezze del costume. Sulla Gazzetta Letteraria del 16–23 novembre 1878, nella rubrica “Corriere della Moda”, tra i cappelli della stagione è citato “il Niniche”, senza ulteriori dettagli, mentre sul numero successivo del 23–30 novembre il riferimento al cappello serve a segnalare l’affacciarsi di preferenze di segno opposto: “il niniche, il cabriolet che tanto impicciolivano il capo, non tendono ora a scomparire, per lasciar posto a cappelli che incominciano ad ombreggiare la fronte?”.25

Nel 1879, all’interno di una raccolta di frasi sulla donna, compilata da Giovanni Battista Zafferoni, appare un passo firmato semplicemente “Ida”, che più di un indizio, a partire dallo stile, suggerisce di ritenere la stessa Baccini alla quale si deve la citazione di Pagine gentili da cui siamo partiti.

Chi crea la Moda? toujours la femme. — L’abito attilato26 che disegna squisitamente le nostre forme, che fa risaltare i rotondi fianchi, fu trovato per fermo da una donna alta, di belle fattezze, dai movimenti sciolti […] i grandi cappellini da una donna il cui capo era piuttosto voluminoso: i cappellini alla Niniche da una donna che possedeva una testolina ricciuta, piena di vezzi, una di quelle testine che rammentano le Madonne del Murillo.27

Tra il 1881 e il 1892 l’impresario Schürmann organizzò una serie di tournée in Italia.28 Sono documentate, tra l’altro, le rappresentazioni di Niniche al Teatro Niccolini di Firenze il 3 dicembre 1884 e al Teatro Sannazaro di Napoli il 17 dicembre 1884 con protagonista Anna Judic.29 Nel frattempo iniziarono a comparire alcune versioni in lingua italiana della pièce, rivisitata con l’alleggerimento delle parti musicali, e tra le interpreti fu molto apprezzata Pia Marchi Maggi (1847–1900), che meritò il soprannome di “Iudic italiana”30 e divenne poco dopo la prima donna a gestire una propria compagnia teatrale.31

Il 5 giugno del 1885 un giovane cronista destinato a future glorie, Gabriele d’Annunzio, poggia lo sguardo sulle dame che assistono al gran Derby di Chantilly:

Dallo spettacolo delle innumerevoli toilettes femminili, si potevano facilmente notare le tendenze generali della moda. […] La contessa d’Avaray aveva un costume di merletti bianchi con ornamenti squisiti di velluto nero, un cappello Niniche di merletti bianchi con un nodo di velluto nero.32

Un esempio letterario è offerto nel 1893 da Salvatore di Giacomo, che nel racconto fantastico La fine di Barth pone “la niniche” sopra l’orribile cranio di un fantasma:

Quel che più è rimasto nella mia memoria è il fantasma, quel fantasma che venne ad uccidere Barth. Vestiva d’un bianchissimo camice, che in sul petto si apriva come un tenerissimo fior di magnolia. Erano carni profumate, eran braccia del color delle rose. Ma un gran cappello a cuffia stava sopra un orribile cranio, di cui le vuote occhiaie splendevano come arrossate da un fuoco interiore. In su, terminava la donna in ischeletro. La donna aveva ucciso Fritz Barth. Il poetico cappello di paglia era un di quelli che il mio amico seguiva lungamente nelle libere birrerie viennesi. E la niniche m’era parsa fermata, sul cranio spaventoso, da uno spillone che passava tra un gruppo di vividi rosolacci.33

Qualche anno più tardi, lo stesso autore ricorre alla locuzione “cappelli […] a niniche” per descrivere ai contemporanei il tipo di copricapo femminile usato dalle dame di Napoli nel 1848.

Le signore portavano cappelli di velluto nero a niniche, e più eleganti eran quelli col bavolet34 corto, con la calotta (demi-ronde) un po’ tonda, con una semplice benda, pur di velluto, arrotolata intorno al cappello e con la veletta di pizzo. Il disotto del cappello era provvisto di una guarnizione di nastri a mazzi e di qualche fior spampanato.35

La carrellata mostra l’evoluzione del cappello tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, mentre nel decennio successivo il copricapo sembra ormai passato di moda, come testimonia nel 1910 la rivista mensile Ars et labor:

La Casa Amicy di Parigi, quella che embellit, annuncia alle signore un nuovissimo bizzarro cappello “Niniche”, tanto alla moda dieci o dodici anni fa: un cappello, oh gioia!, quasi piccolo: in trasparente, crine nero: è coverto da un “panache”,36 di piume grigie, a forma di salice piangente. Più che mai alla moda, questi “panache” di piume, a salice piangente, somiglianti ai “panaches”… sugli elmi dei Generali!37

Nel campione di testi esaminati per il presente studio, il nome torna ancora nel 1916, citato tra le pagine del periodico Il Cappello Elegante, supplemento del messaggero trimestrale delle novità di stagione La gran moda parigina: “CAPPELLO NINICHE PER SIGNORINA, in lisirée ciel, sottogola e annodatura in nastro double-face: bleu e nero, margherite in giallo chiaro”38 (Fig.5).

Figura 5: Il Cappello Elegante (15 maggio 1906)

Dal punto di vista lessicografico, la voce niniche viene segnalata come francesismo integrale da Alfredo Panzini soltanto a partire dalla terza edizione del Dizionario moderno del 1918,39 con una definizione succinta: “voce fem. fr. della moda, cappello da donna un po’ chiuso”.40 Il rilancio del copricapo e della relativa denominazione si devono in questo caso al cinema e all’uscita, in quello stesso anno, del film muto Niniche, basato sull’omonimo lavoro di Hennequin e Millaud, del regista e interprete Camillo De Riso,41 affiancato da Tilde Kassay42 nel ruolo della protagonista. Come si legge sul quotidiano La Stampa del 17 giugno 1918:

La commedia, intessuta di saporitissimi episodi e di “trovate” di una inesauribile gaiezza, offre modo all’arte muta di tradurre sullo schermo la figura gaia e indimenticabile di Niniche, non più circoscritta tra le oscillanti di un palcoscenico, ma libera, all’aria aperta, sul mare, squillante di sorrisi nella molteplice e complicata sua vita, in una cornice ben più ampia e pittoresca che non sia quella del proscenio. […] Tilde Kassay, nelle trine di Niniche, si dimostra abile e proteiforme, e così pure Gustavo Serena, nelle vesti, anzi nelle maglie, di Gregorio, il bagnino […] Per Niniche si preparano molte repliche fortunatissime.43

Sul manifesto che Giovanni Spellani disegnò per il film (Fig. 6), il cappello di paglia è ormai sostituito da una cuffia da mare in tela a motivi floreali, più consona alla moda del tempo.44

Figura 6: Locandina del film Niniche (1918)

Il termine ritorna nel 1925 nel volume di Pasquale De Luca Le principali voci italiane della moda, in cui l’autore ripropone la definizione di Panzini: “NINICHE: cappellino un po’ chiuso”. Con il passare del tempo e per probabile effetto delle rivisitazioni teatrali prima e cinematografiche poi e dell’adattamento degli abiti di scena, il copricapo perde dunque i suoi tratti distintivi e il legame tra il deonimico e il personaggio eponimo si attenua al punto da perdersi.

Da questo punto di vista appare significativo che Cesare Meano, nel compilare il Commentario-Dizionario italiano della moda45 nel 1932, inserisca il francesismo niniche nella “Guida per la versione delle voci e dei modi stranieri” posta in appendice al volume, facendola però risalire alla voce niche ‘nicchia’ e proponendo in alternativa la parola nicchietta.

NINICHE (franc. da niche, nicchia: voce d’origine italiana) detto di cappellino: cappello a nicchia, NICCHIETTA (vedi però Nicchio).46

NICCHIO Vedi: Tricorno47

TRICORNO Si chiama tricorno qualsiasi cappello che abbia tre punte. Eran famosi, e lo sono tuttavia, i tricorni del Settecento. Di quando in quando, nella moda femminile, il tricorno riappare, mutando ogni volta la misura delle punte, ovvero dei corni. Nella moda maschile, fortunatamente, non è più ritornato da quasi un secolo. Tricorno è pure il nome di quel piccolo cappello degli ecclesiastici, che in Toscana si chiama nicchio (propriamente conchiglia, o piccola lanterna a tre becchi). E perché non chiamare nicchio il tricorno delle signore, quando le sue punte siano poco pronunciate?48

In conclusione, dalle pagine delle riviste di moda e dai cataloghi di vendita per corrispondenza le figure femminili in miniatura raccontano una storia che va oltre l’abbigliamento. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la rappresentazione risultava ancorata alla resa realistica dell’abito e della persona, che veniva inserita in piccole scene di vita quotidiana. Con il mutare del gusto estetico, anche per influenza delle avanguardie artistiche, si assiste a una progressiva stilizzazione dell’immagine. La moda abbandona gli sviluppi in orizzontale di abiti, acconciature e accessori, e vira verso il verticalismo; i tessuti, archiviata la crinolina, diventano pieni, favorendo le forme scivolate e cascanti. Anche il cappello partecipa al cambiamento e nei primi due decenni del Novecento muta da accessorio di bellezza opulento e ingombrante a complemento funzionale della nuova figura femminile che aspira alla modernità e a nuovi stili di vita e negli anni Venti i grandi magazzini iniziano a proporre, oltre alle amatissime cloche e a molto altro, cuffie e caschi femminili per auto (“Bellissima Cuffia d’automobile, in pelle avana o marron, sotto gola”;49 “Casco per auto, in reps castor, beige o marron, con para-brise, modello praticissimo. Detto senza para-brise. Detto, in raso marron o nero).50

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  1. Per approfondimenti sui cataloghi di vendita nel periodo post-unitario cfr. Maria Catricalà, “Il catalogo Bocconi: vestirsi per corrispondenza a fine ’800,” in Per filo e per segno. Scritture della moda di ieri e di oggi, a cura di Maria Catricalà (Soveria Mannelli: Rubbettino Editore, 2004), 133–158.↩︎

  2. Sul linguaggio della moda nella stampa rivolta al pubblico femminile si rimanda a Giuseppe Sergio, Parole di moda. Il “Corriere delle Dame” e il lessico della moda nell’Ottocento (Milano: FrancoAngeli, 2010).↩︎

  3. Per informazioni sulla rivista e sulla sua rilevanza come fonte si veda Daniela Cacia, “Suggerimenti di moda per maestre e bambini nelle riviste magistrali del primo Novecento (e oltre),” in La moda francese e italiana (1880-1980), a cura di Paolo d’Achille e Maria Teresa Zanola (Firenze: Franco Cesati Editore, 2025), 207-217.↩︎

  4. Fratelli Bocconi Autunno Inverno 1903–1904, Milano: Bietti & C., periodico trimestrale n. 90, (settembre 1903).↩︎

  5. Fratelli Bocconi Album novità Autunno-Inverno 1904–05, Milano: Bietti & C., periodico trimestrale n. 94 (settembre 1904).↩︎

  6. Il Cappello Elegante, n. 2 (15 maggio 1916).↩︎

  7. La Rinascente Autunno-Inverno 1925–26, Milano: Turati Lombardi e C., supplemento n. 4 al catalogo semestrale n. 9 (31 gennaio 1926).↩︎

  8. La Rinascente Primavera-Estate 1926, Milano: Turati Lombardi e C., supplemento n. 4 al catalogo semestrale n. 10 (20 luglio 1926).↩︎

  9. Gli studi sui francesismi accolti nel lessico italiano della moda sono molto numerosi, pertanto mi limito a citare i contributi di Andrea Dardi, Dalla provincia all’Europa. L’influsso del francese sull’italiano tra il 1650 e il 1715 (Firenze: Le Lettere, 1992); Silvia Morgana, “L’influsso francese,” in Storia della lingua italiana, a cura di Luca Serianni e Pietro Trifone, Vol. 3 Le altre lingue (Torino: Einaudi, 1994), 671–719; Anna-Vera Sullam Calimani, “Esotismi nel linguaggio della moda: un sondaggio diacronico,” in Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, CXLIII (1984/1985), 163–195; Anna-Vera Sullam Calimani, “Nuovi esotismi nel linguaggio della moda,” in Saggi di linguistica e di letteratura in memoria di Paolo Zolli, a cura di Giampaolo Borghello, Manlio Cortelazzo e Giorgio Padoan (Padova: Antenore, 1991), 393–409; Maria Catricalà, “Il linguaggio della moda,” in Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, a cura di Pietro Trifone (Roma: Carocci, 2009), 105–129; Giuseppe Sergio, Parole di moda, op. cit.; Maria Teresa Zanola, “Francese e italiano, lingue della moda: scambi linguistici e viaggi di parole nel XX secolo,” in Lingue Culture Mediazione / Languages Cultures Mediation, Vol. 7, no. 2 (2020), 9–26.↩︎

  10. Giuseppe Sergio, Parole di moda, op. cit., 564.↩︎

  11. Ma DELIN, alla voce goffrare segnala la presenza di goffré nella terminologia di artigiani milanesi sin dal 1840 e si veda anche la forma, testimoniata nei dizionari piemontesi tra Settecento e primo Ottocento, gofré “increspare il panno” e “stampare le stoffe” cfr. Repertorio Etimologico Piemontese, a cura di A. Cornagliotti (Torino: Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2015), alla voce gofré.↩︎

  12. Per approfondimenti in merito si rimanda a Marisa Santarsiero, “Il figurino: l’immagine della moda nell’Ottocento,” in Il figurino di moda. La donazione di Carlo Gamba alla biblioteca Marucelliana (Roma: Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 1989), 37–56.↩︎

  13. La moda illustrata. Giornale illustrato per le famiglie, n. 127 (5 luglio 1900): 4.↩︎

  14. Sulla figura di Ida Baccini, maestra, giornalista e scrittrice di origini fiorentine (1850–1911) si rinvia alla voce del Dizionario Biografico dell’Educazione (DBE), Vol. 1: 75–76 e, per la collaborazione con la rivista, al saggio di Alberto Carli, “Supplementi letterari e pagine gentili. Ida Baccini, Luigi Capuana e I diritti della scuola tra il 1899 e il 1900”, in …il resto vi sarà dato in aggiunta. Studi in onore di Renata Lollo, a cura di Sabrina Fava (Milano: Vita e Pensiero, 2014), 195–207.↩︎

  15. Pagine gentili, n. 37–38 (14 luglio 1900): 313.↩︎

  16. A titolo d’esempio, Mariella Azzali, Dizionario di costume e moda. Dal filo all’abito (Roma: M.E. Architectural Book and Review, 2015) e Anna Canonica-Sawina, Le parole della moda. Piccolo dizionario dell’eleganza (Firenze: Franco Cesati Editore, 2016).↩︎

  17. DEI, DELIN, l’Etimologico; DISC, GDLI, GRADIT, Devoto-Oli 2017, Zingarelli 2025.↩︎

  18. Anne Marie-Louise Damiens (1849 o 1850–1911), nota con il nome d’arte Anna Judic (dal cognome del marito), attrice teatrale francese e soprano. Debuttò al Gymnase di Parigi nel 1868 e poi si esibì all’Eldorado nel 1869, ottenendo immediati consensi. La sua ultima esibizione fu al Folies-Bergère nel 1900. Per ulteriori informazioni si rimanda, tra gli altri, a Martin Banham, The Cambridge guide to theatre (Cambridge: Cambridge University Press, 1995), 581.↩︎

  19. Elena Oliva, L’operetta parigina a Milano, Firenze e Napoli (1860–1890) (Torino: De Sono Associazione per la Musica, 2020), 64–65.↩︎

  20. Émile Zola, “Le Vaudeville”, in Le Naturalisme au théâtre: les théories et les exemples (Paris: Charpentier, 1881), 344–350.↩︎

  21. La fotografia è consultabile al seguente indirizzo: https://www.parismuseescollections.paris.fr/fr/musee-carnavalet/oeuvres/portrait-d-anna-judic-anna-marie-louise-damiens-epouse-israel-dite-1850-28#infos-principales.↩︎

  22. Il quadro è conservato al Royal Museums of Fine Arts of Belgium di Bruxelles: https://fine-arts-museum.be/nl/de-collectie/emile-wauters-portret-van-mevrouw-judic-in-het-tweede-bedrijf-van-niniche?artist=wauters-emile.↩︎

  23. La locandina rientra nella collezione della Bibliothèque nationale de France ed è disponibile su Gallica: https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b9008101j.item.↩︎

  24. Banham, The Cambridge guide to theatre, 581.↩︎

  25. Per entrambe le citazioni cfr. Gazzetta Letteraria diretta da Vittorio Bersezio (Torino: Roux e Favale, 1878), 368 e 400.↩︎

  26. Così nel testo.↩︎

  27. Giovanni Battista Zafferoni, Che cosa è la donna?…Angelo o demone? Contraddizioni dei più celebri scrittori antichi e moderni (Milano: Perussia & Quadrio, 1879), 161.↩︎

  28. Giulia Bravi, “Pia Marchi Maggi e la specializzazione comica femminile nel teatro di fine Ottocento”, Arti dello Spettacolo / Performing Arts, anno VIII (2022): 79, https://www.artidellospettacolo-performingarts.com/wp-content/uploads/2022/12/Rivista_2022.pdf.↩︎

  29. Elena Oliva, “Cronologie”, terza parte del volume L’operetta parigina, disponibile esclusivamente online in accesso libero, https://www.lim.it/img/cms/Free%20Sample/Oliva-Parte%20Terza-Cronologie.pdf.↩︎

  30. Cfr. Luigi Rasi, I comici italiani: biografia, bibliografia, iconografia (Firenze: F.lli Bocca, poi F. Lumachi, 1897–1905): 75.↩︎

  31. Per approfondimenti si rimanda a Emanuela Agostini, “Pia Marchi Maggi”, Drammaturgia, 17 (7) (2021): 189–207.↩︎

  32. Gabriele d’Annunzio, Scritti giornalistici 1882-1888, Vol. 1 (Milano: Mondadori Editore, 1996), 406–407.↩︎

  33. Salvatore Di Giacomo, Pipa e boccale, racconti fantastici (Napoli: Bideri, 1893), 42–43.↩︎

  34. “Piccolo volant arricciato per cappelli e capote: copriva la nuca formando ‘ala’ troncata dietro”, Azzali, Dizionario di costume e moda, s.v. bavolet.↩︎

  35. Salvatore Di Giacomo, Il Quarantotto. Notizie, aneddoti, curiosità intorno al 15 maggio 1848 in Napoli (Napoli: Edizione del Corriere di Napoli Pei Tipi Bideri, 1903), 10.↩︎

  36. Pennacchio, francesismo integrale in uso in ambito militare dal 1817, cfr. Loredana Passafaro, “Forestierismi non adattati nel linguaggio della moda tratti dal GRADIT,” AVSI. Archivio per il Vocabolario Storico Italiano, Vol. 3 (2020): 48.↩︎

  37. Ars et labor. Musica e Musicisti. Rivista mensile illustrata, Vol. 2, no. 65 (15 luglio 1910): 587–588.↩︎

  38. Il Cappello Elegante, no. 2 (15 maggio 1906): figurino no. 98.↩︎

  39. Alfredo Panzini, Dizionario moderno. Supplemento ai dizionari italiani (Milano: Hoepli, 1918).↩︎

  40. Corsivo nel testo.↩︎

  41. Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano. I film della Grande Guerra 1918 (Torino: Nuova ERI-Edizioni RAI Radiotelevisione Italiana, 1991), 160.↩︎

  42. Nome d’arte di Matilde Cassai (1887–1964), attiva tra il 1915 e il 1921 in numerose pellicole prodotte dalle case di produzione Caesar Film e Polifilms.↩︎

  43. “Cronaca cittadina,” La Stampa, 17 giugno 1918: 3.↩︎

  44. Un’ulteriore riduzione cinematografica si ebbe nel 1925 con il film Niniche, di produzione tedesca, diretto da Victor Janson, interpretato dall’attrice Ossi Oswalda e dall’italiano Livio Pavanelli, con trama sensibilmente modificata.↩︎

  45. Cesare Meano, Commentario-Dizionario italiano della moda (Torino: Ente Nazionale della Moda, 1936).↩︎

  46. Meano, 448.↩︎

  47. Meano, 259.↩︎

  48. Meano, 399.↩︎

  49. La Rinascente Autunno-Inverno 1925–26, 41.↩︎

  50. La Rinascente Primavera-Estate 1926, 40.↩︎