La riflessione sulla moda, sulle sue caratteristiche e i suoi significati, ha da tempo dato luogo alla definizione di un vero e proprio campo interdisciplinare, complesso e plurale: i fashion studies. Una parte di questi studi riguarda i processi e i prodotti comunicativi, un ambito ampio che sembra oggi configurarsi come un vero e proprio sottogenere di riferimento. Numerose sono infatti le ricerche e le pubblicazioni dedicate ai modi in cui la moda comunica alla luce delle evoluzioni del sistema mass mediale, in particolare a partire dall’avvento di Internet e delle culture partecipative. Il libro di Mauro Ferraresi si inserisce in questo filone, presentando un approfondimento sui modi in cui la moda si racconta e sulle caratteristiche di queste narrazioni, sempre originali e innovative. La moda, come sappiamo, cambia incessantemente e, necessariamente, deve comunicare tale mutamento.
Per comprendere le ragioni e il senso di questo costante variare Ferraresi dedica due capitoli del libro alle teorie dei primi sociologi, fra i quali Gabriel Tarde, Georg Simmel, Thorstein Veblen che già alla fine dell’Ottocento si sono occupati del fenomeno, per arrivare agli studiosi contemporanei, inserendo anche le analisi di Ronald Barthes, Ted Polhemus e Diane Craine. Il passaggio significativo fra i primi e i secondi, evidenzia l’autore, sta nel sottolineare quanto oggi “i codici vestimentari [siano] diventati una forma di espressione del sé, e non più un’espressione del ceto sociale di appartenenza, dell’ordine di appartenenza o del potere che si vuole esprimere” (p. 99). La moda si configura infatti come un aspetto centrale della cultura: permette di rendere evidenti le trasformazioni sociali poiché si manifesta nelle abitudini quotidiane. L’evoluzione dei significati definiti dall’abbigliamento appare evidente a partire dai guardaroba: si pensi al momento in cui l’uso dei pantaloni da parte delle donne è diventato diffuso, o alla più recente adozione dei capi genderless. Entrambi gli esempi mostrano modi di esposizione pubblica dei cambiamenti della società.
Nel volume la moda viene presentata secondo diversi orientamenti allo scopo di comprendere, da un lato, il suo configurarsi come fatto sociale,1 perché legata ai modi di agire, di pensare e di sentire dell’individuo, e dall’altro la sua predisposizione ad accompagnare emozioni, poiché, scrive ancora Ferraresi, “sono gli abiti che modellano i nostri sentimenti e i nostri pensieri” (p. 21). Il sistema della moda viene esplorato per mezzo di un modello di business basato su sei livelli, rappresentando diverse modalità produttive, tutte oggi coesistenti: l’haute couture, o alta moda; il ready-to-wear o prêt-à-porter; gli stilisti medi; gli stilisti indipendenti; i marchi sportivi e lo sportwear; la grande distribuzione e il fast fashion. La permeabilità fra i livelli, afferma Ferraresi, viene sollecitata dal marketing attraverso operazioni di vario tipo, come il co-branding e il masstige che agiscono in modo significativo nelle proposte di comunicazione dei brand, attirando pubblici appartenenti a target diversi.
Le tante possibilità di comunicazione messe in campo dal fashion compongono il fulcro centrale del libro che va a focalizzarsi sulla relazione fra la moda e i media, tenendo conto delle trasformazioni che tale relazione produce per entrambi i settori. In sintesi Ferraresi coinvolge il suo lettore in un ragionamento che vuole capovolgere il punto di vista tradizionale, basato sull’importanza dei media nella relazione comunicativa, per proporre una nuova questione, e cioè: quanto la moda partecipa all’attuale rinnovamento dei media?
La moda, infatti, “non è solo un fenomeno sociale ma sempre più un fenomeno mediatico” (p. 107). I processi di mediatizzazione che investono il settore e che riguardano lo studio di più comparti risultano ancora in fase di esplorazione: dall’e-commerce, ai social network, al metaverso, fino alla realtà virtuale e aumentata. Nell’equilibrio fra ricerca accademica e sguardo rivolto al marketing, Ferraresi individua nella prima una importante prospettiva culturologica connessa a un insieme di variazioni legate soprattutto all’evoluzione tecno-comunicativa. “Sono i media a generare l’immaginario dei consumatori e sono sempre i media, o meglio la mediatizzazione della moda, a produrre derive e sovrapposizioni semantiche” (p. 129).
Le estetiche e i significati che accompagnano il mondo della moda appaiono oggi strettamente intrecciati all’universo mediale e definiscono contenuti che Ferraresi chiama modamediali. Ed ecco lo spunto innovativo: ‘ModaMedia’, un’unica parola, un neologismo coniato dall’autore che condensa due differenti campi semantici, ponendoli sullo stesso piano gerarchico, dunque dotandoli di uguali potenzialità.
Se la relazione fra moda e media appare oggi paritaria, determinando confronti e conseguenze per entrambi gli universi chiamati in causa, quali potranno essere i prossimi sviluppi? Su questo punto Ferraresi lascia al lettore la possibilità di crearsi una propria visione, presentando, in conclusione, un elenco che ripercorre eventi del mondo fashion degli ultimi decenni, sottolineando la loro matrice socio-culturale, e lasciando spazio a progressioni future. La narrazione della moda attraverso i media — e le sperimentazioni dei formati mediali attraverso la moda — ci suggerisce ancora Ferraresi, non potranno che continuare a stupirci.
Bibliografia
Durkheim, Émile. The Rules of Sociological Method. New York–London–Toronto–Sydney: The Free Press, 1982 [1895].
Émile Durkheim, The Rules of Sociological Method, (New York–London–Toronto–Sydney: The Free Press, 1982 [1895])↩︎