ZoneModa Journal. Vol.13 n.2 (2023)
ISSN 2611-0563

Moda & Storia. Come la moda ha scritto la storia

Emanuela Scarpellini

Pubblicato: 2023-12-20

Fashion & History. How Fashion has Written History

Il rapporto degli studi sulla moda con la storia ha una genesi lunga e complessa. In generale, si tratta di settori che non sempre hanno dialogato facilmente, complici diversità metodologiche e di contenuti, nonostante i tanti punti in comune. Eppure la storia è un elemento importante per comprendere lo sviluppo e il significato anche odierno dei fenomeni di moda, ricchi come sono di implicazioni politiche, sociali, economiche e culturali di lungo periodo. Da parte sua, anche la storia può beneficiare di studi specialistici come quelli sulla moda, che si focalizzano su aspetti della vita quotidiana e sociale in grado di fare luce su ampie costruzioni culturali di un dato periodo storico.

Ma andiamo per ordine. Potremmo dire che il rapporto tra moda e storia in tempi recenti ha conosciuto tre fasi. Nella prima, che arriva almeno fino agli anni Ottanta del Novecento, c’è stato un grande interesse soprattutto per gli aspetti legati alla storia dell’arte, e quindi all’estetica e alla valorizzazione dei prodotti di moda, fossero essi abiti, tessuti, arazzi, tappeti o altro. Una forte spinta in questo senso è stata data da specialisti di storia medievale e moderna, che hanno letto questi manufatti come parte integrante della cultura del tempo. L’analisi partiva da un’analisi dettagliata del capo e portava, con un metodo induttivo, a costruire un’interpretazione storica del periodo. Il risultato di questo felice connubio ha generato sia un eccellente filone di lavori storici, sia uno stretto contatto con le istituzioni museali per la valorizzazione degli abiti e tessili esposti. Davvero numerosi sono gli studi al riguardo, in Italia e fuori, e questa impostazione si è dimostrata resiliente e capace di continuare a produrre ottimi risultati.1

La seconda fase si apre verso gli anni Ottanta, con il rinnovamento degli studi storici a seguito del Cultural Turn, che apre nuove prospettive. Si innestano apporti derivanti dall’antropologia, dalla sociologia e dalla linguistica. Su questa base, a volte fortemente teorica, si sviluppa un nuovo campo di studi che conosciamo come Fashion studies. Non si tratta di un settore strettamente storico, quindi, ma di un complesso a volte eterogeneo di studi che mirano ad analizzare il significato simbolico e culturale della moda, spesso legato ai Cultural studies. Da questo punto di vista, si assiste anche a un allargamento degli studi verso la contemporaneità e, più recentemente, anche a un ampliamento in termini geografici verso aree non occidentali. Infatti, se il senso dei Fashion studies è che la moda è un fenomeno socio-culturale, allora non può essere ristretto alla tradizione occidentale, e in particolare europea, ma deve necessariamente comprendere anche regioni come quelle americana, asiatica e africana. Sviluppatosi dapprima nelle aree di lingua inglese, questo approccio si è ormai diffuso da tempo anche in Italia.2

La terza fase è più recente e si lega a una nuova svolta della storiografia, in parte insoddisfatta di alcuni approcci troppo teorici dei lavori storici. Si tratta del Material Turn, cioè di una rinnovata attenzione alla materialità degli oggetti, che mira a unire l’attenzione alla storia culturale con quella alla cultura materiale. Il senso di questo nuovo approccio è reagire, come spiega Giorgio Riello,3 ad un metodo divenuto molto teorico ed esclusivamente deduttivo, e che quindi partiva dalle teorizzazioni per scendere fino agli oggetti, ritenuti il necessario risultato delle condizioni socio-culturali e sostanzialmente privi di significato di per se stessi. La sintesi ora tentata cerca invece di avvalorare anche la materialità degli oggetti che, come già ricordava in un pioneristico saggio Arjiun Appadurai, hanno una loro vita sociale, una loro biografia.4

Già queste poche righe introducono alla grande ricchezza e varietà di studi che legano oggi la moda e la storia, in un rapporto sempre più fruttuoso, sia dal punto di vista metodologico sia contenutistico. Il numero di questa rivista vuole contribuire a questo dialogo, mostrando la varietà e creatività dei temi che si intersecano.

La prima sezione di questo numero monografico riguarda i luoghi, per sottolineare come la storia si intrecci alla memoria dei luoghi in maniera inestricabile. Disegnando le geografie storiche della moda, il primo saggio di Daniela Cacia ci porta nel Piemonte del Seicento, alla corte dei Savoia, per analizzare alcuni eventi centrali nella vita della corte come le danze. Di grande interesse è il materiale su cui è costruito il saggio, e cioè i codici conservati presso la Biblioteca nazionale universitaria e la Biblioteca reale di Torino, nonché gli atlanti di Giovanni Tomaso Borgonio, che ci restituiscono le forme di rappresentazione del potere, incarnato esemplarmente dal duca Carlo Emanuele II. Altri documenti, questa volta provenienti dall’archivio CSAC (Centro Studi e Archivio Comunicazione) di Parma, ci trasportano a Milano negli anni Settanta/Ottanta, presentandoci aspetti inediti di quello che è ritenuto il primo stilista moderno, Walter Albini. Valentina Rossi ricostruisce vari aspetti della figura di questo grande innovatore della moda, che pionieristicamente sfruttò le potenzialità del capoluogo lombardo come centro motore della nuova forma di moda, quella pronta industriale. Il saggio di Elena Fava ci porta quindi nella Firenze contemporanea, cioè in un’altra capitale della moda italiana. Le autrici non indagano però le conosciute vicende legate alla Sala Bianca e le prime sfilate di Giovanni Battista Giorgini, bensì una manifestazione degli anni Ottanta cha ha legato con uno spirito “postmoderno” moda e arte, e cioè il Pitti trend, originale palcoscenico per giovani artisti creativi, caratterizzato da atmosfere tipiche del nuovo millennio.

Se la prima sezione innesta le esperienze storiche della moda sul territorio, la seconda sezione riguarda l’uso dell’abbigliamento per la costruzione di una identità personale e sociale. Si inizia con l’indagine sulla mascolinità, rifacendosi a un fiorente settore di studi che da tempo ha ribaltato vecchi stereotipi, mettendo a frutto il lavoro teorico di vari filoni interpretativi (come i Men’s Fashion Studies, i Critical Studies on Men and Masculinities e altri). Gli autori Nicholas Bortolotti e Carolina Davalli proiettano la loro analisi teorica su un piano concreto, studiando la rappresentazione dell’abbigliamento e del corpo maschile in un contesto museale. A sua volta, anche la T-shirt ha costituito un capo iconico con un’evoluzione storica complessa, capace di dare vita a molteplici forme di appropriazione identitaria, come mostra Eleonora Chiais, ripercorrendo la sua genesi e analizzando alcuni casi studio rappresentativi. A seguire, possiamo osservare un interessante parallelo. Se la postura maschile è parte integrante della declinazione dell’immagine identitaria di genere, allo stesso modo, ci suggerisce Silvia Vacirca, i capelli e l’acconciatura sono storicamente una parte importante per definire il look femminile. Partendo da questo presupposto, l’autrice svolge un’analisi su un caso unico nel suo genere, e cioè quello di una star di Hollywood come Barbara Stanwyck, che si presentò al pubblico con i capelli grigi fin da relativamente giovane - come parte di un suo stile, contrapponendosi allo stereotipo delle attrici perennemente giovani (pena l’esclusione).

L’ultima sezione, infine, raccoglie saggi che affrontano tre grandi sfide che riguardano il mondo della moda. La prima si interroga sullo statuto stesso della moda nei confronti del mondo dell’arte, considerando ad esempio il fluttuante confine tra libertà creativa e necessità produttive, il ruolo dell’artista e il senso delle sue produzioni. Ripercorrendo un ricco dibattito teorico, Giuppy D’Aura suggerisce una lettura ricca di contrapposizioni ma anche di sconfinamenti e intersezioni tra i due campi. La seconda sfida rimanda a un tema centrale nelle proposte di moda contemporanee, e cioè il ruolo dell’heritage e l’uso del revival, così come proposto da Sofia Gnoli, in un excursus storico che illumina il peso centrale di queste riproposizioni fino ad arrivare all’odierno concetto di brand heritage, che si nutre di immagini ma anche più concretamente dei materiali archivistici sempre più valorizzati. L’ultima è la sfida della sostenibilità. Clizia Moradei e Alessandra Vaccari presentano lo stato dell’arte attraverso la scelta di parole chiave, a partire dalle note 3 P della sostenibilità (profitto, pianeta, persone), con l’aggiunta di altre parole, necessarie per arrivare a una migliore definizione e a un approccio concreto all’economia circolare.

Così, con uno sguardo che si muove di continuo tra passato e presente, tra codici sociali e culturali mutevoli, tra elementi di esclusività e inclusività, il rapporto tra moda e storia rivela in pieno la sua forza euristica.


  1. Gli studi al riguardo sono moltissimi e ci limitiamo a proporre come introduzione: Enciclopedia della moda, diretta da Tullio Gregory, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 3 voll. (vol. 1-2, Rosita Levi Pisetzky, Storia del costume in Italia; vol. 3, Universo moda), 2005. Sul rapporto con i musei: Anna Somers Cocks, The Victoria and Albert Museum: The Making of the Collection (Leicester: Windward, 1980); Musée de la mode, L’album du Musée de la mode et du textile (Paris: Réunion des Musèes nationaux, 1997); Caterina Chiarelli, Carlo Sisi e Giovanna Tennirelli, Galleria del Costume. Le collezioni. L’abito e il volto. Storie del costume dal XVII al XX secolo (Livorno: Sillabe, 2003).↩︎

  2. A riprova dell’interesse suscitato nel tempo dai Fashion studies, basterà ricordare la creazione di varie riviste specializzate di moda (fra cui la presente), nonché intere collane editoriali come quelle di Bloomsbury sul Fashion (in particolare Fashion and Culture). Anche in Italia sono presenti collane dedicate alla moda, fra cui segnaliamo Culture, moda e società (https://zonemoda.unibo.it/culture-moda-e-societa/).

    Per un’introduzione ai problemi del rapporto moda-storia si segnalano in questo ambito: Lou Taylor, The Study of Dress History (Manchester: Manchester University Press, 2002); The History of Fashion Reader: Global Perspectives, a cura di Giorgio Riello e Peter McNeil (Basingstoke: Routledge, 2010); Christopher Breward, Fashion (Oxford: Oxford University Press, 2003); Fashion Theory, a cura di Malcolm Barnard (Abingdon: Routledge, 2007); Moda. Storia e storie, a cura di Maria Giuseppina Muzzarelli, Giorgio Riello, Elisa Tosi Brandi (Milano: Bruno Mondadori, 2010).↩︎

  3. Writing Material Culture History, a cura di Anne Gerritsen e Giorgio Riello (London: Bloomsbury, 2021); The Cambridge Global History of Fashion, Volume 1: From Antiquity to the Nineteenth Century, a cura di Christopher Breward, Beverly Lemire e Giorgio Riello (Cambridge: Cambridge University Press, 2023).↩︎

  4. The Social Life of Things: Commodities in Cultural Perspective, a cura di Arjun Appadurai (Cambridge: Cambridge University Press, 1986).↩︎