Nel patrimonio della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e della Biblioteca Reale della medesima città sono conservati tredici codici che riproducono altrettante rappresentazioni in musica,1 allestite alla corte dei Savoia tra il 1640 e il 1681: Hercole et Amore Applaudenti al Natale di M.R., Gran balletto (1640, Chambéry); La Fenice rinovata, Balletto (1644, Fossano); Dono del Re del’Alpi à Madama Reale, Balletto (1645, Rivoli); L’Oriente guerriero e festeggiante, Festa a cavallo (1645, Torino); Il Tabacco, Balletto alle dame (1650, Torino); Gli Hercoli domatori de’ Mostri, et Amore domatore degli Hercoli, Carosello (1650, Torino); L’Educatione d’Achille e delle Nereidi sue sorelle, Gran Balletto (1650, Torino); Il Gridelino, Balletto alle dame (1653, Torino); I Bacchanali antichi, e moderni, Balletto alle dame (1655, Torino); La Primavera trionfante dell’Inverno, Gran Balletto (1657, Torino); L’unione perla peregrina Margherita reale e celeste, Gran Balletto (1660, Torino); Il Falso Amor bandito, l’Humano ammesso et il Celeste esaltato, Gran Balletto (1667, Torino); Lisimaco, dramma per musica (1681, Torino).
Gli eventi spettacolari erano ideati e realizzati in varia forma2 sulla base di un ricco calendario, programmato in coincidenza con le principali ricorrenze religiose oppure occasionati da nascite, genetliaci, matrimoni e prevedevano in genere sia sontuosi allestimenti pubblici sia momenti di festeggiamento riservati alla corte. Le norme d’etichetta imponevano la partecipazione attiva degli esponenti dell’aristocrazia sabauda e piuttosto spesso, specialmente in occasione dei balletti, l’intervento del duca, Carlo Emanuele II3 (1634–1675), chiamato a interpretare se stesso oppure a dare vita ad alcuni personaggi. Attraverso “la maraviglia degli apparati; con la stranezza degli habiti; con la vivezza degli atti, col bizarro metro de’ passi; al dolce ribombo (sic) di musicali strumenti, alludendo ad alcun salutevole ò politico documento; con tante mute Metafore quante attioni, e tanti misteri quante Metafore”, i balletti e le feste sabaude “ad un tempo ricreano, & ammestrano li veditori”.4
Le feste di corte sabaude sono state studiate soprattutto in ambito artistico e per il loro interesse sul piano storico-culturale.5 Tuttavia, poiché i codici miniati dal segretario ducale Giovanni Tommaso Borgonio6 includono la descrizione, a volte piuttosto dettagliata, delle scenografie, delle coreografie e del vestiario di scena, essi costituiscono una fonte preziosa anche per lo studio della moda e del costume del periodo e, contestualmente, per indagini sul linguaggio dell’abbigliamento allora in uso.
Nello specifico, il presente contributo focalizza l’attenzione sugli abiti indossati dal duca Carlo Emanuele II nei balletti7 torinesi. I brani estrapolati dagli atlanti borgoniani, che sono tuttora in larga parte inediti, vengono qui proposti in edizione conservativa, nel rispetto delle peculiarità grafiche e linguistiche di ciascun manoscritto. Le citazioni restituiscono una significativa documentazione di voci legate all’abbigliamento e pongono le basi per successivi e più sistematici raffronti sull’impiego di tessuti, fogge e colori destinati agli interpreti in relazione al loro ruolo, nella scena e nella vita di corte.
Vestire il Duca: potere e rappresentazione scenica
La serie dei balletti di corte sabaudi conservati nelle biblioteche torinesi si apre con un omaggio a Cristina di Francia per il suo compleanno, che viene festeggiato con un gran balletto dal titolo Hercole et Amore, approntato il 10 febbraio 1640 a Chambéry, antica capitale del Ducato di Savoia, dove la Reggente si era rifugiata con i figli. Carlo Emanuele II, che all’epoca aveva cinque anni, veste i panni di Amore e fa la sua comparsa per liberare gli “Habitatori Alpini,” resi folli da un maleficio scagliato dalla maga Urganda e dalla sua ministra Melissa. La trama riflette la difficile situazione politica creatasi alla morte di Vittorio Amedeo I, degenerata in un aspro scontro interno tra Madamisti filo-francesi, sostenitori di Cristina, e Principisti filo-spagnoli, sostenitori dei due cognati, Tommaso di Savoia e il cardinal Maurizio.
Hercole et Amore,8 c. 40
S.A.R. in habito d’Amore con capigliera bionda coronata di fiori, ignudo, se non quanto lo copre una rete di lama d’argento, con ali di ricche penne à gl’homeri, faretra al fianco, e l’arco in mano seguito da una schiera d’Amorini con un’ammirabile maestria, ch’eccede gl’anni fingendo hor di volare hor di scoccar saette, rapisce cól ballo non meno gl’occhi che i cuori.9
La fine del conflitto, sancito dal passaggio dei principi Maurizio e Tommaso al servizio della Francia, e il riconoscimento della legittima reggenza della Madama Reale per conto del figlio sono richiamati in forma allegorica nel balletto La Fenice rinovata, allestito in Fossano il 9 febbraio 1644. La duchessa Cristina è paragonata al favoloso uccello che si riteneva in grado di rinascere dalle proprie ceneri10 “Poiché in Carlo suo figlio, e nostro Sire, / Ella sa rinovarsi e non morire” (c. 40). Il duca bambino interpreta il “Tempo presente” e il “Sole”. Sebbene il codice non indulga in dettagli relativi all’abbigliamento dei due personaggi, le tavole dipinte (rispettivamente c. 9 e c. 37) consentono di cogliere nel primo caso il maggior grado di intensità attribuita al colore celeste rispetto alla consuetudine attuale (Fig.1), nel secondo la magnificenza del costume (Fig.2), che pare essere stato apprezzato a tal punto da Luigi XIV da volerlo riprodurre e indossare egli stesso nel Ballet royal de la Nuit11 (1653, Parigi).
La Fenice rinovata,12 c. 8
Segue il tempo presente, rappresentato da altri Putti alati vestiti di color celeste ricamato à stelle, i quali frà le loro felicità in giorno si glorioso portando ciascuno una sfera in mano, infra i moti dei piedi fissano lo sguardo fra le beatitudini del Cielo, accompagnando il ballo, et il suono ai rivolgimenti, et all’armonia degli eterni giri.
La Fenice rinovata, c. 36
Terminato il canto appare nella sua reggia luminosa il SOLE, cioè la persona di S.A.R. che accoppiando i raggi allo splendore, et alla Maestà del volto la maestria del ballo, fatto in uno anch’egli idolo, et adoratore saluta e festeggia non men con l’animo, col cuore, che col piede il dì natale dell’immortale sua genitrice.
Ad esaltazione della riconquistata unità dello Stato sabaudo intorno alla figura di Madama Reale interviene nel 1645 una festa organizzata al Castello di Rivoli, formata da cena e balletto, dal titolo Dono del Re del’Alpi à Madama Reale.13 Il principe offre alla madre il regno con l’omaggio delle province (Savoia, Piemonte, Contado di Nizza e Monferrato). Carlo Emanuele II compare dapprima tra i Savoiardi cacciatori di “gellinotte”,14 poi sul finale, nel “Gran Balletto dei Popoli Habitatori”, abbigliato da “Rè dell’Alpi”, teatralmente trasportato su un carro d’argento. Da segnalare che lo spettacolo è stato riproposto nell’estate del 2003 a Rivoli dalla Compagnia barocca dell’Istituto di Musica Antica Stanislao Cordero di Pamparato, sotto la direzione di Lorenzo Girodo.15
Dono del Re del’Alpi,16 c. 24
CEssato il canto, cedendo le voci al ballo comincierà la persona di S.A.R. la sua entrata. Seguito da due Pagi, rappresentando i Savoiardi, quali per balze, e per i monti fingono di cacciar con archi insidiosi le gellinotte […].
Dono del Re del’Alpi, c. 56
e spaccatosi un monte, vedrassi nella sommità di quello un cavo nella pietra tutto lucido di giacci, di christalli, e diamanti, nel quale sopra un carro d’argento saravi la persona di S.A.R. rappresentante il Rè dell’Alpi, vestito di tela d’argento bianca, e carco di diamanti.
Il Tabacco rappresentato a Torino per il Carnevale del 1650 rientra tra i cosiddetti “balletti ridicoli” e fu una delle composizioni più apprezzate del conte Filippo San Martino d’Agliè.17 Carlo Emanuele II, che aveva raggiunto la maggiore età nel 1648, interpreta uno dei turchi nel secondo balletto, dedicato alle nazioni nelle quali il tabacco era stato introdotto. Il codice (c. 18) custodisce una significativa concentrazione di voci legate all’abbigliamento, che la tavola pittorica dedicata ai turchi “Memet” e “Aly” (Fig.3) aiuta a decodificare con precisione.
Risultano ben visibili gli “allamari”, un tipo di allacciatura ripiegata in forma di cappio in cui entra il riscontro, che per l’epoca costituiva una novità. Il termine stesso è attestato dai dizionari della lingua italiana nella forma alamaro a partire dal 1658,18 dunque pochi anni dopo la messa in scena del Tabacco. Alla corte sabauda questo tipo di ornamento era in uso da tempo: nell’inventario degli abiti e degli oggetti appartenuti a Vittorio Amedeo I di Savoia dopo la sua morte, redatto a Torino il 23 novembre 1637, si elencano “Allamari d’oro e argento”, “Donzene d’altri allamari d’oro e argento più picolo”, “Donzene d’altri alla Polaca di setta et oro” e nell’elenco dei vestiti s’incontra “Una veste da notte di sattino cremesi passata d’oro con uselli et allamari simili”.19 Com’è noto, la voce risale allo spagnolo alamar (1555), a sua volta ricavata probabilmente dall’arabo al-amāra ‘cordicella; ornamento d’abito’, con articolo determinativo.
Tra le decorazioni svetta sul turbante un pennacchio d’airone, secondo la moda secentesca di ricorrere in larga misura a piumaggi esotici o meno, accompagnati da altre componenti ornamentali, già segnalata da Alessandro Tassoni nel 1622 (La secchia rapita 2, 31: “Parte il crine annodato e parte sciolto / portava, e ne la treccia a destra mano / un mazzo d’aironi a la bizzarra”) e ritornata poi in auge come motivo decorativo femminile e maschile tra Ottocento e Novecento.20
Il Tabacco,21 c. 18
S.A.R. & il Sig. Conte Giorgio Mombasilio rappresentando Memet, et Aly Turchi compariranno con giubbe di tela d’argento fine rigate, & intrecciate di vari colori con ricchi allamari di riselli con lunghe maniche di veli rigati, e ricamati à mezze lune, e rosette di lama, e talco, con stivaletti d’argento, Turbanti, e volanti del medesimo velo ricco d’una grand’ala di penne, con gemme, & Aironi. Saranno armati di Turcasso, ed arco. Questi prendendo Tabacco con le pippe d’oro, come sogliono i Turchi, per animarsi all’armi, nell’ammirabil vivacità, e destrezza di S.A.R. faranno vedere accoppiate insieme le arti dell’agilità, e quelle della fierezza maneggiando à tempi di ballo lucidissime scimitarre Damaschine.
Il 1650 fu anche l’anno del matrimonio tra Adelaide di Savoia, sorella minore di Carlo Emanuele II, e il principe ereditario di Baviera Ferdinando Maria. L’evento fu celebrato a Torino con il carosello Gli Hercoli domatori de’ Mostri, et Amore domatore degli Hercoli, al quale fece seguito il balletto L’Educatione d’Achille e delle Nereidi sue sorelle. A Carlo Emanuele II spettano tre entrate, nei panni di “Zeffiro”, “Gesidamo locrese”, schermitore, e naturalmente nelle vesti di Achille, nel corso del balletto dedicato a quest’ultimo e ai suoi compagni.
Gli “zeffiri più aerei” descritti nella c. 13 indossano una “ongherina […] di tela d’argento, tessuta à fiori” (Fig.4). La casacca ricorre nei costumi teatrali del Duca quattro volte (cf. infra Il Gridelino, c. 17 e c. 42; La Primavera trionfante dell’Inverno, c. 8), grosso modo con le stesse caratteristiche: si tratta di un modello simile al coletto, con maniche pendenti non troppo lunghe che lasciano intravedere l’indumento sottostante, forma svasata a partire dalla vita e falda corta. Il termine, di chiara derivazione etimologica, mostra una certa oscillazione nella resa grafica, in quanto risulta attestato nella forma ongarina nel 1597 nell’inventario testamentario dei beni di Alfonso II d’Este, come longarina (con concrezione d’articolo) nel 1616 tra gli indumenti femminili registrati nei corredi nuziali piemontesi,22 ungherlina (da collegare al fr. hongreline) nel 1643, ungherina dal 1685,23 ungarina intorno al 1756.24 La prima attestazione della forma ongherina, sinora risalente al 1698 circa,25 può dunque essere anticipata attraverso i testi dei balletti sabaudi.
L’allacciatura si trova davanti, adornata di fiocchi (Fig.6) oppure, nell’abbigliamento di Zeffiro, visibilmente impreziosita da “molte penne, verdi, incarnate, e bianche”. Il colore “incarnato” o “incarnatino”26 indicava una tonalità di rosa che iniziò a diffondersi nel Cinquecento, specialmente in ambito nobiliare, e fu particolarmente apprezzato lungo il Seicento.27 Il termine è impiegato da Lodovico Dolce nel 1565 come equivalente di “roseo”: “questo è propriamente quel colore, che da noi comunemente è detto incarnato: percioche egli rappresenta più, che altro colore, la nitidezza d’un fanciullo, e la rosa del volto d’una polcella”.28 Nelle tavole di Borgonio acquista una tonalità brillante (Fig.4) che lo avvicina al rosso, pur sussistendo una differenza cromatica rispetto al “color di fuoco”, come mostra il confronto tra la Figura 4 e le Figure 2 o 5.
L’Educatione d’Achille e delle Nereidi sue sorelle,29 c. 13
Q<u>esti saranno vestiti d’ongherina, e calze intiere di tela d’argento, tessuta à fiori. Haveranno ali alle spalle di talco, occhiute con vari colori. Saranno ornati, e cinti di girelli di molte penne, verdi, incarnate, e bianche, col cothurno d’argento30 à più colori, e la calzetta bianca. Porteranno in capo fiori, & un bonetto guernito di ventagli, e penne, à quali tremoleranno intorno à guisa di corona alcune farfalle.
L’Educatione d’Achille e delle Nereidi sue sorelle, c. 47
Con prontezza straordinaria nella sesta entrata compariranno due SCHERMITORI. […] Questi saranno vestiti con girelli bianchi, color di fuoco, e neri, con girelli ai bracci, & alla cintura. Haveranno petti, e cosciali di talco smaltati d’oro fatti à squaglie con incrociata nel mezzo di veluto nero guernita di gemme. Haveranno calzie intiere di lamiglia doppia d’argento, divisa con tagli di veluto nero parimente tempestato di diamanti; le calzette color di fuoco, & il bonetto di veluto nero carico di penne de’ medesimi colori, con aironi, e con i fioretti spade di scherma, combattendo, insegnando, con finte, repliche, cavate, mutanze di terza, e quarta, distingueranno mirabilmente questa entrata da ogn’altra, poiche esercitando un ballo armato con tanta leggiadria, e prontezza faranno conoscer ch’ove è gran maestria il peso dell’armi, e l’incommodo de’ ferri, non abbattono la dispostezza anzi sollevano la gloria de più necessari esercitij.
L’Educatione d’Achille e delle Nereidi sue sorelle, c. 93
BALLETTO D’ACHILLE, E DE SUOI COMPAGNI.
PRIMA ENTRATALa prima entrata sarà d’un ballo grave, e guerriero, accompagnato dal fuoco di trombe concertate con i violoni, al cui vivace, incentivo maneggiandosi le Aste, e preparandosi con preludij da scherzo i veri trionfi, s’imparerà nella Pace à seguirgl’honori del Campo, e della Guerra. Questi saranno vestiti dei colori di DORI, incarnato, isabella, bianco, e celeste, con calza intiera, ricamata d’oro, con i girelli al cinto, & alle maniche, e manto alle spalle degli stessi colori parimente ricamati. Haveranno il petto di rilucente acciaio, scimitarre al fianco, e l’elmo in capo carico di penne, le quali al moto delle danze daranno il volo alla gloria di si famosi, & fortunati Heroi.
Accanto al “color di fuoco”, dominante nei testi in esame,31 s’incontrano con frequenza le sfumature “isabella” e “gridelino”. La prima, con tre occorrenze nell’abbigliamento di Carlo Emanuele II (L’Educatione d’Achille e delle Nereidi sue sorelle, c. 93 e Figura 5; I Bacchanali antichi, e moderni, c. 12 e c. 41), indica una gradazione di fulvo chiaro, impiegata spesso in teatro per simulare la pelle nuda. Risale al fr. isabelle, attestato sul finire del Cinquecento: “couleur isabelle” (1595), anche nella locuzione “couleur d’isabel” (1607), “isavelle” (1616), “isabelle”32 (1640). Il cromonimo si diffonde nel Seicento nella lingua italiana nella forma adattata isabella e l’origine è stata aneddoticamente attribuita a una regina, per alcuni Isabella la Cattolica per altri Isabella d’Austria, e al voto di non cambiare la camicia fino alla fine di un lunghissimo assedio.33
Il “gridelino” era un colore di moda alla corte torinese nel Seicento in quanto tra i preferiti della prima Madama Reale e ad esso è dedicata un’intera opera ideata dal conte Filippo d’Agliè (1653). Come si osserva nella Figura 6, il colore corrispondeva a una delicata sfumatura di viola pallido, tra il grigio e il rosa, peculiare dei fiori di lino. La voce richiama infatti la locuzione francese gris de lin ‘grigio di lino’ (1612)34 e s’incontra nei documenti italiani in forma variamente adattata: 1637 “Veluto fondo d’argento gri di lin per veste”, “vestito di panno color di ratto guarnito a∙ffattione di setta gri di perla isabella e gri di lin”;35 1644 “gris de lino” e 1645 “gris di lino”; 1650 gridellino ecc.36 Le fonti consultate permettono di anticipare la data di prima attestazione del termine, stabile nei dizionari al 1668.37
Il Gridelino,38 c. 17
Pronti per coltivar la Scena, compaiono due GIARDINIERI, ABDOLOMINO e TARSIO ANFIA il primo de’ quali povero, benché di sangue Regio, mentre travagliava nel suo Giardino, fù fatto Rè dà Alessandro Magno, e l’altro divenne ricchissimo con la coltura d’un’horto. Questi con ongherine verdi, gridelline, e bianche, cól bonetto, penne, e calzetti di concerto, tutti ornati39 di fiori, e fiochetti di sete sù la tella d’argento, lieti nel volto, nell’habito, e ne’ salti, lavorando co’ rastri i campi, intrecciando con le carole, stampando con i piedi i fiori, adducono nel ballo la Primavera d’un’arte sì felice. E questo con tanta maestria e dispostezza, che nella perfettione del Ballo ogni salto pareva una pianta, ogni passo un fiore, et i Giardinieri, non horti pensili, ma giardini volanti.
Il Gridelino, c. 42
SUA ALTEZZA REALE pregiatissima gemma di valore, di bellezza, e di virtù, arricchito negli ornamenti d’una ongherina, calze, giubbone, e manto tutto di tella d’argento bianca, con calzetti, e maniche di color GRIDELINO, il tutto ornato in ogni parte, nelle guerniture di rose Grideline, sollevando il capo alla Maestà non meno che alla Corona, sostiene un vago, e fastoso cimiero di penne Grideline, e bianche, che vanno sventolando in mezzo ad una Corona, ricca di fiori, e gemme dell’amato colore, seco i suoi Cavalieri, vestiti della medesima foggia, formano un’Entrata, tutta piena di dispostezza, e gravità.
I Bacchanali antichi, e moderni furono rappresentati a corte nel 1655. In questo balletto ridicolo a tinte grottesche40 Carlo Emanuele II fa la sua comparsa dapprima nei panni di un indiano (c. 12) poi addirittura vestito da donna, con “fini, e lunghi capegli biondi composti con vaghissima acconciatura ingioiellata”, nell’entrata delle comiche Creta Regina e Elia Catulla (c. 41). L’abbigliamento femminile è descritto con precisione e prevede “sottane, e maniche di tela d’argento, rigata à più colori”, “una sottil camiscia di tela di seta” e “in banda due copertori41 di ricchi intagli, di punti in aria”, cioè due drappi, di colore diverso rispetto alla sottana e riccamente lavorati, che testimonia una raffinata tecnica già cinquecentesca impiegata in chiave ornamentale sui tessuti.42
I Bacchanali antichi, e moderni,43 c. 12
Terminato il Choro, et il ballo de’ Satiri, facendosi passaggio dalle horridezze dei Bruti alle maggiori gentilezze d’altra natione, sù l’ali d’una folta selva di penne, e d’uccelli di paradiso, compariranno due Indiani, egualmente Schiavi di Baccho nell’India, e disciolti in Nisa. Questi vestiti di satini isabella, arabescati d’oro, e d’argento, cól concerto d’incarnato e nero, con girelli alle spalle, al fianco, et una banda al petto tramischiata di ricche frangie, di lama d’argento, con i finimenti di gemme, e stivaletti d’oro, rompendo le catene, e maneggiando con misura alcune armi indiane, mostrano nella pompa dell’habito, e nella maestria dei balli, quanto sian lieti i trionfi di Bacco con la loro ottenuta libertà.
I Bacchanali antichi, e moderni, c. 41
Poiche inutili sarebbero i Teatri, e le Scene del Carnevale, se in quelle non campeggiassero le comedie; perciò à gloria delle rappresentationi, salgono liete, e baldanzose CRETA REGINA, quella, che all’Isola di Creta diede il nome, che non sdegnò d’aggiongere alla sua Corona i pregi del Comico socco, come inventrice, et Esecutrice dei muti Pantonimi. Et ELIA CATULLA, qual nobilissima, e ricca, in presenza d’Augusto recito mirabilmente in comedia. Queste seguendo lo stile del Drama, facile nelle introduttioni, e difficile nel scioglimento, sotto habito delle Cingare, che falsamente promettono gran fortune, saranno vestite con sottane, e maniche di tela d’argento, rigata à più colori, cioè celeste, Isabella, incarnato, e bianco, haveranno sopra una sottil camiscia di tela di seta listata di riselli d’argento, con fattuccie di lama di più sorti. Haveranno in banda due copertori di ricchi intagli, di punti in aria, calzetti, e sca
pe di concerto; e mentre le caderanno frà le spalle le treccie, e voleranno per l’aria fini, e lunghi capegli biondi composti con vaghissima acconciatura ingioiellata; portando in mano inargentati taballi, al suono di quelli aggiustando il ballo, hor con salti, hor con balli, e gesti, hor con giri di minuti passi, mostreranno mirabilj, non meno nel leggiadro vestire, che nelle curiose maniere del ballare tutte quelle meraviglie che con recitationi, intrecciamenti, groppi, mutationi di scene, suole rappresentar’ ogni ben regolata Comedia.
Quanto al balletto La Primavera trionfante dell’Inverno, composto nel 1657 per il compleanno della duchessa Cristina, e L’unione perla peregrina Margherita reale e celeste, allestito nel 1660 per il matrimonio tra Margherita Violante (Iolanda) di Savoia, sorella di Carlo Emanuele II, e Ranuccio II Farnese, duca di Parma e Piacenza, mi limito a riportare le citazioni d’interesse per il presente studio, rimandando alla recente edizione dei due codici.44
La Primavera trionfante dell’Inverno45
c. 8: ai primi cenni dell’INVERNO compaiono due habitatori del GROENLAND […] Questi all’uso del loro paese, vestendo un’ongherina, calze, e picola mozzetta, tutta di pelli d’animali tinte per vaghezza in vivissimo color di fuoco, il tutto tramischiato di lamiglie listate di grosse frangie, e lame d’argento, portando bonetto cinto di varie pelli, e penne della divisa, con bizarro cimiero in capo, strisciando, scivolando, et agitando mazze d’argento, ballano in modo, che nei tremori hora mostrano le sofferenze del freddo, hor con gran salti fingono di scaldarsi; si che, quasi confondendo il caldo, e’l freddo, co’l piede di vivo argento, fanno dileguar le nevj.
c. 48: Saranno questi [venti] due Boreali […] e due Australi […] sotto ai poli Artico, et Antartico, egualmente gelati, alati nelle spalle, ne piedi, e nel capo, come nell’habito nei colori di silvia, bianco, e celadone, framischiati di tremolanti d’argento, e di goccie di talco, mostreranno quasi con alati specchi tutti i pregi del gelo, e del volo.
[C]on mascherine à gote gonfie, che dalla bocca spireranno garze con mirabile ornamento, faranno soffiar le aure frà le penne degli augelli; e per additar le acute ferite46 dell’aria, portano un mazzo di saette.
c. 94: vedransi spuntare dodeci Heroi di Flora, quali con busti, girelli, bonetti, maniche, e manto di tele d’argento, bianche à fiori con gran cimieri in capo di diversi colori, portando nelle corone, et attorniate le haste che haveranno in mano gl’istessi fiori, ne quali furono mutati, spargendo i fiori con i passi gravi, e leggiadri formeranno il GRAN BALLETTO.
c. 95: Questi47 […] porteranno gli habiti dei colori, alludendo à quelli dei fiori, nei quali furono trasformati […].
L’unione perla peregrina Margherita reale e celeste48
c. 63: Questa [nuvola] […] dividerassi in quattro parti, portando in terra quei Folgori, che sono le armi del Cielo, e ben adequatamente verranno simboleggiati da chi è lo splendore, et il Folgore dell’armi. Portera questa sì meravigliosa inventione la persona di S.A.R. li Signori Baron di S. Ioire, Baron di S. Michele, e Cavalier di Mombasilio, quali vestiti di satino color di fuoco, ricamato à fiamme d’oro, con penne ali, et folgori in mano, riccamente intesi del medesimo concerto agiteranno con destrezza, et agilità sì grande il corpo, et il piede, che lanciando in diverse misure i folgori accesi, non cederanno ai chiarori de i lampi, ne all’attività del fuoco.
c. 133: INtanto S.A.R. con otto Cavalieri sotto titolo d’ALCIDI di SAVOIA, et otto HERCOLI dj PARMA tutti riccamente ornati di gran Cimieri con gioie, aironi, et habiti corrispondenti à simboli, e colori delle due Famiglie, gli uni di concerto bianco et incarnato, e gli altri d’oro, e celeste, con pelli di leopardi macchiate à modo di bande al petto, con le mazze alla mano, formeranno un maestoso Balletto […].
Non molto aggiunge allo studio del lessico del vestiario teatrale Il Falso Amor bandito, l’Humano ammesso et il Celeste esaltato (1667), almeno per quanto riguarda i ruoli interpretati dal duca, salvo consentirci di ricordare gli avvenimenti nel frattempo intercorsi, ovvero la scomparsa di Madama Cristina (1663), la morte della giovanissima Francesca d’Orléans-Valois (1664), prima moglie di Carlo Emanuele II, e il matrimonio di quest’ultimo con Giovanna Battista di Savoia-Nemours, divenuta seconda Madama Reale (1665).
Il Falso Amor bandito, l’Humano ammesso et il Celeste esaltato49
c. 48: Balletto degli Amori Humani
DEll’Armi, e della Guerra Amanti generosi, avezzi alle fatiche, e dell’arte militare mirabilmente instrutti, compariscono due SOLDATI. Armano questi di lucida Corazza il petto, portano in capo carico di folte penne un’elmo risplendente, maneggiando col ballo le spade, e nel color di fuoco, che lampeggia nell’habito, mostrano l’ardor interno, el’ valore, con quali sono atti à trionfar de Regni, e degli Imperij.
c. 77: Giunti li Dei in terra […] Vestono d’habiti ricamati d’oro e d’argento con manti alle spalle, e folti Cimieri di penne in capo, onde riempiono di maestà la Scena, e con si pomposo choro pare che sia disceso il cielo in Terra.
Lo spoglio dei codici, seppur circoscritto ai ruoli riservati al duca Carlo Emanuele II nei balletti allestiti tra 1640 e il 1667, evidenzia l’impiego di un linguaggio colto e di un lessico articolato, che, per quanto riguarda l’abbigliamento, mostra apertura verso suggestioni esogene, provenienti tanto dalla Francia quanto dalla Spagna. Accanto a prestiti di durata più o meno lunga e a voci mai entrate stabilmente nella lingua italiana, la lettura incrociata dei documenti e dell’apparato iconografico tratteggia e fissa nel tempo i dettagli specifici delle vesti, i tipi di ornamento e le preferenze cromatiche, sottraendoli all’oblio insito per natura nel carattere effimero delle feste di corte.
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Wartburg, Walther von. Französisches Etymologisches Wörterbuch. Bonn–Basel: Zbinden, 1922 e sgg.
Trovano posto nel deposito della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (di seguito BNU) anche le musiche dei seguenti balletti: Hercole et Amore, Il Giubilo del Sole Alpino (1641, Chambéry), La Fenice rinovata, Dono del Re del’Alpi, Il Carneval languente (1647, Torino), Il Tabacco, Il Gridelino. Per approfondimenti sui fondi musicali piemontesi si vedano Annarita Colturato (a cura di), Le fonti musicali in Piemonte. [I] Torino (Lucca: Libreria Musicale Italiana, 2006) e Alberto Basso, L’Eridano e la Dora festeggianti. Le musiche e gli spettacoli nella Torino di Antico Regime (Lucca: Libreria Musicale Italiana, 2016).↩︎
Nell’opera del padre gesuita Claude François Ménestrier, Traité des Tournois, Ioustes, Carrousels et Autres Spectacles Publics (Lyon: chez Iacques Muguet, 1669), l’Autore distingue “carrousels, courses, ioustes, mascarades, tournois, intermedes, loteries, ballets, combats sur l’eau e feux d’artifice”, descrivendo i balletti come “representations harmoniques, & cadencées des choses naturelles, & des actions humaines” (Ménestrier, 7–8).↩︎
Figlio di Vittorio Amedeo I di Savoia e di Cristina di Francia, sorella di Luigi XIII; successe al fratello Francesco Giacinto nel 1638 e fu duca di Savoia e sovrano dello Stato sabaudo.↩︎
Sono le parole di Emanuele Tesauro, Il Cannocchiale aristotelico (Torino: Bartolomeo Zapatta, 1670), 56 a proposito dei “Figurati Balletti” (cito dalla quinta e definitiva impressione; prima edizione 1654).↩︎
Cf. i lavori di Mercedes Viale Ferrero, Feste delle Madame Reali di Savoia (Torino: Istituto Bancario San Paolo, 1965); Margaret McGowan, “Les fêtes de cour en Savoie. L’oeuvre de Philippe d’Agliè”, Revue de la Société d’Histoire du Théâtre, Vol. XXII n. 3 (1970): 181–241; Mercedes Viale Ferrero, Storia del Teatro Regio di Torino III. La scenografia dalle origini al 1936 (Torino: Cassa di Risparmio di Torino, 1980), con particolare attenzione al cap. 1, “Scene e costumi del Seicento”; Mercedes Viale Ferrero, “Le feste e il teatro”, in Diana trionfatrice. Arte di corte nel Piemonte del Seicento, a cura di Michela Di Macco e Giovanni Romano (Torino: Allemandi, 1989), 74–94; Marie Thérèse Bouquet-Boyer (a cura di), Le ballet aux XVIe et XVIIe siècles en France et à la Cour de Savoie (Genève: Slatkine, 1992); Margaret McGowan, “Le ballet en France et en Savoie: ses effets et son public, 1650–1660”, in Les noces de Pélée et de Thétis (Venise, 1639 — Paris, 1654), a cura di Marie Thérèse Bouquet-Boyer (Bern: P. Lang, 2001), 13–32; Franca Varallo, “Le feste da Maria Cristina a Giovanna Battista”, in Storia di Torino IV. La città fra crisi e ripresa (1630–1730), a cura di Giuseppe Ricuperati (Torino: Einaudi, 2002), 483–502; Clelia Arnaldi di Balme e Franca Varallo (a cura di), Feste barocche. Cerimonie e spettacoli alla corte dei Savoia tra Cinque e Settecento (Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale, 2009); Cristina Santarelli, La gara degli elementi. Acqua, aria, terra e fuoco nelle feste sabaude (1585–1699) (Lucca: Libreria Musicale Italiana, 2010); Alberto Basso, L’Eridano e la Dora festeggianti, specialmente i capitoli V–VII; Clelia Arnaldi di Balme e Maria Paola Ruffino (a cura di), Madame Reali. Cultura e potere da Parigi a Torino: Cristina di Francia e Giovanna Battista di Savoia Nemours 1619–1724 (Genova: SAGEP Editori, 2019).↩︎
Sulla figura dell’eclettico calligrafo, attivo alla corte dei Savoia dal 1649, divenuto segretario ordinario di Carlo Emanuele II nel 1652 e aiutante di Camera dal 1655, si rimanda alle voci Borgonio, Giovanni Tomaso in Alessandro Baudi di Vesme, Schede Vesme. L’arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo (Torino: Società piemontese di archeologia e belle arti, 1963–1982), Vol. I (1963), 174–77, e in Luciano Tamburini, Dizionario Biografico degli Italiani (Roma: Istituto della Enciclopedia italiana, 1971, https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-tomaso-borgonio_%28Dizionario-Biografico%29/), da completare con Arabella Cifani e Franco Monetti, “Il Carnevale languente,” in Feste barocche. Cerimonie e spettacoli alla corte dei Savoia tra Cinque e Settecento, a cura di Clelia Arnaldi Di Balme e Franca Varallo (Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale, 2009), 98–100.↩︎
Vengono esclusi la festa a cavallo del 1645, il carosello del 1650 e il dramma per musica del 1681.↩︎
Torino, Biblioteca Reale, Storia Patria 952.↩︎
La trascrizione risponde a criteri di conservatività, pertanto sono state mantenute le scelte grafiche e linguistiche presenti nei manoscritti, relativamente ad esempio all’alternanza tra maiuscole e minuscole, alla punteggiatura, alla suddivisione delle parole, all’uso di accenti e di apostrofi. Gli interventi riguardano la distinzione tra u e v, introdotta secondo l’uso moderno, e lo scioglimento delle abbreviazioni, segnalate in corsivo. Le parentesi uncinate < > segnalano un’integrazione per omissione di scrittura.↩︎
L’immagine è tratta da Emanuele Tesauro, che nel 1632 aveva dedicato a Cristina di Francia il panegirico La Fenice per la nascita del figlio primogenito, poi morto prematuramente, Francesco Giacinto.↩︎
Franca Porticelli, “La Fenice rinovata,” in La Fenice rinovata: ballato in Fossano (Savigliano: L’Artistica editrice, 2007), XIX. Il volume riproduce in facsimile il manoscritto.↩︎
BNU, segnatura q.V.63.↩︎
Sui significati simbolici connessi alle scenografie del balletto cf. Fausto Testa, “La costruzione retorica dell’identità politica nella festa di corte sabauda in età barocca: i Simboli in fatto dello Stato nel banchetto del Dono del Re dell’Alpi (Rivoli 1645),” in Architettura e identità locali, a cura di Lucia Corrain e Francesco P. Di Teodoro (Firenze: L.S. Olschki, 2013), 477–492.↩︎
Prestito dal francese gelinotte, designa un uccello selvatico galliforme simile alla pernice. Il termine è presente nel dialetto piemontese, che conosce gëlinòta “francolino di monte”, cf. la voce corrispondente nel REP: Repertorio etimologico piemontese, a cura di Anna Cornagliotti (Torino: Centro Studi Piemontesi, 2015).↩︎
Patrizio Romano, “Tra romanticismo e Barocco”, Torino Sette, 29 agosto 2003, 57.↩︎
BNU, segnatura q.V.60.↩︎
Vissuto tra il 1604 e il 1667, discendente di Giuseppe Cesare San Martino d’Agliè, marchese di San Germano, ricoprì diversi incarichi di rilievo alla corte sabauda (gentiluomo di camera del principe Maurizio di Savoia, alfiere nella compagnia di corazze delle guardie di Vittorio Amedeo I) e durante il periodo della reggenza godette di un grande favore presso Cristina di Francia. Il Tabacco è stato oggetto di una rielaborazione moderna a cura della coreografa Susanna Egri nel 1985 (prima assoluta al teatro Romolo Valli di Reggio Emilia), con costumi riprodotti dalle tavole di Borgonio dalla Sartoria Artistica Teatrale di Torino (cf. libretto di sala, Teatro Carignano, 5 settembre 1990, https://www.byterfly.eu/islandorasearch?type=dismax&f[0]=dc.description%3A%22Compagnia%20I%20lalletti%20di%20Susanna%20Egri%22).↩︎
Cf. DELIN, GRADIT, Nuovo Devoto Oli, Zingarelli 2024, alla voce alamaro.↩︎
Daniela Cacia, “Bochincani e cocomar. Contributo allo studio del lessico della moda e dell’arredamento nel Seicento”, in Di nomi e di parole. Studi in onore di Alda Rossebastiano, a cura di Elena Papa e Daniela Cacia (Roma: ItaliAteneo, SER Editrice, 2017), 445–461.↩︎
Cesare Meano, Commentario-Dizionario italiano della moda (Torino: Ente Nazionale della Moda, 1936), alla voce airone commenta: “Oggi, com’è noto, il pennacchio d’airone non è solo utilizzato per ornare i cappelli e le acconciature delle signore, ma anche le feluche dei generali”.↩︎
BNU, segnatura q.V.59.↩︎
Alda Rossebastiano, Il corredo nuziale nel Canavese del Seicento. Contributo alla storia della lingua e della cultura (Alessandria: Edizioni dell’Orso, 1988), 418: “robone co longarina quatro, ziponi de damascho et ormesino quatro”.↩︎
GRADIT, alla voce ungherina.↩︎
Cf. per rimandi bibliografici puntuali e approfondimenti Wolfgang Schweickard, Deonomasticon Italicum. Dizionario storico dei derivati da nomi geografici e da nomi di persona (Berlin/Boston: de Gruyter, 2013), alla voce Ungheria.↩︎
Schweickard, alla voce Ungheria.↩︎
GRADIT, alla voce, che lo registra nel 1583 nella commedia di Bernardino Lombardi, L’alchimista.↩︎
Per la storia del colore si rimanda a Chiara Buss, Seta. Dizionario delle mezzetinte 1628–1939. Da Avinato a Zizzolino (Cinisello Balsamo: Silvana Editoriale, 2013), 80–83.↩︎
Lodovico Dolce, Dialogo di M. Lodovico Dolce, nel qual si ragiona delle qualità, diversità e proprietà dei colori (Venetia: appresso Gio. Battista Marchio Sessa, et Fratelli, 1565), 15.↩︎
BNU, segnatura q.V.58.↩︎
Dittografia emendata.↩︎
L’Educatione d’Achille e delle Nereidi sue sorelle c. 47, La Primavera trionfante dell’Inverno c. 8, L’unione perla peregrina Margherita reale e celeste c. 63, Il Falso Amor bandito c. 48.↩︎
Andrea Dardi, Dalla provincia all’Europa. L’influsso del francese sull’italiano tra il 1650 e il 1715 (Firenze: Le Lettere, 1992), 187–188.↩︎
Dal 1650 (GRADIT, DELIN, Zingarelli 2024, alla voce isabella). Per ulteriori riscontri cf. Alda Rossebastiano, “La Francia alla corte delle Madame Reali: i colori della moda in Piemonte (sec. XVII)”, Contributi di filologia dell’Italia Mediana, Vol. XX (2006): 81–104.↩︎
Cf. Elena Papa, “Dalle feste sabaude al Teatro Regio: lessico settoriale e contatti interlinguistici”, in Actes du XXIXe Congrès international de linguistique et de philologie romanes, a cura di Lene Schøsle e Juhani Härmä, con la collaborazione di Jan Lindschouw (Strasbourg: ELiPhi, 2021), che ha anticipato di qualche anno la data (1617) indicata da Walther von Wartburg, Französisches Etymologisches Wörterbuch (Bonn–Basel: Zbinden, 1922 e sgg).↩︎
Cito dall’inventario dei beni appartenuti a Vittorio Amedeo I di Savoia, cf. Cacia, “Bochincani e cocomar”.↩︎
Per ulteriore documentazione rimando agli studi di Alda Rossebastiano, in ultimo, con ampia bibliografia, Alda Rossebastiano e Elena Papa, “Il ruolo della corte ducale nella diffusione dei francesismi nella lingua italiana (secc. XVI–XVII)”, in 1416: Savoie Bonnes Nouvelles. Studi di storia sabauda nel 600° anniversario del Ducato di Savoia, a cura di Gustavo Mola di Nomaglio (Torino: Centro Studi Piemontesi, 2021), 745–780.↩︎
Cf. Dardi, Dalla provincia all’Europa, 187; GRADIT, DELIN, Zingarelli 2024, alla voce gridellino.↩︎
BNU, segnatura q.V.61.↩︎
Dittografia emendata nella trascrizione.↩︎
Cf. Viale Ferrero, Feste delle Madame Reali, 51–52.↩︎
Il termine, dal latino coōpertorium “copertura”, ha acquisito localmente una specializzazione semantica, indicando nel dialetto piemontese la mantellina o il drappo di seta con cui si copre il bambino per portarlo al battesimo (cf. REP, alla voce cuvërtor).↩︎
Sui “punti in aria” cf. Rosita Levy Pisetzky, Storia del costume in Italia (Roma: Istituto della Enciclopedia Italiana, 2005, ristampa dell’edizione 1964–69), 603.↩︎
Torino, Biblioteca Reale, Storia Patria 953.↩︎
Cf. infra.↩︎
BNU, segnatura q.V.55. Per l’edizione del manoscritto cf. Elena Papa, La primavera trionfante dell’inverno (Roma: ItaliAteneo, SER Editrice, 2021), da cui cito.↩︎
Nel ms “ferite ferite”: dittografia emendata nella trascrizione.↩︎
Si allude ai “Cavalieri Heroi di FLORA quali sono tramutati in Fiori”.↩︎
BNU, segnatura q.V.53. Per l’edizione del codice cf. Daniela Cacia, L’Unione perla peregrina Margherita reale e celeste (Roma: ItaliAteneo, SER Editrice, 2021), da cui cito.↩︎
BNU, segnatura q.V.62.↩︎