ZoneModa Journal. Vol.12 n.2 (2022)
ISSN 2611-0563

Global Narratives on Fashion

Simona Segre-ReinachUniversità di Bologna (Italy)

Pubblicato: 2022-12-20

Questo numero di Zonemoda Journal contiene i saggi presentati nel Panel “Global Narratives on Fashion” dai colleghi del gruppo di ricerca CFC (Culture Fashion Communication) dell’Università di Bologna, campus di Rimini, in occasione del convegno internazionale Fashion Tales 2020+1 che si è tenuto in modalità digitale il 17-19 giugno 2021 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il keynote speech di Wessie Ling della London Metropolitan University e membro del gruppo di ricerca CFC, ha aperto la sessione.

Il titolo del convegno era “Politics Through the Wardrobe”; si tratta di un tema particolarmente “caldo” nel recente dibattito degli studi di moda. Possiamo infatti affermare che tra gli anni Dieci e gli anni Venti del ventunesimo secolo, in un processo di globalizzazione dei fenomeni di moda, si è compiuto un importante passaggio che ha sancito la presenza autorevole della moda tra le grandi narrazioni in grado di rappresentare e anche di promuovere il cambiamento:

Global thinking requires the disciplines of fashion to challenge once again the hierarchy and presumed purity of styles and movements. Existing narratives of fashion production and creation have shifted in the wake of transnational realities toward a more complex picture of global interconnections.1

Com’è noto, oggi il riconoscimento del pensiero della moda viene anche da altre discipline, come per esempio dalla filosofia. La moda viene riconosciuta come sistema di pensiero e di rappresentazione visiva. Come già scriveva Pamela Church Gibson (Bruzzi e Church-Gibson 2013), invece che porre domande sulla moda si può dunque usare la moda per fare domande: un approccio fondamentale per giungere a una visione più ampia dell’influenza della moda nel sociale, tra cui l’aspetto politico. Djurdja Bartlett, in Fashion and Politics (Bartlett 2019), fornisce un resoconto sistematico della dimensione politica del sistema della moda. La sua tesi è che, nella crisi della politica della nostra epoca, la moda possa assumere un ruolo inedito per rappresentare e per contrastare le disuguaglianze. Se dunque la moda è ormai considerata parte del discorso etico e politico (Marchetti 2020), anche i concetti di “serio” e di “frivolo”, non sono più in contraddizione, ma entrano in un dialogo costante. Potremmo dire che I fashion studies si sono trasformati di fatto in critical fashion studies ove responsabilità sociale, teoria postcoloniale e teoria postumana incontrano le rappresentazioni estetiche che caratterizzano il nostro tempo in cui arte, abito e cultura sono strettamente intrecciati.

Il Panel “Global Narratives in Fashion” è in linea con questo ambito di ricerca che travalica gli steccati disciplinari consueti. I saggi presentati intendono offrire una panoramica delle direzioni più interessanti degli studi di moda: l’analisi semiotica di Giampaolo Proni in “The Emperor’s New Clothes” analizza una rappresentazione del comportamento nel vestire, evidenziandone la struttura e le dinamiche. Questi schemi sono confrontati con i presupposti teorici contemporanei della ricerca sulla moda e sul vestire, facendo luce su tendenze e modelli della cultura occidentale passata e contemporanea; il saggio dell’antropologa Enrica Picarelli “Play of surfaces and tactile encounters with the city: Selly Raby Kane’s alter-wordly fashion + art” tratta il caso emblematico della designer senegalese Selly Rabi Kane. Kane rappresenta autorevolmente il “new black canon”, cioè l’insieme di pratiche estetiche di artisti neri che si sono proposti di smantellare le strutture di visualizzazione e di descrizione della blackness attraverso una prospettiva de-coloniale; il testo di Fabriano Fabbri “Eterotopia ed eterocronia” analizza i cosiddetti time travelers della moda contemporanea, con una focalizzazione sulla collaborazione fra Givenchy e il designer Riccardo Tisci (b.1974), autore di una moda votata al culto dell’eterotopia e dell’eterocronia e dei viaggi spazio-temporali. Il saggio di Fabbri si situa nella critica di moda vicina all’arte ed esemplifica la tesi sulla “collocazione generazionale” portata avanti dall’autore in opere recenti (Fabbri 2021); infine, il saggio di Nadica Maksimova e Flavia Piancazzo “Culture and Sustainability: An Interplay between the Local and Global Perspective in the Italian Born-responsible Fashion Brands” riferisce i risultati di una ricerca su sostenibilità e cosiddetto “green washing” su una serie di marchi di moda italiani. Ne emerge che anche nell’ambito di marchi di moda italiani cosiddetti “nati sostenibili”, ci sono ampi margini di miglioramento, in quanto è ancora forte la logica della crescita economica di vecchio stampo a ostacolare la transizione olistica verso un sistema moda più responsabile, etico e sostenibile.

Bibliografia

Bartlett, Djurdja. Fashion and Politics. Yale: Yale University Press, 2019.

Bruzzi, Stella e Pamela Church-Gibson, a cura di. Fashion Cultures. London- New York: Routledge, 2013.

Fabbri, Fabriano. La moda contemporanea. Torino: Einaudi, 2019 e 2021. Voll. 1 & 2.

Ling, Wessie, Mariella Lorusso and Simona Segre-Reinach. “Critical Studies in Global Fashion”, ZoneModa Journal, Vol. 9.2 (2019): X–XVII.

Marchetti, Maria Cristina. Moda e politica. Roma: Meltemi, 2020.


  1. Wessie Ling, Mariella Lorusso and Simona Segre-Reinach, “Critical Studies in Global Fashion”, ZoneModa Journal, Vol. 9.2 (2019): X–XVII.↩︎