A couturier can also — must be — a surveyor, an outspoken individual who has not exhausted his ability to love, an illusionist, a child, an astonomer, someone naive and a genius, an occasional writer, a copier, a tamer, a promoter, and a clairvoyant.
Scriveva così nel 1983, su «Le Monde», Hervé Guibert a proposito della mostra che il Metropolitan Museum of Art di New York dedicava a Saint Laurent1. Organizzata da Diana Vreeland, è stata la prima retrospettiva incentrata sul lavoro di uno stilista vivente. Un primato che si spiega con le parole della stessa curatrice: “Because he is a genius, because he knows everything about women. He lives in a world of artistry, in the sensual life of France, which is still the fashion center of world”2. Nel 1955 quando il grande Christian Dior vide i disegni del giovane Yves, lo assunse e ne fece il suo delfino; due anni più tardi, alla morte del maestro, Saint Laurent ne divenne l’erede, presentando la sua prima collezione – Trapèze – che fece esultare anche “Life”. Dior ci aveva visto lungo. Nei primi anni Ottanta Saint Laurent, a venticinque anni dalla fondazione della propria maison, non era solo un’icona affermata, era riconosciuto da tutti come un genio, un artista.
Alla prima rivoluzionaria retrospettiva ne sono poi seguite altre che, in misura più o meno esplicita, con quella si sono dovute confrontare; basti pensare alla mostra organizzata tra 2008 e 2009 dal Musée des beaux-arts di Montréal (29 maggio–28 settembre) e Fine Arts Museums di San Francisco (1 novembre 2008–1 marzo 2009)3, alla grande retrospettiva organizzata a Parigi nel 2010 dalla Fondation Pierre Bergé-Yves Saint Laurent in collaborazione con il Petit Palais4; ancora, a quelle che lo stesso stilista ha promosso a partire dal 20025. Queste e altre occasioni hanno messo in luce, di volta in volta, vari aspetti del lavoro di uno dei più brillanti couturier della storia, come l’influenza dell’oriente6, l’importanza della progettazione nel processo creativo e, più in generale, le tendenze che hanno ispirato tutto il suo percorso.
A distanza di quasi quarant’anni dalla fondamentale retrospettiva di New York, Parigi ha celebrato il genio di casa con una mostra diffusa, ovvero dislocata in sei musei della città – Centre Pompidou, Musée Yves Saint Laurent, Musée du Louvre, Musée d’Art Moderne, Musée d’Orsay e Musée National Picasso-Paris. Un progetto grandioso, che cambia l’arte del Ventunesimo secolo e che colpisce per le proporzioni: ideato in occasione dei sessant’anni dalla sfilata di debutto della maison, avvenuta il 29 gennaio 1962, Yves Saint Laurent Aux Musées non è solo un omaggio allo stilista, è una conversazione tra la moda e l’arte.
Questo l’intento dei curatori Stephan Janson, Mouna Mekouar e Madison Cox — Presidente della Fondation Pierre Bergé — che hanno voluto davvero tentare di “abbattere muri e categorie”, scrivendo una pagina importante della storia. Non è infatti la prima volta che un museo apre le porte alla moda, ma è la prima volta che alcuni dei più importanti musei al mondo inseriscono gli abiti di uno stilista all’interno delle collezioni permanenti; nessuno dei conservatori, ha spiegato Cox, ha pensato ad una profanazione: Saint Laurent è stato, a tutti gli effetti, un artista.
Se in Avenue Marceau il Musée Saint Laurent ha aperto il percorso con la presentazione al pubblico di come il grande couturier lavorava — schizzi, croquis, modelli per scarpe e borse, tessuti, stampe e bottoni testimoniano come nel suo modus operandi tutto era studiato nel dettaglio —, al Louvre hanno trovato posto quattro preziosissime giacche. I capi, dei veri gioielli, erano esposti assieme al meglio dell'artigianato francese nella Galerie d'Apollon, uno degli spazi più prestigiosi del palazzo progettato da Charles Le Brun per Re Luigi XIV. Il Musée National Picasso-Paris è il luogo scelto per outfit che vanno ben oltre il semplice omaggio al pittore, come la giacca trompe l'oeil della collezione Fall/Winter 1979, Hommage à Pablo Picasso, posta a confronto con Ritratto di Nusch Éluard (1937). In un’atmosfera dal sapore proustiano, il Salon de l’Horologe del Musée d’Orsay ha ospitato smoking e abiti in raso per i grandi eventi, mentre il Musée d’Art Moderne ha celebrato l’influenza del colore, delle forme e delle atmosfere di alcuni dei più grandi artisti della storia.
Ma è al Centre Pompidou che si è scritta la storia. La scelta dell’edificio in Rue Beaubourg è stata, naturalmente, quella più evidente, non solo perché Yves assieme al compagno Pierre Bergé ne era affezionato frequentatore e mecenate, ma soprattutto perché la vita creativa dello stilista e la sua opera non possono essere pensate se non strettamente intrecciate all’arte del Ventunesimo secolo. A partire almeno dal 1965 Saint Laurent “si è imposto di portare la propria creazione alle frontiere della pittura, di trarre ispirazione da Mondrian, Picasso, Braque, Matisse, Warhol, Wesselmann”7. Ma non si è trattato di copie, al contrario, questi pittori gli hanno consentito di reinventare un linguaggio che è diventato il suo. “Non li ho copiati. Chi si azzarderebbe a farlo?” sosteneva lo stesso stilista.
Al Pompidou hanno trovato posto creazioni ispirate alle opere della grande stagione artistica delle avanguardie di primo Novecento, come l’abito da cocktail dritto in jersey Hommage à Piet Mondrian (Fall/Winter 1965) che dialoga direttamente con Composizione in rosso, blu e bianco del 1937. È con questa collezione che prende avvio il suo proficuo rapporto con l’arte: secondo Saint Laurent, e contrariamente a quello che si potrebbe pensare, le rigorose linee del fondatore di De Stijl8 si armonizzano bene con il corpo femminile. Solo un anno dopo viene creato l’abito lungo in jersey di lana ispirato all’artista statunitense Tom Wesselman della collezione L’hommage au Pop Art (Fall/Winter 1966), collocato in mostra accanto a The Moon (2009) di Gary Hume. Man mano che il suo dialogo con l’arte procede, YSL sembra assorbirne sia la forma che il contenuto. È, a ben vedere, il più profondo (e forse mai abbastanza compreso) messaggio della Pop Art ad ispirare, pochissimi anni dopo, la celebre “collezione dello scandalo” Libèration (Spring/Summer 1971), con la quale rivisitava canoni estetici della moda anni Quaranta: “What do I want to do? Shock people, make them stop and think” affermava allora Yves. È parte di questa collezione il coat di volpe verde che, al Pompidou, troviamo esposto al fianco di Made in Japan – La Grande Odalisque (1964) di Martial Raysse. Ma ancora, per la collezione Picasso (Fall/Winter 1979), che guarda alle opere dell’artista russo Sergej Diagilev9 e alla sua collaborazione con il pittore spagnolo, viene esposto l’abito da sera corto in velluto nero e moiré arancione con applicazione policrome, i cui motivi si ispirano al costume del prestigiatore cinese del balletto Parade (1917). Ancora, per gli outfit Fall/Winter 1981 Saint Laurent presentava modelli liberamente ispirati a Henry Matisse, come il completo formato da blusa di lana e paillettes e gonna in velluto blu che sembra una fedele trasposizione de La Blouse roumaine (1940).
Accanto a queste, tante altre creazioni di Saint Laurent dialogano con altrettante opere dei più grandi artisti del XX secolo. Chi detta l’agenda dell’arte sa che la moda è parte fondante dell’immaginario collettivo novecentesco e questa esposizione sembra confermare che oggi la moda è stata inclusa nella partita10: se gli scambi tra la moda e l’arte sono ormai una costante storicizzata, l’ambiziosa mostra parigina si spinge oltre le influenze reciproche, oltre le contaminazioni e apre le porte al futuro.
Il 22 gennaio 2002 Yves Saint Laurent si ritirava definitivamente dalle scene con un’ultima retrospettiva organizzata al Centre Pompidou, sostenendo che la moda aveva ormai trovato il suo posto nei linguaggi dell’arte. Il couturier non sbagliava. Oggi, a vent’anni di distanza, la sua città gli rende omaggio con una mostra che lo consacra accanto ai capolavori da lui tanto amati11.
Bibliografia
Aurélie, Samuel. Yves Saint Laurent: Dreams of the Orient. London: Thames and Hudson, 2018.
Bergé, Pierre. Yves Saint Laurent. Firenze: Octavo, 1997.
Massey, Sarah (edited by). Yves Saint Laurent, The Scandal Collection, 1971. New York: Abrams, 2017.
Pappalardo, Dario. “La differenza tra arte di moda e moda d’arte.” la Repubblica, January 29, 2022.
Vreeland, Diana. “Introduction.” In Yves Saint Laurent. London: Thames and Hudson – New York: The Metropolitan Museum of Art, 1984.
Yves Saint Laurent: Style, Style, Style. Paris: La Martiniere, 2008.
Yves Saint Laurent: Twenty-five years of design, Costume Institute of Metropolitan Museum of Art, New York, December 14, 1983 – September 2, 1984.
Yves Saint Laurent: Twenty-five years of design, Costume Institute of Metropolitan Museum of Art, New York, December 14, 1983 – September 2, 1984.↩︎
Diana Vreelan, “Introduction”, in Yves Saint Laurent (London: Thames and Hudson – New York: The Metropolitan Museum of Art, 1984).↩︎
Yves Saint Laurent: Style, Style, Style (Paris: La Martiniere, 2008).↩︎
The Yves Saint Laurent Exibithion, Petit Palais/Musée des Beaux-Arts de la Ville del Paris, March 11–August 29, 2010.↩︎
Smoking Forever (2006), Voyage extraordinaires (2007), Yves Saint Laurent. Théâtre, cinema, music-hall, ballet (2007).↩︎
L’Asie rêvée d’Yves Saint Laurent, Musée Yves Saint Laurent, Paris, 2 October 2018 – 27 Jenuary 2019. Si veda: Samuel Aurélie, Yves Saint Laurent: Dreams of the Orient (London: Thames and Hudson, 2018).↩︎
Pierre Bergé, Yves Saint Laurent (Firenze: Octavo, 1997), 9.↩︎
Nonostante avesse vissuto per anni in Francia, in quegli anni Piet Mondrian non aveva ancora largo riconoscimento nel paese. A seguito dell’operazione di YSL, nel 1969 al Musée de l’Orangerie viene realizzata la prima mostra retrospettiva del pittore olandese.↩︎
L’interesse per l’arte delle avanguardie – non solo Picasso e Diagilev - si coglie anche dalla collezione Ballets Russe-Opéra (Fall/Winter 1967), caratterizzata da mantelli da cosacchi orlati di visone, giacche da boiardi con ricami sontuosi, abiti da babuska multicolor, gonne zigane profilate d’oro e camicie vaporose. Una collezione che ottenne uno straordinario successo internazionale, tanto da occupare la prima pagina del New York Times.↩︎
Dario Pappalardo, “La differenza tra arte di moda e moda d’arte,” la Repubblica, January 29, 2022.↩︎
Al Musée Yves Saint Laurent e al Musée du Louvre la mostra è stata prorogata fino al 18 settembre 2022.↩︎