Ci sono (rari) saggi scritti con la ragione e con il sentimento. Il volume di Mariella Lorusso, La decolonizzazione della moda. Lingua, appropriazione e sostenibilità nelle culture native nordamericane, è uno di questi. È un testo importante per almeno due motivi. Si tratta del primo lavoro pubblicato un Italia su questo significativo e nevralgico snodo nell’ambito dei global fashion studies. Un argomento, com’è noto, che attraversa diversi campi; dal rapporto che la moda occidentale intrattiene con le altre culture, alla sostenibilità che si rende necessaria per tutta l’industria della moda. Il secondo motivo di interesse risiede nell’offerta di un ampio e dettagliato resoconto di quanto avviene nel sistema moda delle culture native nordamericane, un esempio attuale di come la moda globale si dispieghi tra il main stream e la presenza nell’immaginario fashion di abiti non occidentali. Il volume si divide in due parti autonome, ma correlate. La prima parte affronta la teoria della moda cosiddetta postcoloniale, a partire dalla complessità dei termini che la definiscono, come colonialismo, colonialità, decolonizzazione, decolonialità, postcolonialismo che Lorusso, linguista di formazione, decostruisce e ri-contestualizza entro le dinamiche attuali del vestire globalizzato. Benché già in questa prima parte l’autrice ci introduca nell’essenza del vestire quale pratica culturale e politica, con l’esempio dei bambini indiani delle boarding school negli Stati Uniti e Canada, costretti (fino agli anni Sessanta del Novecento!) a spogliarsi dei lori abiti e a rivestirsi in quelli di foggia occidentale, è soprattutto nella seconda parte del volume che si entra in contatto con la moda indigena vera e propria. Le due parti sono collegate da un capitolo sull’appropriazione culturale nella moda, un costrutto carico di ambivalenze, data la difficoltà di stabilire le regole nell’ispirazione creativa. Lorusso ci mostra come le dinamiche di potere definiscano, in realtà, il contesto dell’appropriazione, oltre una generica richiesta di “libertà” espressiva. La lunga intervista a Susan Scafidi, fondatrice nel 2006 e da allora direttrice del Fashion Law Institute di New York, che ha per primo ha regolamentato il diritto nella moda, permette al lettore e alla lettrice di toccare con mano la vastità, la complessità e le conseguenze pratiche e di mercato che comporta il processo di decolonizzazione della moda, un fenomeno che fa parte della globalizzazione. Fin qui abbiamo parlato soprattutto della rilevanza accademica del volume di Mariella Lorusso. Ma il libro è anche un appassionato contributo alla moda nativa americana contemporanea che deriva dalla conoscenza profonda e di lunga data delle culture indigene dell’autrice. Dopo averne apprezzato letteratura, poesia e musica, in questo libro Lorusso tratta la moda, la cultura visuale e vestimentaria dei designer nativi. Culture e saperi che hanno valore in sé, naturalmente, ma anche e soprattutto in quanto, indica Lorusso, possono costituire un esempio di buone pratiche in un’ottica di sostenibilità e di possibili evoluzioni dell’industria della moda globale. Il libro si rivolge a chi studia la moda, studenti e docenti, ai designer, a chi lavora nel sistema della moda e a chiunque sia interessato a conoscere l’ampiezza dei temi che riguardano la moda nella nostra epoca.
Mariella Lorusso. La decolonizzazione della moda. Lingua, appropriazione e sostenibilità nelle culture native nordamericane. Bruno Mondadori, Milano 2021
Pubblicato: 2022-07-11