ZoneModa Journal. Vol.10 n.2 (2020)
ISSN 2611-0563

Dall’archivio fisico all’archivio digitale: l’esperienza di A.N.G.E.L.O. Vintage Palace narrata dal suo fondatore Angelo Caroli

Gustavo MarfiaUniversità di Bologna (Italy)

Pubblicato: 2020-12-22

Domanda Egr. Dott. Caroli, ci può dire qualcosa riguardo al boom dell’e-commerce degli scorsi mesi e di come le tecnologie digitali possano avere aiutato ad affrontare la situazione durante la pandemia?

Risposta Personalmente le mie attività, sempre legate agli abiti vintage, sono divise in due aree, la prima è la vendita e la seconda invece è il noleggio. Per quanto riguarda la vendita, per fortuna avevo già consolidato da anni l’attività di vendita online. I nostri dati fanno vedere che c’è stato un incremento in termini economici, ma soprattutto la possibilità di raggiungere un maggior numero di clienti, con un maggior numero di pezzi venduti. Oltre al mio e-commerce shop ho anche varie collaborazioni, come per esempio con Farfetch, con cui lavoro da 10 anni, e oggi collaboro anche con Mister Collective, Rebel, con le piattaforme maggiori di rivendita di prodotti vintage. Queste attività hanno ovviamente permesso la vendita del prodotto in un anno cosi difficile per tutti.

D Ha visto dei cambiamenti da un punto di vista dei segmenti di mercato raggiunti?

R Collaborando con molte piattaforme questo dato è difficile da avere, non ce l’ho. Vedendo però le tipologie di articoli, ho visto che i singoli clienti hanno comprato più cose, ma su fasce di prezzo più basse. Durante il lockdown una mossa importante è stata la consegna gratuita, questo ha permesso ai miei clienti di non venire in negozio e di completare l’acquisto da remoto.

D Ci può raccontare qualcosa del suo archivio?

R Per quanto riguarda invece l’archivio, da molto tempo sto lavorando alla sua digitalizzazione, parliamo di 120 mila capi che non vendo ma noleggio per uso stilistico, vestiario donna, uomo, calzature borse e accessori. Sto intervistando la mia clientela tramite un questionario preparato in collaborazione con il Politecnico di Milano, per capire come erogare al meglio questo tipo di servizio. Durante il lockdown ci hanno chiesto se fosse già attivo, per ora abbiamo fatto qualcosa fornendo la possibilità di farci delle richieste di fotografia via zoom. Grazie a questa tecnologia riusciamo a fare qualche cosa, ma ovviamente in forma limitata. Purtroppo non siamo ancora pronti, ci vorranno ancora due anni di lavoro. Sono comunque consapevole che la digitalizzazione sia la via giusta. Visitare un archivio è come accedere a una biblioteca, in biblioteca puoi trarre spunti per scrivere nuove cose. Per creare nuovi abiti, vedere cosa è stato fatto in passato, la buona manifattura di chi ci ha preceduto, è utilissimo. Serve anche a risparmiare tantissimo tempo nella progettazione e anche nel realizzare i prototipi per cui è ormai diventato una parte integrante del nuovo sistema moda.

D Sempre sugli archivi, quanto può diventare importante la digitalizzazione tridimensionale nonché la fruizione a 360 gradi non solo di foto, ma anche scansioni tridimensionali piuttosto che visualizzazione e ambientazioni in realtà virtuale o aumentata.

R I miei sondaggi con i miei clienti dimostrano che la focalizzazione è soprattutto sul capo. Il mio archivio avrà una visuale a 360 gradi dei capi, ma quello su cui sono tutti più interessati sono i dettagli e gli interni più che l’ambientazione. L’ambientazione in questo caso non serve, perché parliamo di un capo del passato che serve per stimolare la creatività per il nuovo. Per cui, sicuramente, l’ambientazione non serve e la realtà virtuale non ha avuto nessuna richiesta per tale uso. I 360 gradi, sì, bene se c’è ma non è l’aspetto primario, di primaria importanza sono invece i dettagli e gli interni.

D Quanto è importante poter toccare il capo?

R L’elemento tattile è importante, lo sappiamo. È vero anche che parte del lavoro può essere svolto solo con riferimenti visuali, che possono dare un 50/60% di quello serve per capire come un capo è fatto. Per dare la possibilità di una consultazione completa, il mio archivio oltre che essere anche digitale, darà sempre la possibilità poi di noleggiare il capo fisico per chi ha bisogno di quel qualcosa in più. Confermo comunque che per alcune aziende basta la foto, non hanno più bisogno di avere il capo, parliamo di un 20/30% dei miei clienti. Dipende da cosa serve come fonte di ispirazione. Ovviamente, nella creatività sono coinvolti molti diversi elementi. Per un modellista è meglio avere il capo. Invece in una riunione in cui si decidono quali sono i temi della stagione possono bastare le foto dei capi storici. Essendo le esigenze molto diverse, mi aspetto che il servizio di archivio digitale possa coprire non la totalità delle esigenze, ma una buona parte di quanto effettivamente serve.

D La digitalizzazione degli archivi potrebbe avere anche un’influenza sul mondo dei videogiochi e in generale andare a rafforzare un’influenza su scenari che vanno oltre quello della moda?

R Mi ha fatto ricordare che alcuni anni fa con un tecnico che vendeva skin su second life, avevamo parlato di fotografare alcuni capi iconici della moda per vedere se piacevano da inserire come skin. In effetti mi piacerebbe. Ovviamente non so, non so se sia neanche di poi così grande importanza. Certo che più noi digitalizziamo i capi iconici della moda, più sicuramente questi possono essere più facilmente raggiunti. Chi studia la moda ovviamente ha visto delle foto sui libri, ma magari il pubblico normale non sa neanche perché Dior sia così famoso e cosa abbia fatto nei primi anni. La stessa cosa vale per gli altri grandi designer, conoscono il marchio solo per come è oggi. Questo permetterebbe di rendere magari molto più fruibile anche la loro storia. Supporterebbe modi di comunicazione molto più ampi.

D Mi sembra di capire che sia possibile individuare due possibili sorgenti di sfide per la digitalizzazione della moda. Di uno abbiamo già parlato, come riprodurre il senso del tatto, del toccare un capo. Immagino che un secondo elemento abbia a che fare con la facilità con cui i contenuti digitali possono poi essere copiati e diffusi.

R Per quanto riguarda le interfacce tattili, al momento non l’ho ancora visto, ma una mia collaboratrice che lavora moltissimo con l’Asia mi diceva che ormai è non solo un progetto ma una realtà, un sensore che permette di riprodurre a distanza la sensazione tattile di un tessuto. Mi diceva che già pre-COVID questo sistema esisteva in alcune aziende. Questo tipo di tecnologia sarebbe molto interessante anche per il mio archivio. Per quanto riguarda la sicurezza e la proprietà dei contenuti digitali, è chiaro che è importantissima. Dal punto di vista della mia attività, ovviamente, il mio archivio ha bisogno di essere diffuso, ma non troppo diffuso. Se fosse tutto disponibile, il mio lavoro non esisterebbe più. Deve essere disponibile a chi serve e a chi è disposto a sostenere un abbonamento dove ho anche già previsto che un cliente possa decidere di oscurare quanto ha deciso di utilizzare. C’è d’altra parte molta attenzione da parte mia alla sicurezza e attenzione a non farmi rubare tutto il database. Digitalizzare l’archivio è un grande lavoro, ma altrettanto grande lavoro è salvaguardarne la sicurezza.

D Un’ultima domanda, alla luce delle tecnologie che si stanno sviluppando oggi, come vede il suo archivio in 10 anni?

R Il mio pensiero è sempre quello che bisogna essere sempre più aggiornati. Ritengo che conservare il passato sia la mia forza, ma ritengo anche che questo passato vada offerto con le tecnologie più adatte e più recenti. Non so veramente immaginare come possa tra dieci anni essere fruito il mio archivio. Ovviamente mi piacerebbe averlo digitalizzato nella sua interezza, accessibile anche a distanza tramite interfacce tattili e riprese a 360 gradi, che sottolineino i dettagli più interessanti dei capi. Adesso il bello è che diventa sempre tutto più accessibile dal punto di vista degli investimenti.