Il volume curato da Enrico Mannucci e corredato da uno straordinario apparato iconografico — rende omaggio ai 150 anni dalla fondazione di Galtrucco, nome di spicco nelle stoffe. È anche una dedica alla città di Milano oggi colpita duramente dalla pandemia, come scrive nella prefazione Marco Cipelletti, Presidente Galtrucco. Il libro offre inoltre, vorremmo aggiungere, una formidabile visione d’insieme sul processo di formazione dello stile italiano e milanese. Una modernità quella di Milano, iniziata insieme, se non prima, ad altre capitali europee, come ricorda nella prefazione Philippe Daverio, illustre milanese d’adozione recentemente scomparso. Daverio racconta che nel 1893, cioè qualche anno prima che Parigi diventasse la Ville Lumière, Milano aveva già l’energia elettrica e la prima linea di tram elettrici, la linea 1, che da corso Sempione portava a piazza Duomo, dove in seguito avrebbe avuto sede il più celebre dei negozi Galtrucco.
Moda, design e architettura, com’è noto, sono le cifre della modernità milanese e Galtrucco con i suoi prodotti, i negozi, le vetrine, gli arredi e le illustrazioni le ha rappresentate tutte. Seppure il fulcro dell’attività sia stata la vendita dei tessuti, è difficile separare, nel mondo Galtrucco, moda, arte, design, e soprattutto architettura. La perfetta orchestrazione del suo sistema di segni fa sì che ogni elemento contribuisca all’esaltazione degli altri. Mentre una certa narrazione tenda a riproporre una temporalità lineare — dal design degli anni ’50 e ’60, al prêt à porter della moda degli anni ’70, e al branding dei cosiddetti degli anni ’80 e ’90 — la storia di Galtrucco dimostra che, quando davvero sia reale e cioè nel senso più profondo di una modalità progettuale e non solo retorica, il made in Italy, è fatto di elementi in continuo rimando tra loro, espressioni complementari della cosiddetta “estetica industriale” tipica di Milano, che affonda le sue radici già tra le due guerre.
Lorenzo Galtrucco proveniva dal Piemonte, dove era nato nel 1850 e di professione aveva fatto il venditore ambulante sin da bambino. La sua biografia è ricca di eventi tragici ma anche di occasioni colte al volo, come spesso accade ai pionieri. Fondò la sua attività nel 1870, a vent’anni. Non potè assistere al passaggio della ditta da grossista a negoziante, morì nel 1912 (ma ne indicò la strada con l’apertura del primo negozio a Robbio Lomellina nel 1885). Furono la vedova di Lorenzo e i suoi figli a realizzare appieno la trasformazione dell’attività da grossisti di tessuto a venditori al dettaglio e lo fecero con lungimiranza e strategiche intuizioni, a partire dal negozio di Torino nel 1913. Snodo importante di questo percorso fu l’acquisto della palazzina milanese di via San Gregorio 29, interamente ricostruita dai Galtrucco in stile neogotico. Ma il vero punto di svolta avvenne nel 1933 quando la rivista Domus pubblicò l’annuncio di un concorso indetto dai Galtrucco per il rinnovo di un negozio in piazza del Duomo. In commissione c’erano Gio Ponti, allora direttore della rivista, Giuseppe Pagano Pogatsching, direttore di Casabella, Luciano Baldessari, Agnoldomenico Pica e Primo Galtrucco. Non furono tuttavia i tre vincitori selezionati dalla commissione a realizzare il negozio Galtrucco. Un anno dopo il negozio venne aperto sotto i Portici Meridionali della piazza a firma di altri due grandi nomi, non presenti in concorso, il milanese Guglielmo Ulrich e il bolognese Melchiorre Bega che sarebbero restati a lungo il riferimento dei progetti architettonici Galtrucco. Distrutto dal bombardamento del 1943 e ricostruito nel 1949 dopo lunghe vicissitudini burocratiche, il negozio fu il primo di una serie di punti vendita aperti nelle principali città d’Italia, Trieste, Genova, Roma. Tutti furono caratterizzati per la qualità dell’architettura, degli arredi e dei pezzi d’arte che ne facevano parte integrante. Un esempio tra i molti che il libro riporta sono i pannelli a parete e i sostegni azzurri ai banchi di vendita realizzati da Fausto Melotti.
Il volume è arricchito dai contributi di noti studiosi come Fulvio Irace, per il rapporto dei Galtrucco con l’architettura, e di Giusi Ferré per la moda. Imperdibili sono la serie di bozzetti di vestiti, gonne, camicette dagli anni Quaranta agli anni Settanta — che Galtrucco faceva realizzare per aiutare le clienti a scegliere i tessuti, a firma Brunetta Mateldi, la celebre illustratrice che lavorava quasi in esclusiva per Galtrucco, delineando il mondo della borghesia milanese del dopoguerra. Dagli anni Settanta furono gli stessi stilisti a valorizzare i tessuti Galtrucco, al tempo stesso elevando la qualità dell’abito pronto: celebre l’acetato di viscosa tubico utilizzato da Armani e il contributo continuativo di Karl Lagerfeld che fu creatore unico per la ditta dal 1964 al 1983. Completano il volume i ricchi prontuari dei tessuti e le tirelle da viaggio che fanno parte degli apparati.
Dal 2001 l’attività commerciale di Galtrucco si è trasformata in gestione immobiliare che comprende i negozi un tempo a insegna Galtrucco. Nel negozio aperto nel 1981 in via Montenapoleone, a firma Piero Pinto, c’è oggi Loro Piana, nome di prestigio e di origini piemontesi come Galtrucco, mentre in via San Gregorio, dagli anni ’20 showroom ante-litteram, c’è il Salone dei Tessuti, oggi spazio per eventi ed esposizioni legati alla moda e al design.