Nel recensire questo volume comincerò col segnalare alcuni punti che denunciano un volto della sua singolarità e ne annunciano pure i toni di un bel prodotto editoriale:
la nota dei curatori scientifici, Davide Fornari e Régis Tosetti, a chiusura delle 185 pagine in cui si articola il libro, concepita come una postfazione che solo in ultimo ne dichiara gli intenti, restando in attesa dei risultati;
i caratteri tipografici adoperati: oltre il Concern per le parti analitiche, il Bianca Headline e il Blu Headline appositamente disegnati dal team di lavoro per mostrare con coerenza grafica i suoi contenuti;
il formato di 23,5 x 34 cm: né il modello consueto di un catalogo, né quello proprio di un manuale, ma un supporto elegante e sofisticato come merita il percorso ‘altro’ che si propone di divulgare.
Oltre alla struttura stessa di libro-atlante, questi dettagli denotano il carattere sperimentale e riflessivo del volume che propone, infatti, prima ancora dell’indice, uno scritto di Vittoria Caterina Caratozzolo, Bianca e Blu di Monica Bolzoni. Un approccio maieutico allo stile. Storicizzando abilmente il profilo della protagonista e offrendone una chiave di lettura molto netta e comprensibile, centrata sulla sua poetica dello stile esplicitata nelle pieghe di un design indipendente, l’autrice, con l’unico saggio dalla struttura tradizionale, introduce il lettore al mondo in cui si immergerà nelle pagine a seguire, e si affida a Chanel per riscoprire la radice culturale da cui questa insolita figura creativa muove nel definire quei paradigmi vestimentari, intrisi di “aspetti concettuali, tecnici e relazionali” che, contro la moda mainstream, valorizzano i suoi capi come “pezzi di affezione” (p. 14) — ci sarebbe piaciuto solo un carattere con un corpo appena più grande per renderlo più facilmente leggibile! —.
Il nucleo del testo è costituito da un abaco di 77 voci riguardanti altrettanti temi del lavoro di Monica Bolzoni, svelati attraverso citazioni e immagini concettualmente omogenee. Il lemmario ottenuto applicando le premesse metodologiche alla base della ricerca della moda designer delinea un quadro di grande efficacia figurativa e critica, che evidenzia i caratteri permanenti e mutevoli della sua operatività, ma anche la varietà delle declinazioni man mano messe in campo per concepire abiti di qualità atemporale, destinati a durare a lungo a dispetto dei tempi comuni della moda.
Non si tratta di un resoconto storiografico, né di una raccolta ordinata e compiuta degli esiti di un workshop — come pure poteva essere — ma di un affondo multilayer che intende incrociare piani che trascendono la comune osservazione del campo narrativo della moda, per cercarne valori e pesi più profondi, in un continuo tentativo di sintesi — ben riuscito — tra presentazione analitica di oggetti, forme, termini, persone, luoghi, precisi e circoscritti, e illustrazione, dinamica e multifocale, del circuito ideativo in cui la Bolzoni si è mossa da sempre nell’inseguimento incessante di un nesso tra pensiero e azione. In questa sequenza, focus puntuali di parole e immagini si susseguono in ordine alfabetico — in italiano e in inglese, su carta ruvida opaca — e organizzano la lettura del dato storico e del processo progettuale analitico e speculativo da tempo sperimentato dalla designer, sintetizzato con efficacia didascalica nel Manifesto e negli Slogan esibiti a pieno campo nell’ordinata sequenza di base. A questi si alternano, con ritmo regolare, cinque serie di outfit indossati e fotografati dagli studenti stessi del laboratorio creativo dell’Ecole cantonale d’art de Lausanne, interpretazioni emblematiche del suo archivio di abiti e accessori, colori e materiali, effetti e dettagli, volutamente stampati su un supporto cartaceo patinato lucido. L’archivio, per Monica luogo della memoria, dell’emozione e del sentimento, dell’ordine e dell’esortazione, qui si apre all’esperienza corale come esteso palinsesto progettuale, da ripensare e rimodellare sui corpi e gli animi singolari e imperfetti dei ragazzi.
Mai banale nell’approccio e nella resa, il lavoro della Bolzoni nella ricerca intima che dall’abito converge pure nel teatro, nel cinema e nell’arte, in un orizzonte geografico che spazia tra New York, Milano e il Giappone, si traduce qua in una esplorazione dinamica di tematiche attraverso l’osservazione ravvicinata di nomi e voci, che non si limita al racconto o all’esposizione, ma ne elogia i contenuti mediante la rigorosa offerta iconografica e il lettering che l’accompagna. Con una prospettiva interpretativa che unisce in un unico prodotto editoriale narrazione ed esperienza meta-progettuale, quindi, il testo raggiunge un traguardo di alto profilo formativo: rivalutare un percorso inventivo che a partire da una collocazione laterale, volutamente discosta dai rumori assordanti e dai bagliori accecanti del sistema, ha costruito un’anticipazione degli aspetti più attuali della moda. Nelle premesse e negli esiti il volume, difatti, può considerarsi un presupposto imprescindibile di cui tener conto nelle esperienze didattiche tese a presentare un modello potente e riuscito di moda indipendente, che non è solo patrimonio di settore, ma può appartenere all’umanità che riflette sulle questioni più serie del settore.
Rimettere nuovamente al centro i soggetti e la loro libertà mediante l’abito per la Bolzoni è un auspicio da almeno quattro decenni: una finalità senz’altro conseguita in questo lavoro che aiuta a comprendere nei fatti l’eredità di cui Bianca e Blu è ancora portatrice.