ZoneModa Journal. Vol.10 n.1 (2020)
ISSN 2611-0563

Together at Home. Il culto delle celebrità ai tempi del Coronavirus

Ylenia CaputoUniversità di Bologna (Italy)

Pubblicato: 2020-07-29

In un recente articolo apparso sul New York Times, la giornalista Amanda Hess sostiene che tra gli impatti sociali del Coronavirus ci sia il suo rapido smantellamento del culto delle celebrità.1 A partire da tale suggestione, la pandemia – e ciò che ne è conseguito – si è in effetti rivelata una buona occasione per riflettere ancora una volta sullo statuto delle celebrities e approfondire il loro valore, la funzione sociale e le eventuali trasformazioni che hanno subito durante un periodo tutt’altro che ordinario. Infatti, neanche le celebrità si sono dimostrate immuni – letteralmente e metaforicamente — agli effetti del Covid- 19.

Come sostiene Chris Rojek, “Routinely, we may think of ourselves as separate, self-absorbed individuals. But when a crisis and emergency occurs we come through in our true colours ad assume the mantle of ‘team world’”.2 Così, in un mondo provato da una grossa limitazione della libertà di movimento e dalla riduzione delle relazioni sociali oltre che familiari, i media sono divenuti una fondamentale finestra sul mondo e le celebrities hanno assunto il ruolo di collante sociale. Un siffatto ruolo è favorito dalla natura intrinseca dei social network, terreno fertile per il fenomeno della vetrinizzazione, volto a soddisfare l’immagine vetrina che “costituisce il punto di innesto visuale tra uno storytelling del sé e la narrazione del mondo”.3 Tuttavia, la pandemia sembra aver intaccato in poco tempo i paradigmi sociali e ha obbligato le celebrità a fare i conti con le nuove attese del pubblico, spesso pesantemente deluse. Pertanto, allo scopo di tracciare una panoramica complessiva, seppur non esaustiva, dell’influenza delle celebrities durante il lockdown, prendiamo le mosse dal concetto di “relazioni parasociali”, così come formulato da Rojek:

Is a concept with powerful emotional implications for the conventional senses of social responsibility and reciprocity. It refers to relationships of presumed intimacy between media figures and network spectators.[…] Emotional identification with media figure is the heart of the para-social relationship. At least at a performative level (in the case of celebrity culture), and perhaps at more fundamental levels, private life is now, more than ever before in the modern world, lived in public.4

Se, sulla scia di Rojek, ragioniamo attorno al concetto d’identificazione emotiva, che è il cuore delle relazioni parasociali, capiamo la rilevante importanza assunta dalle celebrità, in un periodo come questo. Per chiarire, la relazione di presunta intimità che s’instaura tra le celebrities e il pubblico, assume una simile profondità da scatenare risposte emotive comparabili a quelle delle relazioni sociali e familiari, nonostante il legame non sia im-mediato, bensì mediato dai mezzi di comunicazione. Per i followers, in breve, “ciò che queste persone indossano o mangiano o semplicemente dicono vale la pena di essere ascoltato e replicato.”5 È dunque possibile intuire per quale motivo, se si confrontano gli articoli e gli approfondimenti dedicati al mondo celebrities, emerga spesso la parola “autenticità”. L’autenticità è divenuta l’imperativo al quale non è possibile sottrarsi. Le celebrities dovrebbero, cioè, creare contenuti che rispecchino in modo realistico la situazione nella quale si trova il loro pubblico – drammatica, nel caso del Coronavirus –. Ciò non significa che sia necessario – o sufficiente – limitarsi a parlare della pandemia: piuttosto, creare contenuti pertinenti alla propria nicchia tenendo sempre ben presente ciò che le persone stanno attraversando, è una strategia risolutiva per creare un’illusione di condivisione emotiva e situazionale. Perciò, come vedremo a breve, mentre alcune celebrità hanno subìto minacce di morte – virtuale – in seguito alla condivisione di ostentata serenità e ricchezza, gli influencer più apprezzati sono stati quelli capaci di riconoscere tal esigenza e si sono adattati di conseguenza. Connesse a tali premesse, sono emerse nuove e interessanti categorie di celebrities, molte delle quali hanno provato a reinventare se stesse e i loro profili social. C’è chi, ad esempio, ha spostato il focus da una vita di lustrini a una dimensione intima, casalinga e amichevole, condividendo foto e video spesso senza filtri. Molte si sono dedicate al food blogging. Su Instagram, Natalie Portman posta video-ricette, Amy Schumer ha ideato un nuovo format “Amy Learns to cook”, talvolta con la collaborazione speciale di altre celebrities (tra le quali Jennifer Lawrence). C’è, poi, Meryl Streep e il video divenuto virale in cui l’attrice a casa, completamente struccata e in accappatoio, prepara cocktail e festeggia in videocall. Appare evidente come le star stiano cercano di decostruire la propria immagine – nonché l’ambiente che le circonda – in favore di una vincente strategia di staged authenticity, definita da Rojek:

An artificial environment, based upon the obliteration of spatial divisions and emotional barriers to elicit the veneer of co-presence and open exchange between familiars. The fundamental goal of these settings is to achieve accelerated intimacy between spectators and media figures.[…] If we feel that we can put ourselves into the shoes of someone who is suffering, and if that suffering is visually communicated, our emotional identification tends to be stronger.6

Oltre l’intrattenimento home made vi è chi si è dedicato a eventi e iniziative benefiche, senza aver rinunciato a una rappresentazione glamour della propria immagine. In Italia il caso di maggior successo è senz’altro quello dei Ferragnez (Chiara Ferragni e Fedez), che sulle piattaforme social hanno lanciato una raccolta fondi in favore dell’ospedale San Raffaele di Milano. In poche ore, sono riusciti a raccogliere tre milioni di euro. Di fatto, la più grossa raccolta fondi d’Europa mai fatta sulla piattaforma Gofoundme. A livello internazionale, tra le molte iniziative importanti, l’evento One World Together at Home: un evento speciale globale cross-piattaforma – organizzato in una serie di concerti in streaming – curato da Lady Gaga insieme a Global Citizen e all’Organizzazione mondiale della sanità per celebrare tutti coloro i quali hanno combattuto in prima linea per contrastare il Covid- 19. Una terza categoria di interessante rilevanza è costituita dalle celebrities malate, che hanno contratto il coronavirus. Tra le più note, la coppia Tom Hanks – Rita Wilson e Pink (la lista completa è stata stilata da Vulture).7 In quasi tutti i casi, anche quelli non citati, le celebrità hanno comunicato l’infelice notizia tramite accalorati tweet e Instagram post. È un rituale che ricorda una delle strategie di celebrity representations: la para-confession

That is, the institutionalized revelation of celebrity secrets, which often involves ritualized celebrity repentance, designed to increase bonding with audience. The ethos of the para-confession is to magically transform a star into a friend in need.8

Mostrare le proprie debolezze, che sia il pentimento pubblico per una multa presa al volante o l’ammissione della malattia, non fa altro che rafforzare il legame tra la celebrità e l’audience.

I casi sin qui illustrati afferiscono a un universo in cui le celebrità sono percepite dal pubblico come virtuose e autentiche. Veniamo ora al rovescio della medaglia: coloro che, a giudicare dalle risposte dei followers, hanno mostrato di essere disconnessi dalla realtà che li circonda. Madonna che fa un bagno immersa in una vasca piena di rose, Jennifer Lopez che soffre per il confinamento nella sua villa a Beverly Hills, a bordo piscina, o Gal Gadot che organizza, assieme ad altri personaggi noti, una cover di Imagine di John Lennon che, tuttavia, non solo non è a scopo benefico, manca anche di qualità. Tutte celebrità che pur invitando i cittadini a “rimanere positivi” e ad abbracciare la filosofia del “we are all in this together”, sembrano perse in un loop autoreferenziale, alimentato dall’idea che il solo fatto di essere una celebrità sia di per sé un unguento, come se la pandemia potesse essere superata dal potere delle star. Lo stand up comedian Ricky Gervais, in un video provocatorio circa la performance di Gadot, sostiene:

It was an awful rendition, but they might have been doing it for good reasons, to help these normal nobodies. But they’re going, ‘My film’s coming up and I’m not on telly — I need to be in the public eye’. You can see in their eye — ‘I could cry at the beauty of my personality, I’m just so beautiful for doing this’ and everyone sees that — we get it.9

Lo scotto di tale scollamento dalla realtà è l’ascesa sui social network degli hashtag #Guillotine2020 e #Eattherich, volti a smascherare l’ipocrisia delle celebrità e di una certa casta intellettuale.

Per finire, esploriamo un ulteriore orizzonte di interesse, rappresentato dalle nuove possibili declinazioni del transmedia storytelling.10 Come sappiamo, la quarantena ha inevitabilmente causato la sospensione di tutte le attività culturali che prevedono assembramenti (concerti, cinema, produzioni televisive etc.). Per questo, si è assistito a diversi e affascinanti tentativi di ovviare al problema. Gli assi di declinazione individuati sono tre. Li vediamo di seguito.

In conclusione, tornando alla suggestione iniziale, le celebrità sono ciclicamente soggette a destrutturazioni, metamorfosi, ricostruzioni. Proprio per tali motivi, non smettono di fornire continue occasioni studio, confronto e approfondimento. Nonostante e grazie a questo, come sostiene Turner, “even when approached from a number of angles, there will be much about celebrity that we still don’t know.”11

Bibliografia

Castellano, Simona. “La centralità di Instagram nelle narrazioni contemporanee tra transmedia storytelling e contenuti grassroots.” Mediascapes Journal, vol.14 (2020).

Fiorentino, Giovanni. Il flaneur e lo spettatore. La fotografia dallo stereoscopio all'immagine digitale. Milano: Franco Angeli, 2014.

Hess, Amanda. “Celebrity Culture is burning.” New York Times, (Marzo, 2020), https://www.nytimes.com/2020/03/30/arts/virus-celebrities.html.

Jenkins, Henry. Convergence Culture: Where Old and New Media Collide. New York: New York University Press, 2006. Trad.it. Cultura convergente. Milano: Apogeo, 2007.

Marshall, P. David and Sean Readmond. A companion to celebrity. UK: John Wiley & Sons, 2016.

Rojek, Chris. Presumed Intimacy. Para-social relationship in media society & celebrity culture. Cambridge: Polity Press, 2016.

Turner, Graeme. Understanding Celebrity. London: Sage, 2014.


  1. Amanda Hess, “Celebrity Culture is burning”, New York Times, (Marzo, 2020): https://www.nytimes.com/2020/03/30/arts/virus-celebrities.html↩︎

  2. Chris Rojek, Presumed Intimacy. Para-social relationship in media society & celebrity culture (Cambridge: Polity Press, 2016), 12↩︎

  3. Giovanni Fiorentino, Il flaneur e lo spettatore. La fotografia dallo stereoscopio all'immagine digitale (Milano: Franco Angeli, 2014), 35↩︎

  4. See Rojek, 12 -135↩︎

  5. Alice Valeria Olivieri, “Mondo Influencer”, Link, (Aprile 2020), https://bit.ly/38QVk8y↩︎

  6. See Rojek, 15 - 120.↩︎

  7. https://www.vulture.com/article/famous-people-celebrities-with-coronavirus.html↩︎

  8. See Rojek, 119↩︎

  9. https://www.youtube.com/watch?v=zqaIT9likJ8↩︎

  10. Per opportuno approfondimento, Henry Jenkins, Convergence Culture: Where Old and New Media Collide (New York: New York University Press, 2006). Trad.it. Cultura convergente.(Milano: Apogeo, 2007).↩︎

  11. Graeme Turner, Understanding Celebrity (London: Sage ,2014), 157↩︎