ZoneModa Journal. Vol.9 n.2 (2019)
ISSN 2611-0563

Global South e moda transnazionale: il percorso dello stilista italiano Giorgio Correggiari negli anni Settanta e Ottanta

Débora Russi FrasqueteUniversità Iuav di Venezia (Italy)

She is an Italian-Brazilian PhD student in Design Sciences at the University Iuav of Venice. Her research interests include global perspectives on fashion design in the 1960s, 1970s and 1980s.

Pubblicato: 2019-12-31

Abstract

This paper aims to analyze the work experiences of the Italian designer Giorgio Correggiari in India and Brazil through the concept of Global South, which includes these countries, in order to demonstrate how the connections between the designer and these States are part of a transnational fashion idea. Combining an analysis of the stilista’s private archive and an interview done by the author of this article on March 4, 2019 to Lamberto Correggiari, his brother and partner, the article investigates the public role of Giorgio Correggiari: his political sensitivity towards a post-colonial fashion idea, in which emerges a rejection of the US fashion market and an open criticism of the Made in Italy label.

Keywords: Giorgio Correggiari; Moda Transnazionale; Global South; Made in Italy; Moda Globale.

Introduzione

Questo articolo ha l’obiettivo di analizzare le esperienze lavorative all’estero dello stilista italiano Giorgio Correggiari negli anni Settanta e Ottanta, suddividendo questo suo percorso in due momenti: il 1972, data del suo primo viaggio in India in compagnia del fratello Lamberto, per lavorare con la ditta Fancy di Nuova Delhi;1 e il 1982, data di avvio della sua linea in Brasile e della sua prima visita nel Paese sudamericano, accompagnata da un'inchiesta della stampa brasiliana sui motivi per i quali il suo brand non fosse ancora presente nel mercato nordamericano. I dieci anni che separano i due eventi contribuiscono all’analisi di due momenti professionali diversi nel percorso dello stilista: il primo, quando ancora collaborava con il fratello senza avere il proprio brand, e il secondo, coincidente con il raggiungimento del successo e la vendita della licenza del marchio Giorgio Correggiari alla ditta brasiliana Modaitaliana Difusora Ltda. Attraverso l’analisi di queste esperienze si vuole dimostrare come la sensibilità politica dello stilista possa essere collegata al concetto di Global South, in una ipotizzabile opposizione al cosiddetto imperialismo americano. Attraverso un’analisi inedita del suo archivio privato – del quale fanno parte anche le rassegne stampa indiana e brasiliana su questi eventi2 – integrata con le osservazioni fornite nel corso di un’intervista dal fratello e compagno di lavoro Lamberto Correggiari, l’articolo si propone di delineare in una prospettiva globale la figura dello stilista e il suo rapporto con il Made in Italy, comprese le sue possibili resistenze e rassegnazioni verso i Paesi riuniti dal concetto di Global South.

Il concetto critico di Global South è stato tradizionalmente usato per riferirsi a stati-nazione economicamente svantaggiati e, dopo la Guerra Fredda, come alternativa al concetto di “Terzo Mondo”.3 Tuttavia, attraverso una concettualizzazione deterritorializzata geograficamente tra nord e sud, il Global South viene a significare anche l'immaginario resistente di un soggetto politico transnazionale risultato da un'esperienza di sottomissione condivisa nel capitalismo globale contemporaneo.4 L’idea di transnazionalità si inserisce in questo contesto in quanto comprende l’analisi dei fenomeni non solo attraverso uno sguardo italiano nei confronti dell’estero, ma a un’idea di moda senza confini, che parte dall’Italia e si adatta o è influenzata da fattori o personaggi esterni all’Italia.5 Così, studiando il caso Correggiari, possiamo studiare la storia della moda italiana alla luce dei rapporti con le altre culture e delle influenze recepite all’estero.6 Da questi incontri con situazioni straniere si sviluppano nuove idee, si modificano quelle elaborate precedentemente ma, allo stesso tempo, si impongono idee simili o uguali a quelle imposte al mercato italiano. In questo senso si possono analizzare le esperienze di Correggiari all’interno di un panorama postcoloniale del Global South.

Correggiari è stato un personaggio controcorrente, spesso descritto dalla stampa italiana come un uomo politico, un ribelle, di cattivo carattere; “l’enfant terrible”, il “monello dell’Italian style”. I modi in cui la stampa definiva lo stilista riflettono il posizionamento di Correggiari, che si è sempre dichiarato estraneo al compromesso. Si è distinto, sin dall’inizio del suo percorso professionale, sviluppando l’immagine di stilista anticonformista, definito “filosofo della moda” dalla rivista L’Uomo Vogue nel 1971.7 Grazie alla sua formazione in Scienze politiche, Correggiari si è presentato come uno stilista che affronta la relazione tra moda, politica e società. Erano i tempi della Guerra Fredda e Correggiari – uomo di sinistra – ha trovato nel rifiuto al mercato nordamericano un modo per rimanere fedele ai suoi principi politici. Marxista, cita Ludwig Feuerbach e allo stesso tempo dichiara l’ammirazione per la figura di Che Guevara. Il conflitto ideologico-culturale-etico-produttivo di Correggiari con gli Stati Uniti l’ha messo in relazione con un diverso panorama postcoloniale, definibile con il concetto di Global South. Se molti stilisti hanno scelto di focalizzarsi sul mercato statunitense, l’idea di moda globale per Correggiari non passava per gli Stati Uniti, ma si muoveva in direzioni diverse, almeno fino alla fine degli anni Ottanta. Tutto questo dimostra le negoziazioni culturali complesse all’interno del sistema della moda italiana. In questo senso, piuttosto che analizzare il percorso di Correggiari partendo dal Made in Italy – che lo stilista criticava apertamente – si è scelto di considerare il suo rovesciamento, come proposto da Paola Colaiacomo8 nell’introduzione del libro Fatto in Italia. Analizzare la moda italiana nella prospettiva del Global South ci aiuta a definire le questioni relative alla figura dello stilista e al Made in Italy, dimostrando come non sia un concetto confinato al Global North (come, ad esempio, il rapporto Italia-Stati Uniti di Armani), ma si espanda verso altre direzioni, come le esperienze transnazionali di Correggiari suggeriscono.

India – 1972

Gli anni Sessanta rappresentano un’epoca in cui l’India incarnò la meta ideale di viaggio, reale e simbolico, per le nuove generazioni, inclusivi i giovani italiani. Il Paese, con le sue filosofie, era già da decenni punto di riferimento per i pionieri dei movimenti artistici-letterari della controcultura e diventa negli anni Sessanta una fuga dai valori obsoleti e dalla continua minaccia nucleare causata dalla Guerra Fredda. L’India, mistica, millenaria e socialista veniva vista come una meta privilegiata di viaggio per antonomasia, un’oasi di fuga ideale dall’inferno “occidentale”. In Italia, Pier Paolo Pasolini ha raccontato in L’odore dell’India9 il suo primo viaggio alla scoperta del Paese “orientale”, mitico ma essenzialmente ancora sconosciuto. L’India viene così diffusa da intellettuali che la rendono un’esperienza di racconto personale e professionale.

È il caso di Giorgio Correggiari, che ha trovato in India un'opportunità di lavoro ma anche di ricerca personale. La prima visita dello stilista al Paese è stata annunciata dalla rivista Harper’s Bazaar Italia, che ha sottolineato la partnership firmata dai fratelli Correggiari (che allora lavorano insieme) con un'industria indiana:

Quale epoca migliore di una fine d’anno per formulare auguri a due fratelli che in pochi anni hanno scalato le ardue vette del successo e si apprestano a varcare gli oceani per portare le loro idee moda in mondi antichissimi e giovanissimi: India, Giappone sono infatti le tappe della conquista orientale di Lamberto e Giorgio Correggiari stilisti di Pam Pam e di altre Case di confezione italiane e straniere. […]

Oggi, Lamberto e Giorgio Correggiari sono stati semplicemente incaricati di creare collezioni di modelli per la più importante azienda di tessuti e confezioni in India, la Fancy di New Delhi. All’Hotel International della città, nei giorni 6 e 7 gennaio, – pam pam! – grande spiegamento del talento italiano in due presentazioni riservate alla stampa internazionale, alle autorità, ai buyers di tutto il mondo invitati dalla Fancy. Un big event di cui l’India parlerà, e di cui si parlerà a Parigi – settembre 1973 – quando i due animosi fratelli presenteranno la loro Estate 1974 al Salon du Prêt-à-Porter […].10

Questa era la prima volta che entrambi gli stilisti andavano in India, come chiarisce Lamberto Correggiari11 nel corso dell'intervista. La diversità di cultura e costumi hanno prodotto grande stupore nei giovani fratelli. Ricordando quella esperienza, Lamberto afferma di aver notato profonde differenze fin dal loro arrivo in aeroporto. Risultava evidente la precarietà della vita umana, visibile anche dentro l’industria. Lamberto Correggiari12 racconta che gli indiani avevano ottime qualità nella confezione, ma che adottavano modalità di lavoro alquanto inusuali come, ad esempio, utilizzare le machine da cucire posizionate sul pavimento. Nella produzione dei capi, ricorda Correggiari, erano emerse altre sfide. Una di queste era rappresentata dalla difficoltà della manodopera locale di realizzare le simmetrie dei capi progettati dai fratelli. Un esempio è costituito dalle camicie con due tasche simmetriche, che alla fine risultavano cucite ad altezze diverse; per questo motivo la collezione è stata ripensata e adeguata dagli stilisti alle caratteristiche della confezione indiana, evitando dove possibile le simmetrie.

Queste memorie dimostrano sia lo sguardo dei fratelli italiani, che secondo Lamberto Correggiari sono stati toccati dalla povertà visibile di quel popolo,13 sia la relazione con il concetto di Global South che, come alternativa ai termini di Terzo Mondo e Paesi sottosviluppati, conduce al binomio povertà/sviluppo. Come dimostra Jonathan Rigg,14 è persino difficile iniziare il processo di riflessione sul Global South senza collegarlo necessariamente alle sfide del progresso e al contrasto alla povertà.15 Questi aspetti emergono dal racconto di Lamberto Correggiari, che conferma un'idea di Global South che si fonda sulla divisione tra North/South, ma che sottolinea come entrambi i fronti siano attratti dai processi globali.16

Questi processi globali emergono dall’esperienza dei fratelli in India, in forma di scambio tra italiani e indiani. L’idea di transnazionalità della moda è evidente quando Lamberto Correggiari17 racconta che l’invito del governo indiano ai fratelli aveva l’obiettivo di sviluppare una collezione europea prodotta da un'industria indiana. Tuttavia i fratelli hanno deciso progettare anche una collezione di sari, reinterpretando l’abito tradizionale indiano. Lamberto e Giorgio Correggiari hanno così comprato un sari, scoprendo le sue molteplici modalità di utilizzo. Lamberto18 ricorda il loro interesse per un abito che potesse essere indossato in sessanta modi diversi. Da questo studio, quindi, è stata sviluppata una collezione di sari, che per i fratelli rappresentava anche un modo per onorare le tradizioni indiane;19 la collezione era destinata anche al mercato europeo e per questo sono stati mantenuti alcuni stereotipi. La presenza dei fratelli in India testimonia l'idea di moda transnazionale: i disegni erano realizzati da stilisti italiani, la produzione dagli indiani20 e il risultato veniva presentato a Parigi, ritornando così all’interno del mercato europeo.

Questa esperienza è stata raccontata dalla stampa indiana, eliminando la presenza di Lamberto Correggiari perché l’immagine pubblica era focalizzata sul fratello Giorgio, capace di porsi al centro dell’attenzione. Lamberto ha evidenziato questo aspetto nel corso dell’intervista,21 confermato dall’analisi degli articoli pubblicati dalla stampa indiana e raccolti nel suo archivio privato. Un esempio è l’articolo Fashion’s High Priest22 del giornale The Economic Times di Bombay, che definisce Giorgio Correggiari il sommo sacerdote della moda. Nell’articolo, lo stilista viene considerato una celebrità, con ottime doti comunicative (sfera in cui si mostra totalmente “italiano”) e un aspetto che ricorda Gesù, con lunghi capelli, barba e sguardo gentile,23 come sottolineato in diverse pubblicazioni. L’articolo include anche un’intervista a Giorgio Correggiari, che analizza alcuni aspetti del suo lavoro in India:

“The Indian look is long over, but Indian fabrics can never go out” he says. “What is needed is a more sophisticated use of them. What I am here for is to use completely Indian materials and Indian designs but with typical European styling. And what is best in your materials and designs are the ones that carry on with an unbroken tradition of 2000 years. The fabrics, the colours, the patters of ancient India are just perfect. The paisley is one of the most exciting design concepts and I plan to revive it in a big way.”In fact, Correggiari is so taken up with the paisley motif that reportedly his models at the fashion show he will hold in the capital on January 6 will have their hair shaped into paisley hairdos, however might that be managed! The fabrics? Everything made and hand printed. Crepe Cotton continues to be in. But no longer as a casual, cheap style material. Tailored and tucked it will form the basis of some of the most elegant spring and summer dresses. Correggiari predicts, Madras cottons and all kinds of textured cottons with blended weaves will find a ready market. And yet another avenue that Correggiari plans to explore is wooilens. “You have good winter fabrics – Kashmir is full of them for instance. But you don’t use them”. Who knows Sophia Loren may sport a shahtoosh Correggiari ensemble this year as a result! Haute Couture aside, Correggiari plans to present as part of his 74 programme a complete Indian collection for the “prêt-a-porter” in Paris this year. As for fashion itself, with the ethnic look gone the emphasis is now on craftsmanship and functionality. […].24

L’idea di Correggiari era quella di creare una moda indiana caratterizzata da un'estetica europea. Per questo motivo lo stilista intendeva usare la tradizione tessile indiana partendo dalla materia prima: i filati e i tessuti che venivano reinterpretati dal suo know how europeo. Correggiari ha dichiarato in un’intervista alla stampa Indiana: “All your taste and imagination has gone into your fabrics but not in the designs of ‘dresses’ […]”.25 Le dichiarazioni di Correggiari allora si dimostrano molto collegate a uno dei pilastri del potere coloniale in India (accanto alla iuta e all'indaco): il tessuto,26 che sarà uno dei principali leitmotiv di tutta la carriera di Correggiari. L’ammirazione dello stilista per i tessuti indiani verrà comunicata ancora in diversi altri articoli.

Fascinated by India’s hand woven fabrics, rich silks and classic designs like paisley, Mr. Correggiari feels the discerning designer has a treasure trove of materials and prints in India. Mr. Correggiari is quick to emphasis that it is the centuries old prints and traditional hand woven materials, not influenced by China, Japan or Europe that are unique in India. The tie and dye, the Madras cotton (not bleeding Madras) and cotton crepe are still hot favorites with the European designers. There is also a wealth of winter fabrics, like the cashmere, which have not been fully exploited. Mr. Correggiari plans to hunt around for these little known winter fabrics and present them in the razzle dazzle of a show. […].27

Se dal punto di vista della stampa indiana Correggiari era uno stilista che portava le sue conoscenze europee per applicarle al mercato indiano, rappresentando un’esperienza prettamente professionale, nella stampa italiana invece sono presenti diversi articoli che dimostrano come il passaggio dello stilista in India abbia segnato anche la sua vita personale. L’idea di vagare misteriosamente in India in una “vacanza spirituale” per tre anni28 e che questa esperienza lo influenzerà profondamente, perché il contatto diretto con i costumi del popolo indiano lo ha spinto a “saper prendere le distanze dal contingente e vedere le cose in un contesto più vasto”;29 dimostra, secondo la stampa italiana, come l’esperienza di Giorgio Correggiari in India ha prodotto una svolta professionale ma, principalmente, personale.

Secondo quanto emerso dalla ricerca in archivio, Giorgio Correggiari è tornato in India tra il 1972 e 1974 in una sorta di ritiro, suggerito anche dalla mancanza di ogni riferimento allo stilista nella rivista L’Uomo Vogue in questo intervallo di tempo. Il motivo di questo isolamento può essere interpretato come risultato della rottura con il fratello e compagno di lavoro Lamberto. Secondo la rivista L’Uomo Vogue, Giorgio Correggiari “ha avuto due anni di crisi ‘personale, non di lavoro’ come sottolinea lo stesso in una intervista alla rivista”.30 L’inizio della collaborazione con la ditta Zanella, collocata nel 1974, segna il suo ritorno alla moda.31 Lamberto è tornato in India altre volte, accompagnando un’altra stilista, Enrica Massei, allora sua moglie. Lamberto Correggiari32 racconta che è stato proprio il suo matrimonio a cambiare il rapporto tra i fratelli, che si sono allontanati, lasciando una lacuna di dieci anni nel racconto di Lamberto sulla sua relazione personale e professionale con il fratello; solo nel 1984 si sono riavvicinati e hanno ripreso a lavorare nuovamente insieme.

Brasile – 1982

Giorgio Correggiari è arrivato per la prima volta in Brasile il 19 luglio 1982 per la promozione e presentazione della sua nuova linea femminile. La collezione è stata presentata il giorno successivo a 800 persone, tra le quali clienti, buyers e imprenditori brasiliani. Lo stilista si è trattenuto in Brasile solo due giorni: il primo per promozione e conferenza stampa, il secondo per la sfilata.33

La sfilata,34 realizzata nel Tattersall del Jockey Club di San Paolo, ha assunto un carattere provocatorio poiché le modelle dovevano sfilare nello stesso luogo in cui i cavalli erano presentati per le aste. Lo stilista ha dichiarato di essere un grande ammiratore della donna brasiliana35 e, per dimostrarlo, ha voluto che tutte le 25 modelle della sfilata fossero brasiliane, nomi molto affermati in quel periodo. In un’intervista lo stilista ha raccontato di aver voluto trasmettere con la sua moda in Brasile la stessa filosofia del lavoro adottata a Milano e in altri Paesi: “Amo il sole e i colori luminosi, e anche non conoscendo so che in Brasile c’è tutto questo”.36

Questa dichiarazione di Correggiari, che suppone cosa ci sia in Brasile pur non conoscendolo, si inserisce nella costruzione culturale del tropicalismo, un concetto collegato al colonialismo e che viene associato come parte dell’identità nazionale del Brasile, principalmente nel periodo del Estado Novo (Stato Nuovo) con il presidente Getulio Vargas negli anni Trenta del ventesimo secolo.37 Analogo al concetto di orientalismo di Edward Said,38 il tropicalismo, descritto da David Arnold,39 è la concettualizzazione e rappresentazione dei tropici nell’immaginario e nelle esperienze occidentali.40

La collezione di Giorgio Correggiari in Brasile si inseriva in questo immaginario ed è stata descritta dalla stampa brasiliana come un insieme di linee libere, rilassate, con la vita scesa sui fianchi e molte sovrapposizioni. La stampa locale si sofferma sulle tutine, sui grandi maglioni colorati, sugli ensemble bicolori di finissimo camoscio (quasi un tessuto) e sui materiali di effetto raro, come un pantalone da sera formato da piccolissimi ritagli di cuoio attaccati a un tulle, che assomigliavano a scaglie di pesce.41 Inoltre le bigiotterie, firmate Correggiari, per la stampa brasiliana avevano un certo tono spaziale.42 Per concludere la sfilata lo stilista aveva presentato un abito da sposa arancione con una coda lunga cinque metri,43 reso famoso da tutte le review della sfilata.

Nella sfilata di Correggiari emergono con forza aspetti legati all’esotismo e all’immaginario della natura,44 che si inseriscono nel concetto di mistificazione del Sudamerica, nato già nel suo colonialismo, come ad esempio l’evocazione delle scaglie dei pesci o l’uso di colori quali il verde smeraldo e l’arancione,45 che diventa anche il colore dell’abito da sposa. Questo atteggiamento dello stilista dimostra la sua volontà di adattarsi a quello che riteneva essere il Brasile, aspetto emerso anche nella selezione dei tessuti (cotone, batista di lino e di seta) che, secondo la stampa, erano adattabili al calore brasiliano.46

Il Jornal do Commercio47 di Rio de Janeiro ha evidenziato quanto i tessuti abbiano rappresentato la principale difficoltà produttiva della collezione di Correggiari in Brasile. Un esempio è il jacquard di lino che si era dimostrato una rarità e che, secondo la stampa, i licenziatari hanno avuto molta difficoltà di reperire in Brasile. Un altro aspetto sottolineato è che in alcuni casi lo stesso Correggiari avesse creato dei tessuti, come il matelassé di fibre d’argento o un pizzo di tulle simile a un broccato, utilizzati negli abiti da sera, capi simbolo della collezione.48 Queste difficoltà evidenziate dall’articolo suggeriscono come una delle peculiarità dello stilista consistesse nella materia, nella rarità dei tessuti usati o creati, e che in una idea di moda transnazionale lo stilista avesse introdotto nuovi tessuti nel mercato brasiliano.

Alcuni mesi dopo il primo viaggio, Giorgio Correggiari è tornato in Brasile per presentare la sua collezione maschile. In cinque giorni Correggiari ha partecipato a feste, incontri d’affari, pranzi e cene, incontrando, tra gli altri, Luis Carta, direttore e fondatore dell'edizione brasiliana della rivista Vogue. In questa occasione, Correggiari ha rilasciato un’intervista significativa sulla sua collaborazione in Brasile. Il giornalista brasiliano ha chiesto allo stilista di motivare il lancio di una nuova griffe straniera in un Paese colpito, in quel periodo, da una grave crisi economica, con una forte recessione. Lo stilista ha risposto:

La tua rivista non è un veicolo esclusivamente di moda e questa domanda è fondamentalmente politica ed economica, aspetto che apprezzo molto; preferirei non rispondere in questi termini facendo un'analisi economica del momento. Non sono qui in Brasile solo per commercializzare la mia etichetta perché l'aspetto commerciale, onestamente, non mi interessa. Mi prendo cura della mia immagine. La mia immagine è la mia testa, è ciò che creo. Correggiari è qui a San Paolo da sei mesi, e questa è la seconda volta che vengo di persona. Non mando nessuno a vedere le mie cose, per controllare se procedono bene. Dato che sono stato io a crearle, sono venuto io stesso a dare gli ultimi ritocchi, ecc. ecc. Inoltre vedo costantemente in Italia i collaboratori brasiliani di Correggiari, almeno una volta al mese, perché lo staff del Brasile lavora con me in Italia. Lavoriamo come una squadra. Scegliamo i tessuti insieme, selezioniamo ciò che ci interessa, eliminiamo ciò che non funziona. Non mi interessa solo vendere il mio nome e restare… dall'altra parte dell'Atlantico. […]

Si deve conoscere la storia di un Paese. Io, per esempio, posso dirti che a livello di colore, cambio i colori per il Brasile, perché le persone qui dovrebbero vestirsi con i colori solari! Non posso pretendere che in una natura brasiliana le persone si vestano con i colori di Milano! Se faccio un colore per l'Italia è perché c'è un altro modo di vivere. Un colore usato in Europa diventa fatalmente un altro qui. Non è che io faccia la differenza in termini commerciali, lo faccio perché il brasiliano ha la sua storia legata al suo Paese, ovvio. Non ci si può aspettare di catturare un siciliano oggi, che è legato ai costumi della sua terra, legato alla sua storia e che fino a ieri aveva come realtà il campo, il sole, la terra, i colori vivaci del sud, che mangiavano pomodori raccolti sul momento e portarlo improvvisamente a Milano, dove la realtà è completamente diversa. Peggio ancora: chiuderlo dentro una fabbrica e chiedere che produca. […] Negli Stati Uniti hanno eliminato i Pellerossa perché li hanno portati fuori dal loro habitat. Non si può mai dimenticare una cosa: siamo sempre connessi al luogo in cui siamo nati, a come il fiore è attaccato al suo gambo. Posso stare meravigliosamente bene in Brasile, infatti potrei persino vivere qui, tuttavia, ho bisogno occasionalmente di ritrovarmi nel luogo in cui sono nato. È il cordone ombelicale materno che una persona non può mai dimenticare.49

Questa dichiarazione di Correggiari conferma la sua idea di moda transnazionale, in cui esiste un'interazione tra Italia e Brasile, così come l’adattamento di una moda europea alle esigenze brasiliane. Incontrando spesso lo staff brasiliano in Italia e controllando la produzione da vicino, i capi creati da Correggiari esprimono la sua esperienza e il suo background come designer italiano. Infatti, le collezioni uomo e donna in Brasile vengono presentate come: “L’estate 83/84 è l'espressione modulare, la rivoluzione dello statico, è la progettazione delle funzioni”.50 Questo però non riguarda solo le sue collezioni brasiliane. La ricerca nell’archivio dello stilista, infatti, ha dimostrato che la collezione Primavera-Estate 1983 presentata a Milano aveva caratteristiche molto simili: espressione modulare, rivoluzione del capo statico, progettazione delle funzioni, approccio al 2000. Questa somiglianza suggerisce che le collezioni brasiliane, se non uguali a quella di Milano, avevano quanto meno lo stesso approccio creativo. Questo viene evidenziato anche da un giornalista brasiliano, quando scrive che le collezioni sudamericane dello stilista avevano la stessa immagine di quella europea, modificando solo misure e proporzioni.51 Questo dimostra che la moda di Correggiari per il Brasile riprende il suo approccio europeo adattandolo nei colori, nelle misure e nelle proporzioni al mercato brasiliano.

Questo aspetto si nota anche dall’uso del termine Made in Brasil da parte della stampa brasiliana.52 Questo riferimento al Made in Italy dimostra la rilevanza dell’espressione a livello globale e la sua complessità. L’uso della parola “Brasil”, che non viene tradotta in inglese ma rimane in portoghese, dimostra l’interscambio presente in una moda che non era italiana, ma neanche soltanto brasiliana, o ancora internazionale come il Made in Italy suggeriva. Era una moda fatta in Brasile ma con un’influenza stilistica italiana, che il Made in Italy attraverso la figura di Giorgio Correggiari rappresentava.

Anche se l’archivio privato dello stilista dimostra che la sua collaborazione in Brasile non è durata più di queste due collezioni, tra uomo e donna, questa potrebbe aver rappresentato una sua strategia per arrivare ad altri Paesi sudamericani, la cui intenzione era già stata dichiarata dallo stilista. Questa strategia però appariva strana ai brasiliani, che si interrogavano sul perché, in mezzo a una lunga lista di Paesi che ospitavano il brand Giorgio Correggiari, non fossero inclusi gli Stati Uniti d’America.

Rapporto Stati Uniti

Nelle diverse interviste rilasciate dallo stilista nel corso delle sue visite in Brasile, un aspetto incuriosisce i giornalisti brasiliani. Anche se la stampa locale esaltava la presenza del brand Giorgio Correggiari nel Paese, tutti volevano capire perché lo stilista avesse scelto proprio il Brasile per lanciare una linea in America. Questo interrogativo, dato che il suo marchio non era ancora commercializzato negli Stati Uniti, causava stupore e molti articoli pubblicati dalla stampa brasiliana lo hanno sottolineato. Come riportato da alcuni di questi, i rappresentanti in Brasile della ditta Moda Italiana Difusora, coordinati da Antonio Obon, ritenevano che lo stilista non fosse ancora inserito nel mercato degli Stati Uniti, anche se aveva già un ufficio di rappresentanza a New York, solo per capriccio.53 Lo stesso pensiero è comparso in altri articoli che sottolineavano come, per capriccio o per visione aziendale, Correggiari non volesse concedere le licenze della sua etichetta agli Stati Uniti54 e conservasse un timore reverenziale verso gli Stati Uniti.55

Queste affermazioni dimostrano come l'assenza del brand Giorgio Correggiari negli Stati Uniti fosse discussa e fraintesa. Questo suggerisce quanto fosse legittima la reazione dei brasiliani rispetto all'assenza negli Stati Uniti di uno stilista così affermato, un luogo tanto esplorato da altri stilisti di successo, come Giorgio Armani o Gianni Versace, che hanno investito proprio in quel mercato. Il successo di uno stilista veniva valutato dalla stampa brasiliana in base alla sua relazione con gli Stati Uniti, considerato il mercato a cui mirare. In un’intervista, Giorgio Correggiari ha affermato di non voler commercializzare il suo marchio negli Stati Uniti: “Questo mercato distrugge l’immagine dello stilista, perché è interessato soltanto all'aspetto commerciale”.56

La dichiarazione di Correggiari mostra come lo stilista italiano considerasse gli Stati Uniti e chiarisce che la sua assenza in quel mercato non fosse casuale. Come già accennato, Correggiari era uno stilista politicizzato, che affermava quanto le scienze politiche non fossero così lontane dalla moda .57 La sua figura “rivoluzionaria” ci permette quindi di analizzare il rifiuto dello stilista verso gli Stati Uniti.

Sono una persona a cui i soldi non interessano assolutamente. Non mi importano, credimi. Mi interessa la mia ideologia. Mi interessa che determinate cose abbiano un vero senso. Per questo dico che il mio atteggiamento magari è più difficile, ai fini della mia ricerca. È anche più difficile che gli altri capiscano. La mia immagine è difficile da essere acquistata. Non è una immagine “éclatant”, cioè, scioccante. È una immagine che ha una impostazione molto precisa, pensata per dare la possibilità alle persone di indossare secondo le proprie fantasie. Non credo che sia logico, che sia possibile creare dei cliché per l’essere umano. Per esempio: non si può prendere una fotografia e chiedere a qualcuno di specchiarsi in modo identico partendo da questa. Io offro la componibilità, capi che tu stesso ti produci come vuoi! È una “mélange”, capisci? Due persone possono avere gli stessi capi però indossarli in modo completamente diverso. È questo che propongo".58

Lo stilista esprime un concetto di moda molto focalizzata sull’individuo, contrario a un'idea di massificazione. La massificazione degli individui era, invece, un tema ricorrente59 in una delle sue figure di riferimento: Ernesto Che Guevara, l’affermato rivoluzionario e guerrigliero argentino che, dopo aver guidato diverse rivoluzioni popolari, come quella cubana, viene catturato e ucciso divenendo un’icona dei movimenti rivoluzionari di sinistra. Correggiari appende il ritratto di Che Guevara nel suo studio di Milano e questo riferimento, insieme a Karl Marx e Ludwig Feuerbach, chiaramente di sinistra, dimostra il conflitto ideologico-culturale-etico-produttivo di Correggiari con gli Stati Uniti all’interno del panorama postcoloniale del Global South ed evidenzia la consapevolezza dello stilista di una relazione colonizzato/colonizzatori che includeva anche l’elemento moda.

L’impronta politica dei discorsi di Correggiari faceva in modo che la sua opinione fosse sempre richiesta dai giornalisti. Alla domanda: “L’Europa ha avuto e ancora ha i suoi giorni di gloria, ma cosa pensa Lei della nuova ‘ondata’ di stilisti americani?60” Correggiari ha risposto: “Guarda, come sono nati moriranno! In America c’è solo commercio, non un'idea. Lì come idea eccezionale è nato solo il Jeans. Nulla di più”.61 Questa dichiarazione dimostra il rifiuto dello stilista italiano per quello che rappresentavano gli Stati Uniti d’America. Questo si inserisce nel concetto di Fatto in Italia62 proposto da Paola Colaiacomo, poiché l’analisi della figura di Giorgio Correggiari dimostra che la sua critica al Made in Italy è anche collegata all’impronta sperimentale del suo lavoro che, non riuscendo a forzare il blocco della produzione industriale, ha condotto a progetti di ricerca più radicale e sperimentale che rimasero confinati nei limbi di uno sperimentalismo di puro progetto, cosiddetto “d’avanguardia”.63 In questo processo, come è noto, gli Stati Uniti hanno avuto un contributo significativo. Il Made in Italy, come già suggerisce il nome, viene creato proprio della internazionalizzazione della moda italiana, collegata alla relazione dell’Italia con gli Stati Uniti.

Negli anni Ottanta Correggiari si è trovato davanti a una dicotomia: anche se le sue idee politiche rispetto agli Stati Uniti erano molto chiare, ha iniziato a dimostrarsi interessato a inserirsi in questo mercato.64 Forse per zittire questa voce sulla stampa brasiliana, che voleva insistentemente capire l’assenza dagli Stati Uniti, in un probabile colpo di sincerità lo stilista ha affermato: “Perché sono venuto in Brasile? Perché qui ho manodopera a minor costo che in Italia, fibre di buona qualità, tessuti perfetti e il trasporto per gli Stati Uniti diventa anche meno costoso”.65

Questa intenzione di entrare nel mercato statunitense partendo dal Brasile è stata riportata in diversi articoli della stampa brasiliana. Uno, nello specifico, ha sottolineato che Giorgio Correggiari si era dimostrato all’altezza di questo suo ambizioso progetto e che se, di fatto, fosse riuscito a sviluppare la sua connessione Brasile-Stati Uniti, un interessante orizzonte si sarebbe aperto per l’industria brasiliana della confezione, anche se sotto una griffe straniera.66 Oggi sappiamo che nulla di questi piani si sono compiuti. Le esperienze e le dichiarazioni di Correggiari, però, dimostrano un’idea di moda globale, che non è transitata necessariamente tra Paesi del Global North ma che sarebbe potuta essere pensata in Italia, prodotta in Brasile e commercializzata negli Stati Uniti. La sua difesa di un'idea di moda globale compare già nel 1978, quando in un’intervista sulla moda italiana67 ha dichiarato che:

L’errore sta nel credere che esista, o che possa esistere, una moda italiana o francese o tedesca. C’è un modo di vivere che è quello di tutti, con poche differenze. C’è un modo di adattarsi che è uguale per tutti. Un modo di esprimersi, di cimentarsi, di difendersi: che è quello di tutti. Ma non avete notato che sempre meno una nazione si diversifica da un’altra nel modo di vestire o di accettare un vestito?68

L’idea di moda in cui i confini progressivamente si dissipano dimostra l’atteggiamento dello stilista verso un'idea di moda globale. Se prendiamo la definizione della storica della moda Margaret Maynard,69 una caratteristica importante della moda globale è che non si può determinare con esattezza che i capi siano necessariamente caratteristici di un determinato luogo, anche se sono presumibilmente “locali” o “etnici” nello stile. Gli indumenti possono passare attraverso molti luoghi, essendo progettati in un Paese, assemblati altrove e venduti in un Paese terzo,70 esattamente quello che pianificava Correggiari nella sua iniziativa in Brasile, come un modo di continuare i suoi sforzi transnazionali inseriti in quella che sarebbe la cultura della moda globale.

Conclusioni

Anche se la divisione terminologica North-South negli anni è stata a lungo dibattuta,71 abbiamo voluto qui considerare come la relazione tra Global North, a cui fa riferimento l’Italia, e Global South, che include India e Brasile, si inserisca, nelle esperienze di Correggiari, in un concetto di moda transnazionale. Assumendo la prospettiva di uno sviluppo postcoloniale, in cui la visione dello stilista viene anche influenzata dagli immaginari coloniali di questi Paesi, la scelta di osservare le esperienze di Correggiari nell’ottica del Global South ci ha aiutato a capire la complessità delle relazioni tra i differenti contesti e la percezione di essere in una posizione dominante rispetto a questi Paesi. Le esperienze transnazionali di Correggiari, quindi, dimostrano la sensibilità politica dello stilista che ha scelto di interessarsi a Paesi inseriti nel Global South per rimanere fedele alle sue convinzioni, contrarie all’imperialismo americano, in un lungo periodo di tensione che è stata la Guerra Fredda.

Bibliografia

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  1. Grazietta Butazzi e Alessandra Mottola Molfino, “Note Bibliografiche: Giorgio Correggiari”, in La moda italiana. Dall’antimoda allo stilismo, a cura di Grazietta Butazzi e Alessandra Mottola Molfino (Milano: Electra, 1987).

  2. La scelta di tradurre soltanto la rassegna stampa brasiliana è dovuta alla rilevanza dell’inglese in ambito scientifico. Tutti i testi in portoghese sono stati tradotti dalla ricercatrice che è madrelingua portoghese brasiliano.

  3. Anne Garland Mahler, “Global South”, in Oxford Bibliographies in Literary and Critical Theory, a cura di Eugene O'Brien (New York: Oxford University Press, 2017).

  4. Mahler, “Global South”.

  5. Akira Iriye, “The internationalization of History”, The American Historical Review 94, no. 1 (Feb. 1989): 1–10.

  6. Iriye, “The internationalization of History”.

  7. Alessandra Vaccari, “Gli stilisti nel tempo della moda in Italia: 1966, 1977”, in Laboratorio Italia. Canoni e contraddizioni del Made in Italy, a cura di Malvina Borgherini, Sara Marini, Angela Mengoni, Annalisa Sacchi, Alessandra Vaccari (Milano: Mimesis, 2018), 225-41.

  8. Paola Colaiacomo. “Introduzione”, in Fatto in Italia. La cultura del made in Italy (1960-2000), a cura di Paola Colaiacomo, (Roma: Meltemi, 2006), 7-25.

  9. Pier Paolo Pasolini. L’odore dell’India (Milano: Longanesi, 1962).

  10. “Pam Pam! Buonissimo 1973 a Lamberto e a Giorgio che varcano gli oceani”, Harper’s Bazzar Italia, (dicembre 1972), Archivio Privato Giorgio Correggiari, Milano.

  11. Lamberto Correggiari, “Intervista sulla figura professionale di Giorgio Correggiari”, intervistato da Débora Russi Frasquete, Milano, 4 marzo 2019.

  12. Lamberto Correggiari, intervista.

  13. Lamberto Correggiari, intervista.

  14. Jonathan Rigg, An Every Geografhy of the global south (Londra-NewYork: Routledge, 2007), 9–10.

  15. Rigg, An Every Geografhy of the global south.

  16. Rigg, An Every Geografhy of the global south, 3.

  17. Lamberto Correggiari, intervista.

  18. Lamberto Correggiari, intervista.

  19. Lamberto Correggiari, intervista.

  20. Peter Jackson, Nicola Thomas, e Claire Dwyer, “Consuming transnational fashion in London and Mumba”, Geoforum, no. 38 (2007): 908–24, https://doi.org/10.1016/j.geoforum.2007.01.015.

  21. Lamberto Correggiari, intervista.

  22. “Fashion’s High Priest”, The Economic Times Bombay, vol. 12, no. 301 (31 dicembre 1972), Archivio Privato Giorgio Correggiari, Milano.

  23. Rashmi Sahai, “Designer Giorgio says Black, White, green are 1973 colours”, The Evening News, (26 dicembre 1972), Archivio Privato Giorgio Correggiari, Milano.

  24. “Fashion’s High Priest”.

  25. Sahai, “Designer Giorgio says Black, White, green are 1973 colours”.

  26. Ruby Sircar, “Rewriting, Adapting, and Fashioning National Styles in India”, in Fashion and Postcolonial Critique, vol. 22, a cura di Elke Gaugele e Monica Titton (Berlin: Sternberg Press: 2019).

  27. Usha Rai, “Italian designer in search of Indian inspiration”, Clipping giornale, s.d., Archivio Privato Giorgio Correggiari.

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  31. Enriquez, “Scheda: profili di stilisti. Giorgio Correggiari”.

  32. Lamberto Correggiari, Intervista.

  33. “Estilista italiano lança sua coleção no Brasil”, Diário do Paraná, (1 agosto 1982), Archivio privato Giorgio Correggiari.

  34. “Moda. A conexão Correggiari”, Revista Istoé, (28 luglio 1982), Archivio privato Giorgio Correggiari.

  35. “Correggiari. Uma moda (elegantemente) despojada”, Toda Moda profissional, (15 agosto 1982), Archivio privato Giorgio Correggiari. La rivista Toda Moda Profissional era un titolo dedicato a portare l’informazione a chi attuava nella catena produttiva della moda. Cfr. Eleni Kronka, “Revistas de moda: Vitrine de lançamentos e canal eficaz para a informação”, in A moda na mídia: Produzindo Costuras, a cura di Daniela Schmitz e Solange Waijnman (Curitiba: Editora Appris, 2018).

  36. Helô Machado, “Triângulos formam a festa de Giorgio Correggiari”, Folha de São Paulo, (22 luglio 1982), Archivio privato Giorgio Correggiari.

  37. “Moda. Um lançamento diferente”, Jornal de S. Catarina, (1 agosto 1982); “Agora é moda”, O Dia, 3 agosto 1982, Archivio privato Giorgio Correggiari.

  38. Edward W. Said, Orientalismo: L’immagine europea dell’Oriente (Milano: Feltrinelli, 2007).

  39. David Arnold, The Tropics and the Traveling Gaze: India, Landscape and Scienze, 1800-1856 (Seattle: University of Washington Press, 2005).

  40. Alexandra Karentzos, “Traveling fashion: Exoticism and Tropicalism”, in Fashion and Postcolonial Critique vol. 22, a cura di Elke Gaugele e Monica Titton (Berlin: SternbergPress, 2019).

  41. Karentzos, Traveling fashion: Exoticism and Tropicalism.

  42. “Moda. Um lançamento diferente”.

  43. “Moda. A conexão Correggiari”.

  44. Karentzos, Traveling fashion: Exoticism and Tropicalism.

  45. Machado, “Triângulos formam a festa de Giorgio Correggiari”.

  46. “Moda. Um lançamento diferente”.

  47. Fred Ayres, “Correggiari lança moda em São Paulo”, Revista nacional, Jornal do Commercio, no. 192 (1 e 2 agosto 1982): 21, Archivio privato Giorgio Correggiari.

  48. Ayres, “Correggiari lança moda em São Paulo”.

  49. Kuca Clark, “Giorgio Correggiari: Hoje as pessoas não se vestem mais, só se fantasiam”, Revista Interview, no. 61 (giugno 1983): 56, Archivio privato Giorgio Correggiari. Tradotto dall’originale in portoghese per Débora Russi Frasquete.

  50. Clark, “Giorgio Correggiari: Hoje as pessoas não se vestem mais, só se fantasiam”.

  51. “Correggiari. Uma moda (elegantemente) despojada”.

  52. Amaury Junior, “Vejam só onde foram inventar esse desfile”, Diário Popular, (18 luglio 1982), Archivio privato Giorgio Correggiari.

  53. Ayres, “Correggiari lança moda em São Paulo”.

  54. “A sofisticação de Correggiari”, Cidade de Santos, (25 luglio 1982): 19; Wilson Frade, “As mulheres gostam”, Estado de Minas Gerais, (22 luglio 1982), Archivio privato Giorgio Correggiari.

  55. Alik Kostakis. “Chegando ao Brasil”, Folha da tarde, (15 luglio 1982), Archivio privato Giorgio Correggiari.

  56. “Correggiari. Uma moda (elegantemente) despojada”.

  57. Clark, “Giorgio Correggiari: Hoje as pessoas não se vestem mais, só se fantasiam”.

  58. Clark, “Giorgio Correggiari: Hoje as pessoas não se vestem mais, só se fantasiam”.

  59. Saverio Tutino, “Guevara grido di guerra”, La Repubblica, (30 settembre 1987), https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1987/09/30/guevara-grido-di-guerra.html.

  60. Clark, “Giorgio Correggiari: Hoje as pessoas não se vestem mais, só se fantasiam”.

  61. Clark, “Giorgio Correggiari: Hoje as pessoas não se vestem mais, só se fantasiam”.

  62. Colaiacomo, Fatto in Italia.

  63. Colaiacomo, Fatto in Italia.

  64. Machado, “Triângulos formam a festa de Giorgio Correggiari”.

  65. “Moda. A conexão Correggiari”.

  66. “Moda. A conexão Correggiari”.

  67. “Giorgio Correggiari”, Il messaggero, (25 marzo 1978).

  68. “Giorgio Correggiari”.

  69. Margaret Maynard, “Globalization and Dress”, in Berg Encyclopedia of World Dress and Fashion, vol.10: Global Perspectives (Oxford-New York: Berg, 2010), 254.

  70. Maynard, “Globalization and Dress”.

  71. Colin McFarlane, “Crossing Borders: Development, Learning and the North: South Divide”, in Third World Quarterly 27, no. 8 (2006): 1413-37, http://dx.doi.org/10.1080/01436590601027271.