Nell’attuale panorama nazionale degli studi sulla moda e sulla sua storia, si può affermare, senza ombra di dubbio, che il volume di Simona Segre Reinach sia particolarmente significativo su tre piani.
In primo luogo, il lavoro, come dichiara l’autrice, basandosi quasi interamente sull’analisi dei materiali presenti nell’archivio privato di Elvira Leonardi Bouyeure (1906-1999), in arte Biki, nota come la sarta della Callas, apre nuovi percorsi di antropologia e di storiografia della moda italiana del secolo scorso.
Di fatto, composto da dichiarazioni, appunti disegni, lettere, fotografie ancora in corso di organizzazione archivistica, l’archivio di Biki non restituisce tanto e solo la biografia privata di una notevole figura della moda italiana, quanto piuttosto “i punti di snodo” della stessa costruzione della moda nazionale, dalla metà degli anni Trenta agli anni Ottanta, quando si fa largo il riconoscimento internazionale del made in Italy. In tal senso, afferma giustamente l’autrice, “Analizzare il suo archivio significa avere accesso diretto alle principali fasi del processo di sviluppo della moda italiana, dalla formazione di uno stile specifico” (p.16).
In secondo luogo, complesso documentario imprescindibile per scrivere una storia e delle storie, in generale, l’archivio di Biki in particolare disvela il complesso network nazionale e internazionale su cui si basava la sua vita e la sua attività.
Precisamente, con la sua vita e con la sua attività, Biki ha mostrato in che modo i rapporti con la Francia prima, poi successivamente con gli Stati Uniti abbiano condotto alla creazione e al consolidamento di un’identità sartoriale, che si individua sia nell’innovazione, sia nelle trasformazioni mediante cui la moda italiana ha inciso sul gusto europeo e internazionale.
In questa direzione, Biki ha espresso le ambivalenze e la complessità delle origini, tra desiderio di emancipazione da Parigi, volontà autarchiche e relazioni con altri sistemi della moda.
Contemporaneamente, Biki, mentre assimila dalla Francia, guarda l’America: “Ed è proprio in questo spazio tra i due mondi che Biki ha ben presente, che si pongono le basi per una moda italiana riconoscibile e internazionale” (p. 153).
Incarnando, dunque, lo stile di due città, quali Milano e Parigi, effettivamente Biki, in quel tempo, contribuisce a costruire la moda italiana, una moda che le tourneé di Maria Callas concorrono a diffondere nel mondo.
A riguardo, nel 1954, dopo un concerto che la Callas ha tenuto a Philadelphia, Meneghini da New York scrive a Biki: “Uno di quelli (il concerto) che han fatto e faranno epoca qui. Ammiratissimi sempre i tuoi vestiti così abilmente e squisitamente portati da mannequin d’eccezione: cosa che è capitata solo a te. E ho anche sentito dal magro solenne Corriere che a Parigi i sarti si ispirano ai bei vestiti portati da Maria all’Opera – Benissimo – Grande successo anche qui ed a poco prezzo! Meritavi questi successi perché sei … Biki” (p. 118).
Infine, ma non da ultimo, assume notevole pregio l’apparato iconografico inedito che, tra pubblico e privato, concorre a documentare in che modo sia possibile scrivere una nuova storia della moda, dei suoi immaginari, colti nel loro specifico contesto storico, propriamente e adeguatamente individuato nonché ricostruito.